“Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale” è il sottotitolo di questo studio di Remo Bodei, in cui il filosofo ricostruisce le metamorfosi del rapporto tra dominio e sottomissione: due termini di un rapporto di potere che innerva la storia dell’umanità. Dalla tradizione antica della schiavitù fino agli sviluppi dei robot e degli apparecchi dotati di Intelligenza Artificiale.
«La questione della democrazia si incrocia qui con quella più generale del dominio esercitato da alcuni uomini su altri, costretti a lavorare per loro. Esiste, infatti, nella storia umana una costante, un asse lungo il quale, anche dopo la scomparsa della schiavitù, la padronanza continua massicciamente a esercitarsi in maniera indiretta e impersonale. Ciò accade attraverso le macchine (quelle ausiliatrici e poi quelle dotate di IA e di capacità di apprendere), che «sequestrano» dapprima la forza fisica, poi quella intellettuale, a vantaggio di chi già detiene un potere che tanto più si accresce quanto più è segreto. In sostanza, le tecnologie si evolvono, ma i rapporti di dominio restano saldi perché si fanno non solo più complessi, ma anche più invisibili.
Non si insidia con ciò la democrazia e non verrebbe tendenzialmente obliterata perfino quella spinta alla emancipazione sociale e all’autonomia individuale che, tra Ottocento e Novecento, ha animato la cultura europea, sia nelle sue fasi di continuità che di rottura? In questo ultimo caso, dalla Rivoluzione del 1848, più che da quella del 1789, fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, abbiamo assistito al tentativo di realizzare il progetto, nobilmente grandioso nelle intenzioni e, per molti aspetti, tragico nei risultati: quello di estendere l’emancipazione degli schiavi, compresi quelli “salariati”, alla liberazione di tutti gli “umiliati e offesi” e, perfino, dell’intera “futura umanità”. Gli “uomini nuovi” che sarebbero scaturiti dalla realizzazione di questo ideale avrebbero dovuto essere “non più servi, non più padroni”, pronti all’ascolto non solo della voce tonante della ragione (secondo l’incipit dell’Internazionale socialista: “Debout, les damnés de la terre / Debout, les forçats de la faim! / La raison tonne en son cratère / C’est l’éruption finale”), ma anche di quella più delicata del cuore, che sprona a “raccogliere le lacrime dei vinti e sofferenti” (come suonano le parole, che hanno il sapore di un’epoca, consegnate da Luigi Illica al libretto dell’”Andrea Chénier” di Giordano, del 1896).»
Remo Bodei, Dominio e sottomissione.