Ieri la ministra per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, è stata contestata al Salone del libro di Torino. Vi era andata a presentare un suo volume e il pubblico presente glielo ha impedito. Sapete come funziona, no? Si grida, si rumoreggia, ci si accalca. Magari se sei antiabortista le femministe ti cantano vecchi slogan. Pare che la Roccella non abbia gradito, e ci sta, lamentando una vera e propria sopraffazione. La stampa riporta questa sua affermazione: “Come al solito chi pretende di darci lezioni di democrazia non ne conosce le regole basilari”. Ma non deve essere vero. Non può aver detto una sciocchezza del genere.
Le regole basilari della democrazia, infatti, garantiscono i diritti del popolo rispetto ai loro governanti. Proteggono proprio il diritto della gente a contestare. Diamo un’occhiata alla scena. Da un lato un gruppo di contestatori, dall’altro un cordone di polizia e una ministra. Da un lato gente che urla per farsi ascoltare, dall’altro una donna al potere invitata a parlare con tanto di microfono. Chi vi sembra essere più bisognoso di tutela? Se il potere impedisce alla gente di protestare compie un grave sopruso. Se i contestatori impediscono di fatto a un ministro di presentare un suo libro (marketing?) esercitano un loro diritto. Ma senza violare la legge, ovviamente. E questo aldilà del merito, ossia la questione dell’utero in affitto, che non è affatto scontata e richiede approfondimento e confronto dialettico.
Da una ministra non ci si aspetta che gridi alla democrazia violata se non è riuscita a parlare, perché suona tanto come una minaccia di repressione. Ci si aspetta invece che colga la necessità di ulteriore confronto, che cerchi di cogliere gli umori del Paese, che faccia sintesi. E poi che prenda le sue decisioni esponendosi magari alla contestazione e affrontando a tempo debito il giudizio degli elettori. Con serenità.
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Intanto le contestatrici si sono beccate l’inchiesta per violenza privata da parte della magistratura, pur non essendoci stata nessuna violenza, così come anni addietro furono inquisiti per lo stesso motivi alcuni contestatori di Fassino, sempre a Torino. Il fatto è che va rivisto e ripensato il concetto di democrazia, che nessuno -da Platone a Norberto Bobbio- è mai riuscito a decrivere compiutamente. Invece di brandire ad ogni piè sospinto e per opposte ragioni questa parola, si dovrebbe cominciare ad ammettere che la cosiddetta democrazia rappresentativa è alle corde, trasformata -e non da ora- in oligarchia prima solo ipocrita, adesso sempre più sfacciata e arrogante. Apparentemente figlia dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese, la sedicente democrazia -che non ci facciamo scrupolo di esportare a suon di armi in Paesi che non ce la richiedono- è figlia della rivoluzione industriale, che aveva bisogno di cittadini, e non di servi e schiavi, per poter vendere i suoi prodotti. L’unico che ne ha parlato in modo chiaro è stato Massimo Fini, con il suo illuminante “Sudditi, Manifesto contro la Democrazia”, un libro di diverso tempo fa che è sempre più attuale. Nessuna meraviglia, quindi, che politici buoni per tutte le stagioni e per tutte le casacche, come la Roccella e tanti altri, si appellino alla democrazia allo stesso modo in cui lo fanno i loro contestatori. Credo che purtroppo il sistema, reso ancor più stupido e aspro dai media, non sia riformabile.
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