Il 2021 è ormai entrato in esercizio, scacciando il precedente anno bisestile, caratterizzato in modo decisivo dalla pandemia mondiale, peraltro ancora in corso. Non è quindi il momento per tracciare un bilancio, quanto quello di cercare di mettere in fila l’agenda dell’anno che è ormai arrivato.
Tutti noi sapevano che si sarebbe dovuta concludere, entro il 20 gennaio, la fase di transizione successiva alle elezioni statunitensi, con il passaggio dei poteri da Donald Trump a Joe Biden. Poi è accaduta l’epifania dell’insurrezionalismo, con l’attacco a Capitol Hill, una pagina certamente oscura per la democrazia americana.
In poche ore si è rientrati nei ranghi, nonostante i gravi scontri ed i morti: il Congresso in seduta congiunta, sotto la guida del vicepresidente ancora in carica, Mike Pence, ha proclamato ufficialmente l’elezione di Joe Biden a Presidente e di Kamala Harris a Vicepresidente.
Aldilà del racconto drammatico di cronaca politica con il quale è iniziato il 2021, può essere utile cercare di mettere sotto lente di ingrandimento i fenomeni che dovranno essere affrontati durante i prossimi mesi. Ci aiuta a farlo il Rapporto Ispi: “Il mondo che verrà. Dieci domande per il 2021”.
Certamente la pandemia caratterizzerà ancora l’anno appena iniziato: la malattia da coronavirus (Covid-19), oltre al gravissimo bilancio in termini di vittime, ha catapultato oltre 100 milioni di persone in condizione di estrema povertà. Quello che ha caratterizzato in modo marcato l’attuale pandemia è la sua pervasività su scala planetaria.
Tra il 2016 ed il 2017 l’infezione da virus Zika aveva prosciugato quasi 18 miliardi di dollari dalle economie delle regioni dell’America Latina e dei Caraibi, mentre un’epidemia di ebola nella Repubblica Democratica del Congo, nel 2019, ha minacciato di destabilizzare gli equilibri in Africa Centrale.
Il Covid-19 rappresenta la terza importante infezione da coronavirus con potenziale pandemico in questo secolo. E questo lascia ipotizzare che potrebbe non essere l’ultima. In ogni caso, la vaccinazione di massa connoterà buona parte dell’anno in corso, per mettere in sicurezza la popolazione mondiale. In questa prima fase l’attenzione è tutta concentrata sulla organizzazione delle vaccinazioni nei Paesi più sviluppati, mentre la grande incognita riguarda la possibilità di estendere questa pratica alle aree povere del mondo, a cominciare dall’Africa.
Nello scenario economico internazionale saremo chiamati a fronteggiare uno shock simmetrico che però conduce a conseguenze asimmetriche. Nell’ottobre dello scorso anno il Fondo Monetario Internazionale ha previsto un calo del PIL del 5,8% nel 2020 per i Paesi avanzati (-8,3% per l’eurozona e -4,3% per gli Stati Uniti). I Paesi emergenti hanno fatto molto meglio (-1,7%). La Cina riesce addirittura, sempre nelle previsioni dell’FMI, ad avere una crescita positiva (+1,9%).
Queste stime risalgono a prima della seconda ondata di pandemia. E’ di conseguenza probabile che per Europa e Stati Uniti, aumenti ancor di più la divaricazione. Il rimbalzo previsto sarà più marcato nel 2021 per i paesi emergenti asiatici (+6,3%) rispetto all’eurozona (+5,2%) ed agli Stati Uniti (+2,9%). Il turismo è tra i settori economici più colpiti dalla pandemia. Le Nazioni Unite prevedono una perdita potenziale di 1.000 miliardi di dollari di ricavi e di 100 milioni di posti di lavoro a rischio.
Tra clima, pandemia ed andamento economico si giocherà un’altra partita rilevante nell’anno in corso. Va considerato che durante la crisi finanziaria del 2009 si era determinata una flessione dell’1% delle emissioni, salvo poi registrare nell’anno successivo un aumento del 4,5%.
Nel 2020 si è reso evidente un miglioramento delle condizioni ambientali per effetto del lockdown generalizzato. Sarà questa l’occasione per cambiare passo ed andare verso una riduzione strutturale degli inquinamenti, o avremo solo una breve parentesi seguita da un successivo periodo di ulteriore e robusta crescita?
D’altra parte, continuerà ad aggravarsi la gestione del debito dei Paesi sovrani. Secondo le stime del FMI, a partire dalla grande crisi finanziaria, il debito globale è aumentato circa del 30%, passando dal 195% del PIL al 225% nel 2019. Non si va molto lontani dal vero nel sostenere che raggiungerà e supererà il 250% del PIL nel 2021. Potrebbero di conseguenza riemergere crisi dei debiti sovrani che hanno già destabilizzato l’economia internazionale nel corso degli anni recenti.
Questi andamenti dell’economia mondiale sulle montagne russe provocheranno un aumento delle diseguaglianze, con il rischio di una nuova ondata di proteste ed una situazione di radicalizzazione sociale e di instabilità politica. Particolarmente accentuata sarà la tensione in Medio Oriente.
La pandemia è la quarta crisi che colpisce questa regione nell’ultimo decennio, dopo le rivolte delle primavere arabe, il declino del prezzo del petrolio tra il 2014 ed il 2016 ed il riemergere nel 2019 delle proteste nei Paesi risparmiati dalle rivolte del 2010-2011. La conseguenza sarà che solo nel 2021 circa 45 milioni di persone in tutto il Medio Oriente ed il Nord Africa cadranno in povertà.
Altro fronte aperto resta quello delle migrazioni: da marzo del 2020 il fenomeno è rallentato sino a quasi arrestarsi. In Europa le domande di asilo sono lentamente passate da un minimo storico di 9.000 ad aprile a 42.000 a settembre, con una riduzione dell’87% rispetto a gennaio 2020. Anche i passaggi irregolari di frontiera si sono ridotti a 116.000 nei primi 11 mesi del 2020, un dato molto vicino al livello minimo registrato da Frontex nel 2009 (104.000).
Terminata la fase grave della emergenza pandemica non è difficile immaginare che il flusso delle migrazioni possa riprendere con ben altra intensità: resta necessario predisporre una politica delle migrazioni che non faccia trovare i Paesi europei più esposti di fronte ad una intensificazione forte del fenomeno.
Sul fronte politico, la questioni turche ed iraniane sono nell’agenda immediata. Le tensioni e le recriminazioni tra Ankara e Parigi durante l’estate del 2020 e l’escalation, potenzialmente esplosiva, delle tensioni tra Ankara ed Atene, accanto al riuscito tentativo di intervento turco in Libia, determinano una matassa politica molto difficilmente sbrogliabile senza una iniziativa diplomatica di ampio respiro.
Il 2021 sarà un anno cruciale per l’Iran, soprattutto per quanto riguarda il suo dossier nucleare. L’amministrazione entrante di Biden ha criticato la politica di Trump verso lo stato islamico, sostenendo che ha isolato gli Stati Uniti, ha portato l’Iran molto più vicino ad avere una bomba nucleare, innescando nel contempo una crescente tensione nell’intera regione medio-orientale.
Infine, almeno per ora, sono previsti tre appuntamenti elettorali in Europa: in Portogallo, Olanda, e, soprattutto, in Germania. Per lo stato tedesco si tratta di una prova davvero rilevante, in quanto segnerà in ogni caso lo scenario post-Merkel, in una competizione elettorale particolarmente incerta, per ora anche sotto il profilo delle alleanze che si confronteranno. Insomma, di carne al fuoco in questo anno che è arrivato ce n’è davvero tanta, compreso il G20 a presidenza italiana nel prossimo autunno. Come ci arriverà il nostro Paese è davvero difficile prevedere.