Milano, per vocazione e narrazione, è una città proiettata verso il futuro. Ed il futuro dell’epidemia si chiama trasporto pubblico alla ripartenza. Ovvero, cosa succederà quando si riapriranno le porte e saremo catapultati di nuovo nel mondo? La prima cosa, pensano a Palazzo Marino, ed hanno probabilmente ragione, sarà salire in metropolitana. Il che è normale, dopotutto. Ma anche molto rischioso se fatto tutti assieme e senza distanziamento sociale. Quindi, ci sono quattro problemi da affrontare:
- Dove far fare la fila alle persone
- Come calcolare quanti ne possono entrare
- Come gestire il viaggio dentro la metropolitana
- Come controllare che vada tutto bene
Secondo indiscrezioni di Repubblica, il luogo in cui si faranno attendere le persone saranno i mezzanini. È una soluzione che presenta diversi vantaggi: possono essere calcolate facilmente le persone in entrata, quelle in uscita e quindi gestiti in sicurezza i numeri. I mezzanini, però, sono piccoli. Si rischiano file molto lunghe, anche all’aperto. E, se questo è positivo per evitare concentrazioni al chiuso, bisogna anche valutare che andiamo verso un’estate che si preannuncia, statistiche alla mano, calda. Gli anziani al sole per decine di minuti sono un rischio in sé. Se poi ci fossero molte giornate di pioggia, come lo scorso maggio, la cosa sarebbe disastrosa. Insomma, andrà studiata.
Il calcolo dei passeggeri è interessante. C’è abbastanza tempo tra una fermata e l’altra per sapere in quanti sono usciti dalla metropolitana? Questa domanda vale soprattutto per la metro Rossa, che in centro impiega davvero pochi minuti tra una fermata e l’altra. Se la risposta, malauguratamente fosse no, i primi giorni rischierebbero di essere un incubo. Perché i primi? Perché dopo potrei avere una media attendibile. Mancano ancora diverse settimane, quindi non ci fasciamo la testa, però il problema è affascinante.
Dentro la metropolitana, probabilmente, ci saranno a terra segni che indicano dove stare per rispettare le distanze di sicurezza. E più personale viaggiante. Questo, di certo, potrebbe far finire la piaga dei saltatori di tornelli. Quindi è doppiamente positivo. Anche se non dobbiamo dimenticare che i problemi che c’erano prima (scarsi o nulli poteri per il personale MM, difficoltà di gestione dei casi conflittuali e problemi con alcune categorie di passeggeri) non sono spariti. Esistono ancora, ma non li vediamo, con un crollo del 95% dei passeggeri. E risolverli sarà ancora più importante, se possibile.
Il tema del controllo nei punti di coda sarà vitale. Ricordiamo che tutte le entrate in metropolitana sono anche uscite. E non possono essere ostruite, per ragioni di sicurezza. Quindi qualcuno dovrà controllare che le file siano disciplinate. Inoltre, all’ora di punta, la fila sarà kilometrica. Per cui bisognerà gestire anche la rabbia della gente, soprattutto in caso di pioggia. Tutto richiede personale operativo. Ne abbiamo a sufficienza? Quello che manca, di sicuro, sono i soldi. Quindi dovremo farceli bastare, con tutta probabilità.
Alcune considerazioni finali. Alcuni degli elementi meno prevedibili, che più rendono affascinante la gestione del ritorno alla normalità, è capire quanto questa epidemia avrà davvero impattato sulle nostre abitudini. Prendiamo un esempio pratico. Quanti posti di lavoro saranno ancora in smart working quando inizierà la fase 2? Quanti impiegati non si muoveranno da casa, pur riprendendo a produrre? Riapriranno le scuole? Sono domande non scontate a cui nessuno ha una risposta, buona o meno che sia, per ora.
E poi, poi c’è l’elefante nella stanza. La metro di Milano era, in moltissimi momenti, congestionata. Lo era costitutivamente. Era assai difficile trovare momenti quieti. Basterà il telelavoro ad impedire che quella congestione si trasferisca dai vagoni ai mezzanini e poi fuori, nelle strade della metropoli? Vedremo. Di sicuro, ci perdonerà il lettore, ma scrivere del dopo sulla redazione Milanese ha avuto un effetto elettrizzante. È stata una piacevole evasione che speriamo coinvolga anche voi, amici lettori. Perché vuol dire che, dopotutto, nonostante tutto, un dopo ci attende. Ed è una certezza a tratti esaltante, non trovate?