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LE CITAZIONI: Camus. La follia dell’imperatore

Albert Camus

by Ernesto Scelza
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La follia del potere: è quella che mette in scena Albert Camus con il suo “Caligola”, un’opera scritta nel corso della seconda guerra mondiale e che – del potere – mostra la sua visione critica e disincantata. Dei suoi cortigiani che progetta di uccidere, dopo aver ucciso Drusilla (sua sorella e amante) l’imperatore pazzo afferma: “D’altro canto sono tutti egualmente colpevoli, gli uni e gli altri: e notate che del resto, è più morale rubare direttamente ad un cittadino, che insinuare imposte indirette sul prezzo dei generi di prima necessità. Governare è rubare: lo sanno tutti”. La citazione proposta è la conclusione dell’ultima scena (dopo quella in cui Caligola strangola l’amante Cesonia): la sua uccisione da parte dei congiurati. 

«CALIGOLA – (Gira su sé stesso e, allucinato, si avvicina allo specchio) Caligola, anche tu, anche tu sei colpevole. E allora, un po’ più un po’ meno, vero. Ma chi oserà condannarmi, in un mondo senza giudice, dove nessuno è innocente? (Disperato, stringendosi contro lo specchio) Lo vedi, eh? Elicone non è venuto. Non avrò la luna. Ma come è amaro, aver ragione e dover arrivare fino alla fine! Perché io ho paura della fine. Rumore d’armi. L’innocenza prepara il suo trionfo. Perché non ci sono io al posto loro? Ho paura. Che schifo, dopo aver tanto disprezzato gli altri, scoprirsi nell’anima la loro stessa vigliaccheria. Ma non fa niente. Neanche la paura dura. Ritroverò il gran vuoto dove il cuore si placa. (Arretra di qualche passo, si riavvicina allo specchio: sembra più calmo. Ricomincia a parlare, ma con voce più fonda, più intensa) Tutto sembra così complicato! Ed è semplice. Se avessi avuto la luna, se l’amore bastasse, tutto sarebbe stato altrimenti. Ma dove estinguere questa sete? Quale cuore, quale Dio mi offrirebbe la profondità di un lago? (S’inginocchia e piange) Niente in questo mondo, né nell’altro, che sia alla mia altezza. Eppure so (Tende la mano, piangendo, verso lo specchio) ed anche tu lo sai: basterebbe che l’impossibile fosse. L’impossibile. L’ho cercato ai limiti del mondo ed ai confini di me stesso. Ho teso le mani. (Grida) tendo le mani, e te solo incontro, sempre te a faccia a faccia: te, per cui sono pieno di odio. Non ho preso la giusta via, quella che bisognava prendere; e non arrivo a niente. La mia libertà non è quella buona. Elicone! Elicone! Niente. Sempre niente. Ah, come è pesante questa notte! Elicone non verrà; saremo colpevoli in eterno. Questa notte è pesante come il dolore umano. (Rumore d’armi e mormorio interno)

ELICONE – (Appare dal fondo) Attento, Caio; attento! (Una mano invisibile pugnala Elicone)

CALIGOLA – (Si drizza, impugna uno sgabello e si avvicina allo specchio ansimando. Si guarda. Accenna un balzo in avanti: e sul movimento simmetrico della sua immagine nello specchio lancia contro di esso lo sgabello gridando) Alla storia! Caligola! Alla storia! (Lo specchio va in pezzi. Nello stesso tempo da tutte le entrate irrompono i congiurati armati. Caligola li affronta con una risata folle. Il vecchio Patrizio lo colpisce alla schiena. Cherea in piena faccia. La risata di Caligola si muta in singulti. Tutti lo colpiscono. In un ultimo singulto, ridendo e rantolando, urla) Io sono ancora vivo!»

Albert Camus, Caligola.

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