Non c’è niente da fare, neanche l’avviso di garanzia spedito dal Segretario di Stato USA, Antony Blinken, alla destra italiana – badate che sappiamo molto di voi… – ha scosso più di tanto gli Italiani dal torpore politico.
Sarà per un disincanto generale verso la politica, o forse perché la considerazione generale è che in ballo non ci sia un reale cambiamento delle scelte del futuro governo rispetto a quello attuale, piuttosto che ci sia un mero cambio di ceto politico nei palazzi governativi, fatto sta che a cinque giorni dal voto ancora oltre il trenta per cento degli aventi diritto è incerto se recarsi alle urne o no, ovvero su chi votare qualora abbia deciso comunque di recarsi al seggio elettorale. In settimana, ovviamente, ci sarà un piccolo sussulto di interesse, com’è fisiologico, ma ad oggi non si registrano segnali di inversione di rotta significativi. Neanche i toni da rissa delle ultime ore sembra che stiano scuotendo più di tanto la gente. Terremo comunque d’occhio le piazze, di per sé ormai poco significative, ed i più indicativi dati degli ascolti tv e delle visualizzazioni ed interazioni social tra giovedì e venerdì. Per il momento questo è: i politici si parlano addosso tra loro, a volte si insultano e minacciano, e la gente va avanti per la sua strada.
Dicevamo dell’avviso di garanzia degli USA ai probabili futuri governanti italiani. Nel pieno della campagna elettorale, lo scorso 14 settembre, Repubblica ha pubblicato la notizia che il Segretario di Stato Blinken ha inviato alle ambasciate Usa di oltre venti Paesi del mondo un memoriale in cui sono descritte operazioni condotte da Mosca per interferire nella loro politica interna. La Russia, secondo questa informativa, avrebbe speso almeno trecento milioni di dollari dal 2014 ad oggi per arruolare politici, quindi per influenzare le scelte di governo dei Paesi ad essa avversi.
Neanche uscita la notizia e tutti in Italia hanno pensato a Matteo Salvini ed alla Lega, dal ‘17 in rapporti di formale partenariato politico con Russia Unita, il partito di Putin, partenariato peraltro ancora vigente. Nel ‘19, in seguito ad inchieste giornalistiche, la Procura di Milano italiana aprì un’indagine per ‘corruzione internazionale’ – fascicolo ancora aperto – per un presunto finanziamento di quarantanove milioni di euro ottenuto dalla Lega da fonte moscovita, per il tramite del sodale Gianluca Savoini, e coperto da una transazione per forniture energetiche. Ed oggi, nel panorama politico italiano, la Lega è il partito che più batte sul tasto della revoca delle sanzioni alla Russia. Ovvio che tutti abbiano pensato ad essa.
Ma neanche la notizia dell’informativa USA è arrivata agli onori della cronaca, che subito Salvini ha minacciato di denunciare chiunque avesse fatto illazioni su lui e la Lega: “Io non ho mai chiesto soldi e non ho mai preso soldi. La Lega querela? Ci credo… Dicano nomi e cognomi: chi hanno pagato?”. Excusatio non petita? Fate voi. Ciò mentre altri, il meloniamo Guido Crosetto tra gli altri, ventilavano l’ipotesi della messa in stato di accusa per alto tradimento dei politici o degli alti funzionari dello Stato eventualmente coinvolti. Per parte sua Luigi Di Maio, ministro degli Esteri tuttora in carica, chiedeva un’inchiesta approfondita del Copasir sull’argomento.
Due tre giorni, giusto il tempo della mediazione e delle rassicurazioni circa gli impegni euro atlantici del futuro governo, e gli Usa hanno ‘informato’ il nostro Governo e, tramite esso, il nostro Parlamento, che l’Italia non fa parte dei venti Paesi i cui politici avrebbero beneficiato dei fondi russi. Sollievo generale, il clamore delle prime ore si è subito sedato, anche se qualche strascico ancora c’è. Draghi, che pure della mediazione con gli USA è stato artefice, si è comunque tolto il sassolino dalle scarpe verso chi gli ha interdetto le porte del Quirinale a gennaio e poi ha fatto cadere il suo governo a luglio: “La democrazia italiana è forte, non si fa abbattere da nemici esterni e dai loro pupazzi prezzolati”. E ieri Salvini è tornato sull’argomento: “…ha parlato di corrotti e pupazzi di potenze straniere. Se ha dei nomi li faccia, altrimenti sono chiacchiere al vento“. Coda di paglia? Fate voi. Fatto sta che il leader della Lega ha cominciato a fare qualche passo indietro sul suo amico (o ex amico?) russo: “La mia opinione su Putin è davvero cambiata durante la guerra, perché quando qualcuno inizia a invadere, bombardare, inviare carri armati in un altro paese, beh, tutto cambia”, detta ieri.
Al di là di queste scaramucce, l’informativa USA circa l’estraneità dell’Italia ai Paesi coinvolti nelle interferenze russe pare per ora aver chiuso la questione ed i giorni verso il venticinque settembre hanno ripreso a scorrere nell’indolente routine di questa non memorabile campagna elettorale.
Intendiamoci, da sempre, da quando esiste la storia degli uomini e dei loro conflitti, i governi assoldano uomini di potere ed influencer di Paesi terzi, avversi o amici che siano. Non solo politici e uomini di potere, ma anche intellettuali, accademici, scienziati, uomini d’impresa, giornalisti vengono imbrigliati, con varie forme e mezzi, nelle reti delle nazioni interessate a destabilizzare una nazione ostile, o semplicemente a determinare un clima culturale favorevole alla propria. Così accade da sempre e così fan tutte le nazioni anche oggi.
Non c’è dunque da sorprendersi da novelle vispe terese. L’importante è stare in guardia. Oggi più che in passato, nel mondo non si conta tanto per ciò che si ha o per ciò che si è, ma per ciò che si sa. E la Casa Bianca sa…