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LE CITAZIONI: Bobbio, potere e gerarchia

by Ernesto Scelza
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Nella seconda parte della “Prefazione” del 1995 ai saggi su “eguaglianza” e “libertà”, Norberto Bobbio non evita di richiamare anche i limiti delle democrazie liberali moderne: il persistere dei valori del “potere” e della “gerarchia”. Ma sottolinea anche le differenze tra le due coppie contrapposte di valori.

«Che libertà ed eguaglianza siano mete generalmente e congiuntamente desiderabili, non vuoi dire che gli individui non desiderino anche mete diametralmente opposte. Gli uomini desiderano essere liberi piuttosto che schiavi, ma desiderano anche comandare piuttosto che ubbidire. L’uomo ama l’eguaglianza, ma ama anche la gerarchia, se si trova a essere sui gradini più alti. Ma fra i valori della libertà e dell’eguaglianza e quelli del potere e della gerarchia c’è una differenza.

I primi, pur essendo irrealistici più dei secondi, non sono contradditori. Non è contraddittorio immaginare una società di liberi ed eguali, anche se di fatto, cioè nella pratica attuazione, non può mai accadere che tutti siano egualmente liberi e liberamente eguali. È contraddittorio, invece, immaginare una società in cui tutti siano potenti o gerarchicamente superiori. Una società che s’ispira all’ideale dell’autorità è necessariamente divisa tra potenti e non potenti. Una società ispirata al principio della gerarchia è necessariamente divisa tra superiori e inferiori. In una situazione originaria in cui tutti ignorano quale sarà la propria posizione nella società futura, e quindi non sanno se saranno dalla parte di coloro che comandano o di coloro che sono obbligati a obbedire, e se si troveranno in alto o in basso nella scala sociale, l’unico ideale che può loro sorridere è quello di essere il più possibile liberi rispetto a chi detiene il potere ed il più possibile eguali fra di loro. Possono desiderare una società fondata sull’autorità e sulla gerarchia soltanto alla condizione non prevedibile di essere dalla parte dei potenti e non degli impotenti, dei superiori e non degli inferiori.

Nonostante la loro desiderabilità generale, libertà ed eguaglianza non sono valori assoluti. Non c’è principio astratto che non ammetta eccezioni nell’applicazione. La differenza tra regola ed eccezione sta nel fatto che l’eccezione deve essere giustificata. Là dove la libertà è la regola, deve essere giustificata la sua limitazione. Dove la regola è l’eguaglianza, deve essere giustificato il trattamento diverso. Ma il punto di partenza può anche essere opposto, come nella scuola o in una caserma, dove la regola è la disciplina e l’eccezione la libertà. Che cosa sia più normale, la libertà o la disciplina, l’eguaglianza o la gerarchia, non lo si può decidere una volta per sempre. Libertà ed eguaglianza sono più normali che disciplina e gerarchia soltanto in senso normativo, nell’universo del dover essere. Non mi risulta che tra i vari vagheggiamenti di città ideali, ve ne sia uno in cui i cittadini non siano né liberi né eguali, anche se una società di liberi ed eguali non ha né tempo né luogo.»

Norberto Bobbio, Eguaglianza e libertà.