Alla sua uscita nel 2005, “E-work” rappresenta un “caso editoriale” e suscita un ampio dibattito, non solo tra gli “addetti ai lavori”. Il libro affronta l’impatto delle tecnologie digitali sulla vita umana a partire dalla condizione del lavoro. “Dopo una somministrazione “omeopatica”, riservata agli adepti della nascente “religione informatica”, la medicina digitale viene ora iniettata a dosi crescenti verso il cuore della collettività. L’ubiquità applicativa ne consente un’espansione del dominio oltre i confini tradizionalmente caratteristici delle precedenti tecnologie”. Cosa ha potuto generare una forza così imponente? Quali dinamiche sostengono l’impatto di tale tecnologia nel cuore della società?
«Per svariati anni la trasformazione è stata annunciata. Ora è in atto senza le remore e le resistenze che ne avevano caratterizzato l’avvio. L’impatto delle tecniche digitali si preannuncia come in grado di modificare la stessa dimensione umana. Da una somministrazione dei primi anni, che potremmo definire omeopatica e riservata agli adepti della nascente “religione informatica”, la medicina digitale viene ora iniettata a dosi crescenti verso il cuore della collettività (…). Merci, apparati produttivi, mezzi di comunicazione, sistemi di controllo, armi, entità mediologiche, relazioni umane, sono s/travolti dall’avvento della digitalizzazione. L’imponenza dei processi investe ogni individuo, sia esso alfabetizzato alle tecnologie informatiche, sia esso escluso attraverso quello che è stato definito come il digital divide, e lo trasforma, da passivo elemento investito dal cambiamento come nei primi anni d’espansione, ad attore protagonista della sua accelerazione. Molto spesso tutto ciò avviene inconsapevolmente e nei modi più disparati; come attraverso l’acquisto e il consumo di merci o informazioni.
(…) Non è solo la relazione tra l’individuo e la società… a trovare un nuovo ente mediatico – attraverso la complessa infosfera comunicativa resa possibile dalle tecniche digitali – ma è lo stesso ruolo dell’uomo nella sfera naturale a mutare profondamente. Sarebbe sufficiente pensare alle possibilità d’intervento sul patrimonio genetico delle specie viventi, rese disponibili dalle tecniche di controllo e gestione digitale delle informazioni e degli apparati di laboratorio, per comprendere, almeno in parte, le trasformazioni che si stanno dischiudendo nel volgere di un tempo tanto breve da poter essere considerato socialmente quasi nullo. Oppure, molto più drammaticamente, l’evoluzione dei sistemi d’armamento, attraverso le tecnologie digitali, che rendono possibili interventi armati, giustificabili solo dall’illusorietà derivante da quella che è stata definita come l’efficacia chirurgica. La ridefinizione dell’idea della guerra, la disponibilità del suo uso dietro il velo dell’intelligenza dell’armamento, chiude un cerchio sociale insieme alla esplosione delle possibilità di controllo, sociale e individuale, all’accumulo di informazioni sulla vita dei cittadini che superano l’immaginario orwelliano.
(…) Le nuove tecnologie digitali non incidono solo sulla quantità delle informazioni disponibili o al livello dei saperi… ma creano nuovi modelli di relazioni, di sistemi d’aggregazione e di connessione, che incidono profondamente anche sul piano politico e sociale. Le reali forme delle comunità virtuali… devono essere intese in forma integrata con quelle delle comunità reali nelle quali si è inseriti (…). Siamo in presenza, in altre parole, di quella che potremmo definire come una realtà aumentata, arricchita, cioè, da un di più di relazione tra osservato e osservatore, reso disponibile dall’avvento delle comunicazioni digitalizzate.»
Sergio Bellucci, E-Work. Lavoro, Rete, Innovazione.