«Che la democrazia sia un’invenzione greca è opinione piuttosto radicata. Un effetto di tale nozione approssimativa si è visto quando è stata elaborata la bozza del preambolo della Costituzione europea (diffusa il 28 maggio del 2003). Coloro che, dopo molte alchimie, hanno elaborato quel testo hanno pensato di imprimere il marchio greco-classico alla nascente Costituzione anteponendo al preambolo una citazione tratta dall’epitafio che Tucidide attribuisce a Pericle (430 a.C.). Nel preambolo della Costituzione europea le parole del Pericle tucidideo si presentano in questa forma: “La nostra Costituzione è chiamata ‘democrazia’ perché il potere è nelle mani non di una minoranza ma del popolo intero”. È una falsificazione di quello che Tucidide fa dire a Pericle. Dice Pericle, nel discorso assai impegnativo che Tucidide gli attribuisce: “La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico (ovviamente è modernistico e sbagliato rendere la parola ‘politèia’ con ‘costituzione’) è ‘democrazia’ per il fatto che, nell’amministrazione (la parola adoperata è appunto ‘oikèin’), esso si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla ‘maggioranza’ (dunque non c’entra il ‘potere’, e men che meno ‘il popolo intero’)”. Pericle prosegue: “Però nelle controversie private attribuiamo a ciascuno ugual peso e comunque nella nostra vita pubblica vige la libertà” (II, 37). Si può sofisticare quanto si vuole, ma la sostanza è che Pericle pone in antitesi ‘democrazia’ e ‘libertà’.»
Luciano Canfora, La democrazia. Storia di una ideologia.