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L’autocritica di Vincenzo De Luca

by Pietro Spirito
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Vincenzo De Luca non finisce mai di stupire: è appena uscito il suo libro “La democrazia al bivio. Fra guerra, giustizia e palude burocratica”, Guida Editori. Il volume è un manifesto dell’antideluchismo, un messaggio forte e chiaro in netta controtendenza con quello che il Presidente della regione Campania ha rappresentato in questi lunghi anni di potere. Intendiamoci, non mancano neanche i temi classici della sua iniziativa politica, come la lotta senza quartiere alla palude burocratica che paralizza le istituzioni.

Colpisce in particolare la riflessione, attenta e puntuale, sulla personalizzazione della politica, basata sulle impietose riflessioni di Giovanni Orsina (“La democrazia del narcisismo”) e di Christopher Lasch (“La cultura del narcisismo”). Le citazioni sono staffilate durissime. Cominciamo da Orsina: “La manutenzione del consenso acquista un ritmo frenetico: va continuamente ricostruito mese dopo mese, se non giorno dopo giorno. Progettare sul lungo termine, richiedendo pazienza, fiducia e sacrifici oggi a fronte di risultati domani, diventa impossibile. L’incapacità di tenere sotto controllo ii tempo devasta la politica”.

Sembra di ascoltare nuovamente l’appello elettorale, rivolto da De Luca agli amministratori locali in occasione del referendum istituzionale del 2016, sulle fritture necessarie per indirizzare la volontà dei cittadini. Evidentemente la fatica costante alla ricerca del consenso, che rappresenta il maggior successo conseguito in questi decenni, ha lasciato le sue tracce.

Poi, avviandosi alla conclusione delle sue riflessioni, De Luca ricorda le riflessioni di Lasch sulla crescita della società dello spettacolo, nella quale le immagini vincenti contano più dei risultati, e le attribuzioni più delle realizzazioni. L’arte delle pubbliche relazioni penetra profondamente nella vita politica, trasformandone il modo di esprimersi. Sembra qui di assistere ad uno dei videomessaggi del venerdì con i quali il Presidente intrattiene i suoi elettori, alternando queste prestazioni con le formidabili imitazioni di Maurizio Crozza, che ne svolge superbamente il controcanto.

Anche in questo caso, si intravede la stanchezza del combattente, costretto ad esercitare una parte di cui non è più convinto. Come un surfista, sembra sradicato dalle onde oceaniche che ne hanno determinato il successo e condotto invece nelle placide acque di un lago, dove la tavoletta resta inchiodata alla sua immobilità.

I tempi stanno cambiando radicalmente, e Vincenzo De Luca lo spiega bene nella sua riflessione. Servirebbe il progetto di unificazione di un grande soggetto riformista ed andrebbe affrontata la stanchezza della democrazia. Molti sono i nodi che restano ancora da sciogliere, a cominciare dalla subalternità della politica rispetto alla giustizia. Vi è una generale tendenza verso la giuridicizzazione della vita pubblica.

Si è affermato un diciannovismo populista che ha delegittimato le classi dirigenti. Crolla ogni fiducia nella azione collettiva.

La vita democratica è condizionata da logiche di gruppo. E qui Vincenzo De Luca cita Antonio Gramsci: “E’ il solito rapporto tra il grande uomo ed il cameriere. Fare il deserto per emergere e distinguersi”. Anche in questo caso fischiano le orecchie, certamente per la stanchezza di essere circondato da tanti camerieri che non sanno svolgere nemmeno quella funzione.

Tutta la parte centrale è dedicata alla palude burocratica ed alle tante distorsioni che certamente hanno frenato lo sviluppo economico italiano. Gli esempi che De Luca sceglie sono tutti convincenti e preoccupanti. Sono molte le ragioni che hanno condotto a questa paralisi.

Conta la frammentazione dei poteri e la realizzazione di un federalismo sbilenco. De Luca si pronunzia nettamente per il superamento di questo assetto con una spinta decisa verso il decentramento. Ma è piuttosto probabile ipotizzare che se fosse in altra collocazione istituzionale – al centro e non sui territori – spingerebbe in direzione radicalmente opposta.

Il futuro sta nella costruzione di un nuovo Stato sociale. Lo Stato sociale europeo, scrive De Luca, ha costituito uno dei punti più alti della civiltà politica, istituzionale e sociale. Un quasi miracolo. Si è raggiunto un punto di equilibrio straordinario fra Stato e mercato, fra pubblico e privato, fra individuo e società. Il compromesso socialdemocratico non è ripetibile e per queste ragioni De Luca propone un liberalismo inclusivo, sulla base delle riflessioni di Salvati e Dilmore.

Manca un solo capitolo alle acute riflessioni del Governatore: quali meccanismi di consenso si metteranno in campo per conquistare la fiducia degli elettori, come si supereranno le logiche di clan, attraverso quali meccanismi sarà possibile tornare a far fiorire una società democratica soffocata dai personalismi.