Lo scritto di Franco Berardi, il “Bifo” dei movimenti giovanili degli anni Settanta, è proposto da Ilaria Bussoni in “È solo l’inizio. Rifiuto, affetti, creatività nel lungo ’68”, una raccolta di interventi attorno alle domande: “quali rotture ha determinato il ’68 e in che misura alcune di queste continuano a risuonare ancora oggi tra le generazioni più giovani?”
«Il ’68 è l’anno di Space Odyssey. In quel film Kubrik compie l’operazione immaginativa che meglio corrisponde alla lunga parabola del ’68, se visto dalla distanza di mezzo secolo e proiettato a illuminare (oscuramente?) il XXI secolo che avanza. Kubrik evoca il grande enigma implicito nell’evento che chiamiamo ’68: il rapporto tra la mente dell’uomo e l’automa. È questo il tema che domina il tempo. L’automa che abbiamo costruito e ora emerge possente e ingovernabile viene per liberarci dallo sfruttamento o per sfruttarci? Viene per liberarci dall’oppressione o per opprimerci? Viene per innalzare l’umano o per cancellarlo? La sollevazione globale degli studenti segnala l’emergere dell’autocoscienza dell’intelletto generale. La scolarizzazione di massa provoca un salto evolutivo, e rende possibile la presa di parola da parte di coloro che stanno irrompendo sulla scena del sapere e della produzione tecnica e mediatica. Gli studenti in rivolta sono il soggetto cosciente dell’intelletto generale in formazione.
Il divenire soggetto degli studenti contiene fin da principio le linee di sviluppo della tecnologia post-industriale e della creazione di rete, ma l’immaginazione politica procede, fin dal principio, lungo linee differenti. Il movimento del ’68 è un esempio di precessione del soggettivo: contrariamente a quello che pensa la versione meccanica del materialismo storico, la soggettività non è mera sovrastruttura, anzi registra in anticipo fenomeni tecno-sociali in gestazione: il movimento degli studenti è la prima manifestazione globale, e la prima espressione di auto-coscienza della forza emergente del lavoro cognitivo.
(…) Cinquant’anni dopo il ’68, il progetto egualitario è naufragato con l’eredità del comunismo storico e con la solidarietà sociale minata dalla precarietà. Il progetto libertario, invece, si è incarnato nell’automa cognitivo. La cybercultura, erede della controcultura degli anni Sessanta, ha saputo alimentare la rivoluzione digitale e connettiva, ma senza saperla emancipare dalla regolazione capitalistica, dal predominio del profitto rispetto alla vita sociale. I cinquant’anni che ci separano dal ’68 sono stati soltanto la prima parte di un’odissea nello spazio in cui l’uomo si confronta con il prodotto tecnico del suo sapere. Ora, mentre l’automa sottomette ogni frammento di vita intelligente, all’orizzonte si scatena la demenza dei corpi separati dal cervello.
Al momento pare che Hal 9000 stia prendendo il sopravvento sull’astronave, ma nelle periferie del mondo rumoreggia la demenza. Nei prossimi cinquant’anni vedremo come il cervello umano riuscirà ad attraversare le sue tempeste. E fra cinquant’anni, volgendoci indietro, dal punto di vista della neuro-evoluzione, non della politica, giudicheremo il 1968.»
Franco Berardi Bifo, Meditazione kubrikiana sul 2068.