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Le cause delle recenti criticità della balneazione in Campania

Le ordinanze preventive di divieto e gli studi necessari

by Claudio Marro e Emma Lionetti
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Gli Autori: Claudio Marro, Direttore Tecnico di ARPAC, ed Emma Lionetti, titolare Funzione Organizzativa Balneazione.

 

Fermo restando gli ottimi dati della qualità delle acque di balneazione in regione Campania, con il 97% di costa balneabile e il 90% di acque eccellenti, può accadere, durante la stagione balneare, che i Sindaci si vedano costretti ed emanare ordinanze di divieti di balneazione, come è successo nella seconda decade di agosto in molte località balneari campane.

Ciò è dovuto al fatto che i campionamenti effettuati da tecnici ARPAC e le relative analisi condotte nei laboratori microbiologici agenziali hanno evidenziato superamenti dei valori limiti per i 2 parametri (Enterococchi ed E. Coli), indicatori di contaminazione fecale, previsti dalla normativa vigente.

Ci si domanda come mai tale criticità si è verificata contemporaneamente in numerosi punti balneabili.

I 2 grafici successivi (che per semplificazione espositiva si riferiscono solo ad un caso) aiutano a capire ciò che è verosimilmente successo. Ma va sottolineato che la problematica ha interessato anche altre spiagge.

 

 

 

Dopo un prolungato periodo di sostanziale siccità, durato quasi 2 mesi (come è possibile osservare dal grafico 1), tra il 18 ed il 19 agosto, abbondanti piogge, concentrate in poche ore, hanno colpito la Campania. In questo contesto, i canali di scolo delle acque meteoriche, le linee di impluvio naturale, così come i canali artificiali ed i tubi di troppo pieno, hanno scaricato a mare molti metri cubi di acque (evidentemente non solo meteoriche) vista la presenza di microrganismi di origine fecale, lavando e trascinando durante il proprio percorso acque reflue non trattate, oltre che rifiuti, etc.

A ciò si aggiunge che, quando a causa delle piogge, le portate di acque in ingresso nei depuratori superano certi valori, si attivano, in maniera più o meno automatica, i by pass, cioè condutture secondarie che deviano il normale percorso delle acque evitando che eccessi di acque reflue (sostanzialmente poco “sporche”) sovraccarichino il depuratore, inficiandone il normale funzionamento. La cosa sarebbe assolutamente normale se le acque bianche (cioè meteoriche) fossero separate dalle acque nere (di fogna); ma poiché quasi sempre vige un sistema misto di collettamento, i by pass, quando attivati, non fanno altro che convogliare a mare le acque bianche e nere, ancorché queste ultime siano molto diluite, con il rischio di contaminazione fecale delle acque di balneazione, determinandone la non balneabilità temporanea.

Il grafico 2 mostra che proprio i campionamenti effettuati a distanza di poco tempo dalle piogge (il 19 agosto) hanno evidenziato la presenza nelle acque di microrganismi fecali in concentrazioni superiori ai limiti previsti per la balneazione.

Ci si domanda se è possibile evitare di effettuare i campionamenti dopo una pioggia.

Anche se qualche volta si spera, e talvolta addirittura si pretende che ARPAC non effettui campionamenti dopo una pioggia, è normativamente previsto che il calendario dei campionamenti di ARPAC, programmati e concordati, ad inizio stagione, con la Regione Campania e con il Ministero della Salute, non possa essere modificato, né orientato, né condizionato in alcun senso anche da situazioni contingenti. Anzi le indagini microbiologiche effettuate per tutelare la salute dei bagnanti hanno anche lo scopo di individuare e far emergere le situazioni di criticità e allo stesso tempo di stimolare ad adottare le azioni preventive più opportune, come quelle prima accennate. Quindi, non effettuare i controlli dopo una pioggia significa esporre i bagnanti a rischi e non tutelare la loro salute.

Ciò che, invece, deve principalmente orientare le azioni delle autorità competenti è tutelare la salute dei bagnanti. Pertanto, fermo restando che occorrerebbe prevedere di introdurre reti separate di collettamento tra acque bianche e nere (il che richiede investimenti ed opere enormi) ed è sempre opportuno assicurare la pulizia e la manutenzione dei canali e dei tubi di scarico, individuando ed eliminando eventuali scarichi abusivi di acque reflue, soprattutto durante i periodi di prolungata siccità quando i canali sono più facilmente accessibili, un’azione molto utile e relativamente semplice da attuare è l’emanazione di ordinanze preventive di divieto di balneazione.

Infatti, l’art 10 del D. Lgs.116/08 prevede che le autorità competenti (i Comuni) possono emettere il divieto di balneazione nei casi in cui è a rischio la salute dei bagnanti, indipendentemente dai risultati dei prelievi. Ciò può avvenire, come recita la norma “qualora le Autorità Competenti vengano a conoscenza di situazioni inaspettate che hanno, o potrebbero verosimilmente avere, un impatto negativo sulla qualità delle acque di balneazione o sulla salute dei bagnanti…”

Ci si rende conto che chiedere ai Sindaci di vietare i bagni, anche per poche ore, durante la stagione balneare, non è cosa semplice, ma in Emilia-Romagna, per problemi simili, è adottata una modalità di gestione che prevede, per una serie di tubi di troppo pieno, la chiusura alla balneazione in seguito all’apertura degli scolmatori e, senza analisi di verifica, la successiva riapertura dopo 18 ore dalla comunicazione da parte del Gestore di chiusura dello scolmatore.

Il Comune di Rimini, per esempio, in caso di pioggia persistente e/o di notevole intensità, “vieta temporaneamente la balneazione nell’intera acqua di balneazione corrispondente agli sfioratori interessati dall’apertura delle paratie, sia durante l’apertura degli stessi che per le 18 ore successive alla loro chiusura”.

Chiaramente, per definire, zona per zona, la durata temporanea del divieto di balneazione, che nel caso di Rimini è stata calcolata in 18 ore, occorrono due condizioni:

  • uno studio basato su un modello previsionale matematico in grado di prevedere il tempo di abbattimento della carica microbiologica dopo la comunicazione della chiusura degli scolmatori, da parte dell’ente gestore;
  • l’installazione di strumentazione (allarme ottico/acustico e rilevazione in telecontrollo) atta a segnalare, in tempo reale l’apertura e la chiusura degli scolmatori, incluso la portata degli stessi.

ARPAC ha già proposto ad alcuni Comuni ed alla Regione Campania di investire su questo tipo di approccio visto che esiste già uno studio simile effettuato per la gestione della problematica dei mitili.

L’adozione di un’ordinanza precauzionale garantirebbe in maggior misura la tutela dei bagnanti rispetto al controllo ufficiale mensile previsto dal calendario di monitoraggio che rischia di allertare gli utenti quando il fenomeno è già cessato oppure ci possono essere fenomeni critici di breve durata che potrebbero sfuggire ai normali controlli routinari. In tal modo, inoltre, un eventuale divieto di balneazione interesserebbe solo l’effettivo periodo di contaminazione senza dover attendere gli esiti analitici dei prelievi supplementari per la revoca.

Allo stesso tempo anche i gestori balneari sarebbero meno penalizzati perché un eventuale divieto di balneazione interesserebbe solo l’effettivo periodo di contaminazione (anche di poche ore) senza dover attendere gli esiti analitici dei prelievi supplementari per la revoca che, per tempi tecnici, possono richiedere anche numerosi giorni.

Occorre uno sforzo minimo, ma soprattutto forza di volontà, in primis da parte dei Comuni e degli Enti gestori del sistema del sistema idrico locale.

In ogni caso ARPAC continuerà ad assicurare, attraverso i propri tecnici e laboratori i dovuti campionamenti e la divulgazione immediata dei risultati sia attraverso i propri strumenti sito web  (https://portale.arpacampania.it/),  app, comunicati stampa, che di quelli della Regione Campania e dello specifico portale del Ministero della Salute (www.portaleacque.it).