La povertà di cui Walter Benjamin parla in questo scritto steso a Ibiza nel 1933 non è quella economica e materiale, ma quella dell’esperienza. Benjamin lamenta la perdita dell’esperienza nell’epoca moderna. La perdita di questa risorsa essenziale per la vita ha preso le mosse dai campi di battaglia della Grande Guerra, da cui la gente tornava ammutolita, “non più ricca, più povera di esperienza comunicabile… L’impetuoso dispiegamento della tecnica nel corso dei combattimenti aveva avviato un processo irreversibile: un’indigenza di nuova specie da quei giorni si è abbattuta sugli uomini, perché la povertà di esperienza è solo un aspetto di una più sostanziale e pervasiva povertà, non solo di esperienze private, ma di esperienze umane in genere”.
«Nei nostri libri di lettura c’era la favola del vecchio che, sul letto di morte, dà ad intendere ai figli che nella sua vigna è nascosto un tesoro. Loro non avevano che da scavare. Scavarono, ma del tesoro nessuna traccia. Quando però giunge l’inverno, la vigna rende come nessun’altra nell’intera regione. I figli allora si rendono conto che il padre aveva loro lasciato un’esperienza: non nell’oro sta la fortuna, ma nell’operosità. Esperienze simili ce le hanno poste di fronte, in modo minaccioso o bonario, finché non siamo “cresciuti”: “Giovane imberbe, vuoi già metter bocca”. “Devi ancora farne di esperienza”. Si sapeva anche con precisione cosa fosse l’esperienza: sempre le persone più anziane l’avevano comunicata ai più giovani. Concisamente, con l’autorità della vecchiaia, nei proverbi; prolissamente, con la sua loquacità, nei racconti; talvolta narrando paesi stranieri, al camino, davanti a figli e nipoti. Ma dov’è andato a finire tutto questo? Chi incontra ancora gente capace di raccontare qualcosa come si deve? Dove oggi i moribondi pronunciano parole ancora così durevoli, da tramandarsi, come un anello, di generazione in generazione? A chi oggi viene ancora in aiuto un proverbio? Chi vorrà anche solo tentare di cavarsela con la gioventù, rimandando alla propria esperienza?
(…) Con questo immenso sviluppo della tecnica una miseria del tutto nuova ha colpito gli uomini. (…) Di nuovo qui risulta nel modo più chiaro che la nostra povertà di esperienza è solo una parte di quella grande povertà, che ha nuovamente ricevuto un volto di un’acutezza e precisione simile a quello del mendicante nel Medioevo (…). Sì ammettiamolo: questa povertà di esperienza non è solo povertà nelle esperienze private, ma nelle esperienze dell’umanità in generale. E con questo una specie di nuova barbarie.
(…) Siamo divenuti poveri. Abbiamo ceduto un pezzo dopo l’altro dell’eredità umana, spesso abbiamo dovuto depositarlo al Monte di pietà a un centesimo del valore, per riceverne in anticipo la monetina dell’“attuale”. La crisi economica è alle porte, dietro di esse un’ombra, la guerra che avanza. Star saldi è divenuto oggi affare dei pochi potenti, che, lo sa Iddio, non sono più umani dei molti; nella maggior parte dei casi più barbari, ma non alla buona maniera. Gli altri allora devono prepararsi, di nuovo e con poco.»
Walter Benjamin, Esperienza e povertà.