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La transizione energetica delle autostrade del mare

by Pietro Spirito
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L’International Maritime Organisation (IMO) aveva stabilito gli obiettivi temporali per la riduzione dell’impatto di inquinanti nel settore marittimo rispetto ai dati del 2008: abbattere l’intensità di carbonio del 40% entro il 2030 e del 70% entro il 2050, dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050.

Ora, considerando che l’emergenza climatica comincia a mostrare visibilmente i suoi effetti sulla vita quotidiana delle persone, sulla produzione agricola, sulla disponibilità d’acqua, sullo scioglimento dei ghiacciai, si sta discutendo sulla possibilità di raggiungere la neutralità di impatto ambientale nel settore marittimo entro il 2050.

Non sarà una passeggiata di salute. La transizione non è affatto una parole neutrale, implica non solo investimenti per rinnovare le flotte, ma anche costi di esercizio in aumento per chi non riesce a reggere il passo delle trasformazioni necessarie. Questa parte sgradevole della storia viene raccontata poco, ma riguarderà l’insieme dell’economia, non solo il settore marittimo. Sarà bene cominciare a prenderne consapevolezza.

Assarmatori, una delle due organizzazioni datoriali del settore marittimo italiano, ha affidato a RINA uno studio per valutare quali potrebbero essere gli impatti di questa accelerazione sulla struttura della flotta attualmente operativa. E’ stata condotta una simulazione sul traffico ro-pax, vale a dire sulla spina dorsale dei collegamenti delle autostrade del mare che connettono i principali porti italiani per il traffico dei passeggeri e delle merci.

Oltre il 73% della flotta delle autostrade del mare non sarà più autorizzata alla navigazione se non saranno messe in atto misure aggiuntive per migliorare l’efficienza energetica o se non sarà previsto un cambiamento del profilo operativo. Il piano di ammodernamento delle flotte dovrà essere di conseguenze imponente.

Poi esiste il sistema di regolamentazione che è stato messo in campo a livello comunitario per creare il sistema di incentivi e disincentivi necessario per accompagnare la transizione nel corso dei prossimi anni.

Per l’Emission Trading System (ETS), il sistema europeo di scambio delle emissioni, le navi devono acquistare quote di emissione per il 20% delle proprie emissioni nel 2023, aumentando questa percentuale annualmente fino alla piena copertura nel 2026.

La scansione temporale seguirà il calendario progressivo indicato nella secondo le seguenti scadenze, molto ravvicinate:

Ø 20% delle emissioni nel 2023,

Ø 45% delle emissioni nel 2024,

Ø 70% delle emissioni nel 2025,

Ø 100% delle emissioni dal 2026 in poi.

Il tempo disponibile per realizzare il rinnovo della flotta che non presenta caratteristiche coerenti con il profilo delle emissioni è dunque estremamente ristretto, si esaurisce nell’arco del prossimo quadriennio. Il costo della mancata compliance sarà molto consistente, sino al valore integrale delle emissioni dal 2026 in poi.

Ma non finisce qui. Accanto alla misura che intende spingere verso il rinnovo della flotta, monetizzando il valore delle emissioni che saranno ancora disperse nell’ambiente dalle navi non coerenti con i nuovi standard, esiste poi la fiscalizzazione del carburante non ecologico.

Per i combustibili derivati dal petrolio, l’Energy Taxation Directive (ETD) suggerisce, a partire dal prossimo anno, una tassazione non inferiore al 0,9 euro/GJoule, che significa 37-38 euro a tonnellata, a seconda del tipo di carburante; , gli Stati membri sono liberi di applicare aliquote superiori.

Se si adottassero i criteri attualmente in uso nel settore delle accise per i combustibili industriali, per i gasoli – che sono dei distillati – potrebbe esserci un costo aggiuntivo per tonnellata molto più elevato. L’ETS e l’ETD si inseriscono in un contesto di crescita molto sostenuta del prezzo dei combustibili.

Rispetto ai livelli pre-pandemia, aumento dei costi del carburante da un lato e adozione dei due sistemi di regolazione europea ETS ed ETD dall’altro porteranno ad un incremento del 325% del costo dell’energia, che rappresenta per molte compagnie oltre il 50% dei costi operativi delle navi.

Nel 2019 le emissioni totali di CO2 in Italia sono state pari a 418 milioni di tonnellate. La flotta di cabotaggio contribuisce per lo 0,9% sul totale complessivo. L’incidenza delle autostrade del mare sul totale delle emissioni di anidride carbonica è molto relativa, ma ci dice quanto sforzo dovrà essere condotto dall’insieme dell’economia per adeguarsi agli obiettivi della decarbonizzazione.

Per il settore delle autostrade del mare l’introduzione dell’ETS comporterà un aggravio di costi di oltre 275 milioni di euro all’anno, che diventeranno 320 milioni di euro con l’introduzione dell’ETD, ma che potrebbero addirittura arrivare a 380 milioni di euro qualora si adottasse il livello della accise industriali.

Insomma, la sfida che sta di fronte al settore delle autostrade del mare è enorme e difficile. E’ solo una frazione di quella che tutti i settori dell’economia dovranno compiere per adeguarsi, in un tempo che si restringerà sempre di più, perché è sotto i nostri occhi quello che prima era riservato ad una ristretta comunità di scienziati che predicavano nel deserto.