La questione iraniana è una questione globale. Provo a stendere alcune riflessioni per spiegarne l’importanza. Innanzitutto, la storia del Paese. Antichissima e segnata sempre da una ondivaga relazione culturale con l’Occidente. Senza partire dai grandi sovrani di Persia: Ciro, Dario, che renderebbe questo articolo enciclopedico. Riflettiamo sull’Iran di oggi, meglio Repubblica Islamica, la sua diaspora e la rivolta giovanile corrente.
All’incirca dieci anni fa mi trovavo a Los Angeles alla University della California, così decisi di visitare il Getty Museum. Presi un taxi ed indicai al tassista la mia destinazione. Udendo il mio accento inglese italianizzato, il tassista mi rispose in italiano. Gli chiesi allora dove avesse imparato la nostra lingua. Mi disse che aveva soggiornato tre anni a Firenze post rivoluzione Khomeinista [1979] che aveva portato alla cacciata dello Scià Reza Pahlavi, prima di approdare negli USA. E lui era solo uno delle centinaia di migliaia di esuli iraniani parte della grande diaspora iraniana post 1979. Esistono comunità iraniane a Los Angeles, New York, Chicago. Una grande diaspora che ha contribuito non poco all’economia americana e che sogna un ritorno dell’Iran alla Democrazia. Insomma, la cacciata degli Ayatollah.
L’Italia, d’altro canto, vanta una lunga tradizione diplomatica e commerciale con l’Iran. Industrie italiane hanno contribuito non poco alla costruzione di infrastrutture nel Paese, già dai tempi di Reza Pahlavi. Enrico Mattei a capo dell’ENI avviò contatti con i governanti iraniani per assicurare all’Italia un approvvigionamento petrolifero necessario al Paese [siamo negli anni 50 del secolo scorso]. Insomma, i legami politici e commerciali tra l’Italia e l’Iran sono di lunga data. Rimane un tassello fondamentale, che ho scoperto qui negli USA, parlando con diversi esuli iraniani. La loro passione per la moda e l’Italian Life Style è enorme. Va sotto il nome di soft diplomacy o cultural diplomacy. Potente arma culturale per scardinare mentalità e angoli visuali. E qui il nostro Paese, l’Italia, non può sottrarsi a sostenere la causa dei giovani iraniani.
Chiedono diritti civili, libertà di coltivare le loro passioni culturali. Sono istanze semplici, ma potenti che erodono pian piano il potere degli Ayatollah. Scardineranno il regime? Difficile prevederlo. Certamente la protesta dei giovani iraniani sta infiammando il dibattito politico globale, senza escludere la guerra in corso in Ucraina. Gli scenari sono aperti. Gli Ayatollah sono sostenuti e cercano la sponda politica e militare Russa, per far fronte al grande Satana dell’Occidente. La partita è aperta e sarà lunga. Si combatterà sui social media, nelle piazze e nelle sedi politiche internazionali. I diritti umani sono inalienabili in Oriente come in Occidente. Sul loro rispetto ed enforcement l’Occidente gioca la sua partita globale. Non significa esportare la Democrazia, ma rispettare e dare dignità sociale e politica ad ogni essere umano.