Il libro raccoglie saggi precedenti il 1979. Nella Prefazione alla quarta edizione del 1997 Bobbio afferma di aver partecipato alle marce per la pace negli anni della guerra fredda perché “so che se anche tutti i contadini del mondo si unissero per far piovere, la pioggia, qualora cadesse, non dipenderebbe dalle loro invocazioni. Non ho dubbi, invece, che, se tutti i cittadini del mondo partecipassero a una marcia della pace, la guerra sarebbe destinata a scomparire dalla faccia della terra”.
«La storia c’insegna tanto che gli uomini hanno fatto guerre quanto che non le hanno fatte: la guerra è un evento non necessario, ma possibile. Perché la futura guerra atomica dovrebbe avvenire necessariamente? Per limitarci ad avvenimenti ben noti, la guerra tra l’India e la Cina per la zona contesa del Ladakh, avrebbe potuto aver luogo, e invece è stata strozzata sul nascere. E poi è decisiva una prova contraria: le guerre sono tanto poco necessarie che l’uomo ha scoperto da millenni, ed ha applicato nell’epoca storica sempre più estesamente e consapevolmente, un’istituzione atta a impedirle, per lo meno in un dato ambito: la monopolizzazione della forza… Qui basti ancora dire che la posta in gioco oggi è così alta che anche se vi fosse una piccolissima probabilità di riuscire, conviene non stare con le mani in mano ad attendere lo sconquasso finale. Kant avrebbe detto che dobbiamo operare per la pace universale anche se non sappiamo “se la pace perpetua sia una cosa reale o un non senso”, cioè “dobbiamo agire sul fondamento di essa, come se la cosa fosse possibile”. Ma Kant parla di un dovere morale, del dovere per il dovere, di un dovere da compiersi indipendentemente dal risultato. Non c’è bisogno di giungere a tanto. Ho detto “conviene”, perché vi sono buoni argomenti per ritenere, almeno con qualche probabilità, che nonostante tutto non siamo ancora presi nella rete, come crede il fatalista.»
Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace.