Le ultime rilevazioni sulle Competenze degli adulti, come risulta dall’indagine Piacc (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) dell’OCSE, pubblicata il 10 dicembre 2024, evidenziano che il 35% degli italiani adulti non è in grado di comprendere testi e di risolvere problemi complessi. Situazione allarmante per il nostro paese, che si posiziona negli ultimi posti tra le 31 nazioni analizzate. Lo studio, che ha coinvolto 160mila adulti tra i 16 e i 65 anni nei paesi Ocse tra il 2022 e il 2023, evidenzia per l’Italia un peggioramento rispetto alla precedente rilevazione del 2013. Parliamo, insomma, di analfabetismo funzionale. L’UNESCO definisce, dal 1984, l’analfabetismo funzionale come la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità, data per acquisita l’alfabetizzazione di base cioè il saper leggere e scrivere.
Quale connessione manca tra il saper leggere e il comprendere un testo? il significato di un testo non è solo in ciò che è detto esplicitamente ma in una serie di inferenze, cioè di informazioni logiche che si ricavano da esso; queste informazioni fanno parte del nostro bagaglio culturale che nel tempo si costituisce attraverso letture, film, viaggi, contatti con ogni tipo di realtà. Capire un testo, quindi, significa mettere in campo tutta una serie di conoscenze acquisite attraverso esperienze e letture. Chi non capisce un testo è perché ha una povertà culturale ed esperenziale di base.
Detto questo, acquisito il dato negativo e fatte tutte le opportune osservazioni del caso, che fare? Quali buoni propositi la scuola in primis deve formulare? E non solo l’insegnante di italiano, spesso considerato l’unico colpevole della mancata comprensione, ma tutto il corpo docente di qualunque livello di istruzione.
Sapere perché si legge e cosa si sta affrontando, facendo mente locale sull’argomento del testo, creando relazioni con quanto si è già appreso nel passato e formulando ipotesi su ciò che ci si aspetta dal testo. Insomma imparare ad imparare, acquisire un metodo di lettura e quindi di studio trasversale che prescinda dalla singola materia e miri invece a costituire una base solida su cui poggiare qualunque apprendimento. Creare, cioè, un habitus da utilizzare sempre.
Anche per questo non sono condivisibili le iniziative didattiche che prevedono l’incremento di un’ora settimanale per comprendere il testo. Non sarà certo quell’ora, spesso vissuta come una punizione dagli alunni, perché le statistiche possano cambiare. Il lavoro deve essere quotidiano e per tutte le discipline.
Torniamo alla sottolineatura delle parole chiave, alla divisione in sequenze, al riassunto. Parola desueta ma dal grande valore formativo. Ovviamente esistono siti riassuntori che consentono di fare un riassunto in automatico ma, come sempre, tutto ciò che viene dal web deve saper essere utilizzato.
Ai giovani non mancano oggi sicuramente possibilità di allargare i propri orizzonti, hanno possibilità di viaggiare realmente o virtualmente, hanno un oceano di informazioni a portata di tasto, che cosa li rende allora analfabeti funzionali? La mancanza di approccio metodologicamente corretto al testo, la paura di non avere strumenti per affrontare la pagina scritta, il senso di frustrazione nel non comprendere il senso profondo di ciò che si ha davanti. In questo la scuola deve essere formativa, e se è stato vero per le precedenti generazioni perché non dovrebbe esserlo per quella contemporanea, dotata di molti mezzi ma forse di ben pochi strumenti.