Le tesi “Sul concetto di storia” sono l’ultimo scritto di Walter Benjamin, che il geniale pensatore tedesco si assicurò che potessero pervenire a Theodor W. Adorno prima di togliersi la vita nel settembre 1940 temendo di essere consegnato ai nazisti. “Non si lotta per i posteri, ma per gli antenati”: scriveva.
«La consapevolezza di una discontinuità storica è la peculiarità delle classi rivoluzionarie nell’attimo della loro azione. D’altra parte sussiste però un nesso strettissimo tra l’azione rivoluzionaria di una classe e il concetto che questa classe ha (non solo della storia a venire, ma anche) della storia passata. Ciò è solo apparentemente una contraddizione: la rivoluzione francese risalì, scavalcando l’abisso di due millenni, fino alla repubblica romana. (…) È nella tradizione degli oppressi che la classe operaia compare come l’ultima classe asservita, come la classe vendicatrice e liberatrice. Questa coscienza è stata abbandonata dalla socialdemocrazia fin dall’inizio. Essa assegnò alla classe operaia il ruolo di redentrice delle generazioni a venire. E recise così il nerbo della sua forza. La classe disapprese a questa scuola tanto l’odio quanto la capacita di sacrificio. Entrambi infatti si alimentano più alla vera immagine degli antenati asserviti che all’immagine ideale della posterità liberata. Agli inizi della rivoluzione russa ve ne era viva consapevolezza. La frase: “nessuna gloria ai vincitori, nessuna pietà ai vinti”, è così toccante perché porta a espressione più una solidarietà con i fratelli morti che una solidarietà con i posteri. “Amo la generazione dei secoli a venire” scrive il giovane Hölderlin. Ma questa non è allo stesso tempo una ammissione della congenita debolezza della borghesia tedesca?»
Walter Benjamin, Sul concetto di storia. Appendice.