“Il mito di Fetonte narra la storia di un ragazzo arrogante che, per dimostrare di essere figlio del Sole, ottiene dal padre un diritto che non gli spetta, quello di guidare il suo carro fiammeggiante. Incapace di reggerlo, brucia la Terra e viene punito con la morte”. Questo mito parla di noi, afferma Maurizio Bettini, “racconta la nostra superbia antropocentrica, la nostra cecità di fronte al riscaldamento globale e alla distruzione dell’ambiente”. La fonte principale del mito ripresa da Bettini è il “Fetonte” di Euripide, una tragedia giunta a noi in forma di frammenti, integrata da altre fonti: da Apollonio Rodio a Diodoro Siculo, da Platone a Ovidio.
«Il fatto è che Fetonte è un ragazzo ambizioso, forse perfino arrogante. O perlomeno lo è diventato da quando è stato colto dal desiderio di sapere se è veramente figlio di Elio, oppure no. Il cuore gli si è riempito di una impazienza che prima gli era sconosciuta. Ed è della sua paternità che adesso chiede ansiosamente assicurazione alla madre. La donna gli conferma che sí, in passato lei si era veramente unita al dio. E anzi, quella volta Elio le aveva promesso che, un giorno, il figlio nato dal loro amore avrebbe potuto chiedere a lui, suo padre, ciò che desiderava, ed egli lo avrebbe esaudito: ma il desiderio non avrebbe potuto che essere uno, uno solo (…).
“Come posso recarmi alla casa ardente di Elio?” chiede alla madre. E Climene: “Ci penserà lui, tuo padre, a non farti bruciare” (…). Dunque, Fetonte si reca nella fiammeggiante casa di Elio e come conferma del legame che li unisce chiede al dio di poter guidare per un giorno il suo carro ardente (…). Il dio non può che acconsentire, come sappiamo si è impegnato a esaudire il desiderio che il figlio gli esprimerà. Di conseguenza Elio è costretto a dare al figlio suggerimenti su come guidare il carro e a indicargli quale rotta dovrà seguire. Poi il carro prende il volo e il padre… segue il figlio montando uno dei suoi cavalli infuocati, Sirio, continuando a dargli istruzioni su come condurre la sua rotta celeste: “dirigi da quella parte, gira il carro per di qua, di là…”
(…) Incapace di tenere a freno i cavalli che trascinavano il fiammeggiante carro di Elio, l’ambizioso ragazzo non è riuscito a seguire la via indicata dal padre; e avvicinandosi troppo alla superficie terrestre ha incendiato monti, valli, pianure, ha inaridito mari e fiumi, ha incenerito campi e boschi… Finché il fulmine di Zeus lo ha colpito, ponendo fine alla sua corsa sfrenata.
(…) Anche l’uomo d’oggi, infatti, l’uomo dei Paesi sviluppati, fiero della sua scienza e della sua tecnologia, che gelosamente (e golosamente) si crede autorizzato a godersi il proprio privilegio sul pianeta – anche l’uomo moderno pretende che gli sia stato concesso un “diritto” sulla natura che in realtà, proprio per la sua umana condizione, non ha né legittimazione etica né legittimazione giuridica. Arrogante come Fetonte, anch’egli crede di possedere uno ius che non gli compete ed è prossimo a commettere un nefas, una colpa inespiabile, allorché si accinge a violare – anzi lo ha già fatto – la norma non negoziabile che la natura gli ha imposto. Quella di non andare oltre, di rispettare i limiti di sostenibilità del pianeta, introducendo il seme del disordine nel cosmo ordinato delle leggi naturali.
(…) Arrogandosi uno ius che non gli compete, alla stregua di Fetonte, e come lui violando il fas, la norma non negoziabile, l’uomo moderno si macchia dunque di una profonda ingiustizia. Ma nei confronti di chi? Ovviamente in quelli dell’ambiente, prima di tutto, alterandone gli equilibri e provocandone la progressiva degradazione. Ma la nostra ingiustizia, la nostra iniuria, non colpisce solo il pianeta. Fra le conseguenze del cambiamento climatico, infatti, ve n’è una forse meno immediatamente percepibile da parte nostra. Si tratta dell’ingiustizia che viene compiuta nei confronti di nostri simili, altri uomini e altre donne, altri bambini, di cui vengono palesemente violati i “diritti umani”.»
Maurizio Bettini, Arrogante umanità. Miti classici e riscaldamento globale.