È il “Prologo” di “Ovunque andrò” di Piera Carlomagno. Con questo suo romanzo maturo, selezionato per il Premio Strega, la scrittrice salernitana di origini lucane va oltre i generi letterari e combina noir e intrigo internazionale, memoria personale e storica e saga di una famiglia lucana. La narrazione si svolge dalle parole di Tania, moglie di Raniero Monforti e prima sospettata della sua morte, la notte di attesa della sentenza. Ed è la storia di una vita e di un mondo quella che si dipana: “perché la verità arriva da molto lontano. Da un paese chiamato Castrappeso, letteralmente tagliato in due da una frana che nel 1935 ha diviso a metà palazzo Di Salvia, segnando il destino di una famiglia”.
«Quella notte, ai piani centrali del vecchio BeiArt di Pechino, qualcuno aveva visto cadere una massa nera ratta e scomposta oltre i vetri blindati della camera d’hotel.
Del dottor Raniero Monforti, direttore generale della divisione cinese dell’italiana R&C Pelli, non era rimasto niente. O quasi. In quell’alba gialla di polveri sottili, ai piedi del grattacielo e per molti metri quadrati di suolo asfaltato che lo circondavano – parcheggi, anello stradale, pista ciclabile, passaggi pedonali, scale infilate nei sotterranei, tappeti mobili –, dopo il passaggio delle grandi spazzole rotanti furono trovate tracce sparse di materiale organico. Qualcosa venne identificato tra le sostanze vive abbandonate da centinaia, migliaia di persone che erano transitate lì sotto, sputi, sangue da ferite, capelli, e infine la custodia dei documenti con il frontespizio plastificato della carta d’identità e il numero assegnato dal Comune di Napoli.
Intorno un paesaggio eccessivo, agitato anche di notte da troppi stimoli, luci, suoni lontani, musica ossessiva, voci; una gioia smodata come un segmento di propaganda che ammala la memoria, ma esalta e nello stesso tempo si adegua alla megalopoli e al futuro che l’attende nel mondo.
La borsa maxi shopping Pauline è abbinata persino agli abiti da sera. La R e la C in oro, intrecciate in basso a destra, sono solo un dettaglio in più. Impossibile non riconoscerla al braccio delle donne potenti.
Fu la prima cosa che notò entrando. Quella era una festa in cui ci si poteva permettere di tutto (…).
Nessuna di quelle persone era abituata all’anonimato, i loro volti erano sui giornali e sui canali televisivi all-news, le carriere sui social finanziari, i loro errori li avevano pagati non solo ai tavoli delle trattative, ma trasferendo veri e propri capitali nei depositi bancari dei maggiori studi psichiatrici. Perciò ai ricevimenti di quel genere non mostravano il loro vero volto e, sotto la maschera, completavano azioni di guerra e pace.
Partecipare era d’obbligo, ma avveniva a rischio e pericolo di chi lo faceva, era un po’ come sedere al tavolo di una roulette con davanti un mucchio di fiches dal valore davvero troppo elevato.
La Pauline al braccio delle donne più potenti del pianeta era il suggello di circa cento anni di lavoro, cominciato, agli albori del Novecento, nei boschi e in uno scantinato del profondo Sud di un’Italia annientata dalla Prima guerra mondiale, ma ancora all’oscuro di ciò che quel secolo, appena cominciato, le avrebbe riservato.
Guardò la signora che chiacchierava oltre la trasparenza bluette della piramide in plexiglass, un omaggio agli ospiti francesi e al loro Louvre.
Indossava una maglia dolcevita dalla linea aderente in sottile filato di pura lana stretch pregiatissima. La silhouette con collo alto e maniche lunghe raglan era esaltata dalla lavorazione a costine all-over, una meraviglia che avrebbe tolto tra una manciata di minuti per il caldo. La Pauline era l’unico gioiello.
Ma non era il momento di distrarsi. (…) Lasciò questa tentazione perversa, ossequio al Fabric di Londra, infilando la scala che portava al roof-garden.
Lo skyline della megalopoli sembrava avvolto dalle fiamme dell’inferno.
L’uomo era nel punto in cui si aspettava di trovarlo. Gli posò una mano al centro della schiena. Lui riconobbe il tocco e si voltò appena, quel tanto da mostrare un sorriso tirato: “Che ci fai qui?”.
Ebbe il tempo di sentirsi sussurrare all’orecchio: “Diranno che hai fatto bene a sparire”.
E fu così che sparì.»
Piera Carlomagno. Ovunque andrò.