Marco Strano, psicologo e criminologo, è considerato uno dei maggiori esperti del mondo di psicologia investigativa e criminal profiling. È presidente dello Study Center for Legality, Security and Justice e direttore scientifico della prestigiosa associazione internazionale di criminologi ed esperti forensi I.F.C.T. (International Forensics Consulting Team) con sede a Bellinzona. Attualmente coordina il Lie Detection Lab di Roma – che da diversi anni sperimenta le tecniche più efficaci per smascherare le menzogne sia attraverso la strumentazione in suo possesso (lie detector, Voice Strerss Analyzer, Termocamere, ecc.) che attraverso i metodi “non intrusivi” di osservazione del comportamento. Ha collaborato con l’Unità di Scienze comportamentali (Behavioral Science Unit) dell’Accademia FBI di Quantico per un progetto di ricerca sull’intuitive policing (intuizione nell’attività di polizia) con il patrocinio dell’American Psychological Association. È autore di numerosi libri e di più di 100 articoli su tematiche criminologico-investigative.
La sua ultima opera, il saggio investigativo dal titolo «Le Bugie di Chico – l’ergastolano che ci ha ingannati per vent’anni», pubblicato dalla casa editrice La Bussola (con la prefazione del Generale Luciano Garofano) e distribuito gratuitamente nella sua versione e-book (https://www.unarma.it/wp-content/uploads/2024/08/9791254745670.pdf), è patrocinato da UNARMA Sindacato dei Carabinieri, che ha inserito questo testo tra i contenuti di una sua campagna nazionale di sensibilizzazione «La sicurezza del Paese passa anche dalle verità» che prevede presentazioni e conferenze in numerose città italiane e la realizzazione di alcuni eventi on-line a cui partecipano esperti di settore.
Il 28 Febbraio alle 18 Marco Strano sarà ospite al Comune di Vietri sul Mare col Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Daniele Benincasa e del Sindaco Giovanni De Simone, oltre alla conduzione della scrivente giornalista Anna Di Vito, il supporto del Segretario Regionale Campania Emilio Taiani di UnArma Sindacato dei Carabinieri.
Rientrato a maggio 2024 in Italia, è l’unico caso di ergastolano a cui gli Usa hanno concesso di espiare la pena nel Paese d’origine.
Una richiesta di semilibertà al Tribunale di Sorveglianza, per festeggiare insieme alla madre, a Trento, il suo 66° compleanno. L’hanno depositata i famigliari.
Forti, che ha già trascorso 24 anni di carcere in Florida per l’omicidio di Dale Pike per cui si è sempre dichiarato innocente, è rientrato in Italia dopo un lungo lavoro diplomatico portato avanti dal Governo e dalla Premier in prima persona.
Era stato condannato al fine pena mai, senza condizionale, da una giuria popolare con sentenza definitiva del giugno del 2000, per l’uccisione dell’imprenditore australiano, ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla testa nel 1998 a Miami. Il corpo della vittima venne ritrovato su una spiaggia. La detenzione era iniziata il 7 luglio del 2000.
Il 65enne nato a Trento nel 1959 aveva partecipato, nel 1990, al quiz televisivo Telemike e, presentandosi sulla storia del windsurf, sua passione, aveva vinto una grossa somma di denaro con cui si era trasferito negli Usa. Negli Usa inizia una carriera sportiva nel windsurf e poi, dopo un incidente automobilistico, diventa produttore di filmati di sport estremi, organizzatore di eventi e uomo d’affari nel settore immobiliare. Entrato in contatto con Anthony Pike – il padre di Dale – Forti era in trattativa per comperare da lui il ‘Pikes Hotel’ di Ibiza, un resort diventato famoso negli anni Ottanta per aver ospitato il 41esimo compleanno di Freddie Mercury, il cantante dei Queen. Dall’Australia, Dale Pike era volato a Miami per discutere la proposta di accordo tra suo padre e Forti. Secondo l’accusa, Anthony Pike soffriva di demenza e Forti avrebbe tentato di raggirarlo. Forti ammise di aver prelevato Dale Pike all’aeroporto ma ha negato di avergli sparato, affermando di averlo lasciato in un ristorante. Una prova chiave utilizzata per collegare Forti all’omicidio è la sabbia trovata nella sua macchina, una sabbia tipica della spiaggia di Miami dove è stato trovato il corpo di Dale Pike. Forti viene accusato di ‘felony murder’, un omicidio commesso durante l’esecuzione di altro crimine: il movente secondo l’accusa, sarebbe da ricondursi a una truffa di Forti ai danni di Anthony Pike per l’acquisto del resort di Ibiza.
Alla fine del 2020, l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio annuncia che il governatore della Florida Ron De Santis ha accolto con riserva l’istanza di Forti ma poi il governatore repubblicano interrompe la procedura per il trasferimento. Lo scorso primo marzo, la premier Giorgia Meloni annuncia che l’autorizzazione al trasferimento è arrivata, in seguito a un confronto a Washington con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. La procedura si è conclusa in tempi record mercoledì 15 maggio quando si è svolta l’udienza nella quale Forti ha firmato l’accordo con il giudice federale statunitense per scontare il resto della pena in Italia sulla base del diritto italiano.
Dottor Strano lei ricostruisce nel suo libro materiale indiziario che identifica con chiarezza la tesi della colpevolezza. Senza anticipare nulla dell’evento e del saggio che lei ha redatto e reperibile gratuitamente, vuole dare qualche spunto di riflessione sulla sua tesi?
Alla base del libro c’è uno studio iniziato nel 2010, attraverso contatti con gli investigatori che all’epoca si occuparono delle indagini, attraverso l’acquisizione e lo studio approfondito degli atti del processo e attraverso numerosi sopralluoghi avvenuti nel corso degli anni nei luoghi collegati all’omicidio commesso da Forti, a partire dalla scena del crimine sulla spiaggia di Key Biscaine a Miami. Alla fine del mio lavoro mi sento di poter affermare che la giuria popolare che ha condannato Forti ha analizzato una serie interminabile di prove e nessuna irregolarità è avvenuta da parte dei miei colleghi di Miami.
La Polizia USA non lo ha quindi incastrato secondo lei, come hanno teorizzato i gruppi innocentisti, anche attraverso una potente campagna di manipolazione mediatica?
Forti era nei pressi della scena del crimine nell’orario in cui è avvenuto il delitto, aveva un valido movente, aveva mesi prima acquistato con la sua carta di credito una pistola dello stesso calibro di quella usata per l’omicidio (poi misteriosamente scomparsa), ha mentito alla polizia, alla moglie, al suo avvocato e al padre della vittima nei giorni subito seguenti al delitto, ha fatto lavare accuratamente la sua auto subito dopo il delitto ma delle tracce di sabbia compatibili con il luogo del delitto sono state trovate sulla sua auto e infine durante l’attesa del processo, Forti ha tentato di falsificare dei documenti attraverso sigilli notarili falsi. Ma secondo Forti e i suoi sostenitori sarebbe stato ordito un complotto nei suoi confronti per incastrarlo, complotto in cui sarebbero stati coinvolti il procuratore che gestiva il caso e due suoi vice-procuratori che hanno lavorato nel processo, 12 giurati popolari, una ventina di testimoni, Il giudice di primo grado, 6 detectives della squadra omicidi del Miami Police Department, due investigatori del Florida Department of Law Enforcement (sezione crimini finanziari), 5 investigatori della sezione CSI, un perito privato esperto di sabbia, il medico legale che ha effettuato il sopralluogo e l’autopsia, 5 diversi giudici che poi in seguito hanno respinto 5 appelli, nonché i due avvocati di Forti, e tutta questa gente (a occhio una settantina di persone, molte delle quali non si conoscevano neppure tra loro) sarebbe stata d’accordo per incastrarlo. Partendo da questa premessa ritengo che affermare viceversa che si siano configurati durante il processo dei gravi elementi di colpevolezza che hanno condotto alla condanna di Forti sia invece la cosa più ragionevole. Leggendo gli atti del processo, andando a studiare i luoghi collegati al delitto, e soprattutto conoscendo poi di persona alcuni dei professionisti accusati da Forti di averlo incastrato (in larga parte persone corrette), la convinzione della sua colpevolezza è divenuta in me assai solida. La realtà quindi è che Forti ha lasciato una serie interminabile di tracce di colpevolezza dietro di sé e il lavoro investigativo è stato fatto bene.
Potrebbe essere ridiscusso il processo in un Tribunale Italiano secondo lei?
Qualora il processo a Forti fosse ridiscusso in Italia, l’esito di colpevolezza sarebbe certamente analogo a quello della corte statunitense. Forti è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio e i “dubbi” che sono ancora diffusi in una parte dell’opinione pubblica italiana sono legati esclusivamente al fatto che le informazioni che ha potuto apprendere dai media italiani nella stragrande maggioranza dei casi sono inesatte. Non dimentichiamo inoltre che Forti ha mostrato di possedere una elevata pericolosità sociale, così come esplicitamente dichiarato anche dall’attuale Procuratore di Miani, Katherine Fernandez Rundle. Forti, infatti, anni prima del delitto per cui è stato condannato aveva tentato di ingaggiare un killer per eliminare un avvocato scomodo con modalità simili a quelle del delitto di Dale Pike da lui commesso e non dobbiamo dimenticare poi la vicenda avvenuta nel carcere di Verona dopo il rientro in Italia di Forti, vale a dire il tentativo di Forti di ingaggiare la ‘ndrangheta per “mettere a tacere” Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli. Su quest’ultima circostanza, che denota ulteriormente la pericolosità sociale di Forti, il Procuratore di Verona ha affermato che “emergono elementi confermativi in tal senso” anche se il caso è stato alla fine archiviato in base ai dettami della legge italiana.
Perché il Sindacato Carabinieri Unarma ha scelto di patrocinare il suo lavoro indiziario documentale?
Il mio libro sulla vicenda di Chico Forti “le bugie di Chico”, edito dalla casa editrice La Bussola (e gratuito in formato elettronico), è stato patrocinato dal Sindacato Unarma perché lo scopo principale di questo testo è difendere l’onore dei colleghi della Polizia di Miami, accusati ingiustamente da Forti e dai suoi sostenitori di aver costruito delle prove false. Ricordiamo inoltre che da tempo il Sindacato Unarma ha chiesto chiarezza al Governo (promuovendo anche una interrogazione parlamentare) sulle indiscrezioni che avrebbero visto il rientro di Chico Forti in Italia come una sorta di scambio con i due assassini statunitensi del Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, attualmente detenuti in Italia.
Per ora ci fermiamo per non togliere ai lettori che leggeranno il suo libro e al pubblico dell’evento di Vietri sul Mare del 28 Febbraio alle 18 nell’Aula Consiliare del Comune, la suspence della scoperta e la curiosità di conoscerla di persona.
Anna Di Vito. Free lance, conosciuta con lo pseudonimo di Ripley Free Giornalista, studi classici, comunicazione e cronaca di Inchiesta, scrittrice, addetta alla Comunicazione, esperta in giornalismo Investigativo. Autrice di opere di cronaca romanzata noir e thriller. Organizzatrice di eventi culturali. Attenta alle questioni sociali, alle minoranze, ai dimenticati delle istituzioni.