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L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza

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by Piera De Prosperis
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Goliarda Sapienza. L’arte della gioia. Conoscevo solo di nome questa narratrice ed è stata una vera scoperta. Non solo e non tanto per la sua produzione, decisamente fuori dell’ordinario narrativo, ma soprattutto per un percorso biografico che la rende un personaggio paradigmatico di un certo modo di vivere la propria femminilità e di affrontare con consapevolezza nuova problemi e difficoltà legate all’essere donna alla metà del secolo scorso.

Gli estremi biografici sono Catania 1924, Gaeta 1996. La madre è Maria Giudice, prima donna dirigente della Camera del Lavoro di Torino, e il padre Giuseppe Sapienza, avvocato socialista, che influenzarono profondamente la crescita della figlia cercando soprattutto di difendere la sua formazione da imposizioni e condizionamenti fascisti. Un clima intellettuale decisamente libero, aperto ad ogni stimolo, volto soprattutto a riconoscere i propri sogni, a comprendere le proprie potenzialità ed a proiettarsi in un futuro di realizzazione di sé. Se Goliarda non avesse avuto una madre come Maria Giudice, definita la leonessa del socialismo, una sindacalista per la quale la politica era soprattutto cura della polis, ossia del vivere assieme, cura del vivere umano (M.R. Cutrufelli), non sarebbe stata la Goliarda Sapienza di cui parliamo.

Trattare della formazione delle donne vuol dire affrontare un tema delicato: l’educazione delle figlie è sempre stata condizionata dalla società maschilista e patriarcale, imposta con il permesso implicito dalle madri che riconoscevano e condividevano quel modello e ne tramandavano le caratteristiche. Una madre che è libera dentro, nutre e cresce figlie libere. Goliarda Sapienza ne è un esempio. In un lampo capii che cosa era quello che chiamano destino: una volontà inconsapevole di continuare quella che per anni ci hanno insinuato, imposto, ripetuto essere la sola giusta strada da seguire. Pur nelle traversie di un’esperienza di vita tormentata, segnata dalla depressione, da due tentativi di suicidio, da devastanti elettroshock e da una discussa e discutibile terapia psicoanalitica con la quale però riuscirà a riprendere la scrittura, modellandola come strumento di liberazione, Goliarda è una donna libera.

Attrice e autrice, poliedrica e mai riconosciuta in vita per la sua grandezza, lei stessa si definiva dal destino profondo, mai di successo, non vivrà tanto da vedere finalmente pubblicato il romanzo al quale aveva lavorato per oltre venti anni e che giaceva in una cassapanca. Morirà indigente e in solitudine e solo nel 1998 L’arte della gioia verrà stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa. Il successo in Francia, Germania e Spagna ne decreterà il giusto riconoscimento anche in Italia.

Romanzo picaresco, erotico, politico e sentimentale, ruota intorno alla figura di Modesta, alter ego dell’autrice, nata povera nella Sicilia dei primi del ‘900 che, sfidando la cultura patriarcale, mafiosa e fascista riuscirà ad attraversare temperie storiche e personali protetta da un talismano interiore, appunto l’arte della gioia, senza mai perdere se stessa ma anzi affermando le sue pulsioni e autodeterminandosi.

Incipit: Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché, ma lo devo fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com’è: non mi va di fare supposizioni o d’inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente.

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