Il teologo Enzo Bianchi ricostruisce le ragioni dell’opposizione del primo cristianesimo al denaro e richiama un passo neotestamentario della “Lettera di Giacomo” (5, 1-6).
«Diventa allora rivelativa la lettura del Vangelo, dove il denaro è personificato. Gesù dichiara che il denaro è una potenza, anzi è un dio: “nessuno può servire a due signori: o odierà l’uno e amerà l’altro, o si attaccherà all’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Matteo, 6, 24). E si badi bene il termine ‘mammona’ è in opposizione a Dio, l’amore per mammona esclude l’amore per Dio. Questo è il radicalismo evangelico di Gesù. Il denaro per lui non è semplicemente una cosa che l’uomo può possedere o no: può diventare facilmente un dio, un idolo al quale sacrifichiamo la vita degli altri e alieniamo noi stessi. Lo esprime bene l’autore della “Lettera di Giacomo”, quando descrive il denaro come un verme che divora coloro che lo possiedono, ingannandoli e portandoli alla distruzione e, nello stesso tempo, come una fonte di giustizia:
“E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dai vermi. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre, grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore dell’universo. Sulla terra avete fatto una vita di lusso arrogante, avete ingrassato i vostri cuori “per il giorno della strage” (Geremia, 12, 3). Avete condannato e assassinato il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.”»
Enzo Bianchi, Verae divitiae: la vera ricchezza.