L’Autore è Direttore Generale di Arpa Campania.
Le tradizionali cerimonie di apertura degli anni giudiziari, tra gennaio e febbraio, oltre a costituire un momento rituale – più o meno solenne ed autorevolmente partecipato – rappresentano anche stimolanti occasioni di approfondimento, aggiornamento e dibattito su questioni giuridico-normative e giurisprudenziali di notevole attualità ed interesse, non soltanto per gli addetti ai lavori ma anche per una più ampia cerchia di operatori e, talvolta, per la stessa opinione pubblica.
In particolare ha riscosso l’attenzione degli amministrativisti l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale amministrativo regionale della Campania, il 20 febbraio scorso ad oltre cinquant’anni dalla sua istituzione, presso la sala Filangieri del Palazzo Pierce – Ex hotel De Londres di Piazza Municipio, aperta dall’articolata e vivace relazione del Presidente Vincenzo Salamone ricca, come lo scorso anno, di spunti di riflessione vivaci ed innovativi.
Il Presidente si è soffermato, in modo sintetico ma incisivo, sugli aspetti salienti dell’anno trascorso, dalle straordinarie potenzialità offerte dal processo amministrativo telematico introdotto nel 2017 alle giuste cautele rispetto alle prospettive emergenti della cosiddetta “giustizia predittiva” e dell’intelligenza artificiale; dall’analisi dell’andamento del contenzioso all’ufficio del processo; dai procedimenti elettorali negli enti territoriali al principio di risultato; dalla tutela indennitaria e risarcitoria alla realizzazione degli obiettivi negli appalti pubblici, con una serie di paragrafi riepilogativi relativi alla salute, istruzione, edilizia, immigrazione, accesso documentale, sicurezza pubblica, ecc.
Tra essi meritano particolare attenzione, dal nostro punto di vista, le sintetiche considerazioni dedicate dal Presidente alla più recente giurisprudenza sull’ambiente, che si collegano alla rassegna annuale allegata contenente le massime annotate di sei sentenze emanate nel 2024 dalla V Sezione del Tar Campania (Presidente Abruzzese), le quali spaziano dai rifiuti e bonifiche al procedimento di valutazione ambientale ed alle autorizzazioni uniche sino al patrimonio storico-artistico, in aderenza a tematismi particolarmente ricorrenti nel nostro scenario territoriale.
Il Presidente Salamone si è soffermato, soprattutto, sulla recente sentenza del 30 gennaio della I sezione della Corte Europea dei diritti dell’uomo (European Court of Human Rights) su “Terra dei Fuochi”, al centro dell’attuale dibattito mediatico per la rilevanza dei vari aspetti implicati sul piano ambientale e sanitario. Essa, accogliendo un ricorso di un gruppo di cittadini, ha condannato lo Stato italiano per non aver adeguatamente protetto il diritto alla vita dei cittadini residenti nell’area campana della c.d. “Terra dei Fuochi”, contrassegnata in passato da traffici illeciti con il sistematico sversamento ed interramento abusivo di rifiuti speciali ad opera della malavita casalese, con diffusi fenomeni di combustione ed inquinamento altamente dannosi per l’ambiente.
La sentenza della CEDU di Strasburgo è fondata, sulla base del principio europeo di precauzione, sull’imputazione di fatti abbastanza risalenti nel tempo, laddove le prime preoccupanti informazioni su smaltimenti e tumulamenti illegali di rifiuti risalgono al 1988 mentre gli interventi statali si sono attivati, anche mediante legislazione speciale – dopo un lungo periodo di colpevole inerzia – soltanto dal 2013, ed assegna due anni all’Italia per attuare misure correttive di carattere risolutivo, che allo stato non sembrano di facile e rapida attuazione.
Punto di rilievo della recentissima pronuncia è costituito dalla censura della paralizzante frantumazione delle competenze concorrenti tra i diversi livelli istituzionali, laddove la Corte dei diritti stigmatizza “un problema generalizzato di coordinamento e di attribuzione delle responsabilità in materia di bonifica” dei siti contaminati, che avrebbe impedito “una risposta sistematica, coordinata e globale da parte delle autorità nell’ affrontare la situazione” con la necessaria tempestività.
La sentenza europea, di carattere soprattutto propulsivo più che sanzionatorio, obbliga oggi lo Stato ad elaborare ed attuare una strategia coordinata e globale di intervento, consolidando tra l’altro un meccanismo di informazione pubblica e monitoraggio indipendente, in cui si iscrive anche l’intensa attività tecnica svolta da Arpa Campania sui territori interessati mediante azioni ordinarie e straordinarie di controllo ed indagine ambientale. La prima risposta del Governo è per ora costituita dalla nomina di un Commissario straordinario, individuato nella figura esperta del generale dei Carabinieri forestali Giuseppe Vadalà, con pregresse esperienze commissariali in materia di discariche, la cui azione di impulso e coordinamento potrà risultare efficace se dotato delle necessarie risorse oltre che di poteri acceleratori e di semplificazione dei procedimenti e in piena collaborazione con il livello regionale.
Nella prassi del nostro ordinamento ambientale i procedimenti di bonifica sono lunghi, impegnativi e complessi, a partire dalla difficile individuazione della figura del “soggetto obbligato” responsabile degli interventi e per la diffusa problematica dei c. d. “siti orfani”, che richiedono azioni sostitutive e consistenti risorse aggiuntive.
Il Presidente Salamone richiama sul punto l’elaborazione giurisprudenziale del Tar Campano, in materia di obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati e di responsabilità (non oggettiva) del proprietario. Essa consolida il principio che, ai fini della imputazione della responsabilità soggettiva del proprietario ex art. 192 Dlgs. 152/2006, “occorre la dimostrazione del dolo (espressa volontà o assenso agevolativo del proprietario in concorso nel reato) o della colpa attiva (imprudenza, negligenza, imperizia) ovvero omissiva (mancata denuncia alle autorità del fatto) per aver tollerato l’illecito” (TAR Campania, sez. V, 25. 2. 2024, Pres. Abruzzese, est. De Vita). Tale sentenza, che ha definito un contenzioso tra la Regione proprietaria del suolo ricorrente contro una ordinanza comunale avente ad oggetto rifiuti abbandonati in via Licola Mare, ribadisce che l’obbligo di rimozione e ripristino dello stato dei luoghi grava non solo in capo a chi abbandona “sine titulo” i rifiuti ma anche sul proprietario – o titolare di altro diritto reale – a cui però “la violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa“.
Su fattispecie similare, circa il divieto di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo ed il conseguente obbligo di rimozione (di cui all’art. 192. 1 del Dlgs 152/2006) -fondato sul principio eurounionale del “chi inquina paga”- la Sezione ribadisce che “il divieto di abbandono può ritenersi violato anche dal soggetto pacificamente non proprietario del suolo, quante volte gli sia addebitabile la produzione del rifiuto” e sia cessato il titolo dello stoccaggio (Tar Campania, sez. V, 2. 2. 2024, n. 851). Il Giudice amministrativo campano ha così rigettato il ricorso di una società che gestiva un impianto di rifiuti poi dismesso contro l’ordinanza del Comune di Teano di rimozione e smaltimento da una particella di terreno ove giacevano, sentenziando l’obbligo in capo alla società stessa che aveva prodotto e deteneva i rifiuti – una volta venuto meno il titolo giustificativo dello stoccaggio provvisorio- di provvedere alla loro rimozione e smaltimento.
Una pronuncia di interessante attualità della stessa Sezione è relativa alle procedure di VIA relative a progetti attuativi del PNRR -PNIEC (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) laddove – in assenza di precisi criteri di predeterminazione di priorità – vale l’ordinario decorso dei termini di conclusione del procedimento, non essendone legittima la postergazione delle pratiche ritenute di minor rilievo, con la formazione ed integrazione del “silenzio-inadempimento” delle amministrazioni tenute ad esprimersi. Nella fattispecie il Collegio ha dichiarato illegittimo il silenzio serbato dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC presso il Ministero dell’ambiente (MASE) e dello stesso Ministero in ordine, rispettivamente, alla predisposizione della VIA ed al mancato esercizio del potere sostitutivo in relazione al rilascio della stessa nell’ambito del procedimento unico ambientale avviato dalla ricorrente per realizzare un impianto di produzione energetica da fonte solare (TAR CAMPANIA, Sez. V, 12. 6. 2024, n. 3705, Pres. Abruzzese, est. Di Vita).
Una interessante sentenza riguarda un procedimento finalizzato al rilascio di un’autorizzazione unica ambientale (AUA), in cui si inserisce anche una valutazione di compatibilità urbanistico-edilizia relativa ad un locale “silos” adibito ad attività commerciale, realizzato con altezza superiore a quella assentita dai titoli edilizi rilasciati, non risulta regolare e non legittimamente annoverabile tra i “volumi tecnici”, come definiti dall’intesa Stato-Regioni-Enti locali del 2016 per il regolamento edilizio-tipo ai sensi del DPR n. 380/2001 ( TAR Campania, V, 3. 7. 2024, n. 4099, Pres. Abruzzese).
Ulteriore recente sentenza della Sezione del Tar napoletano è la 7157 del 17. 12. 2025 (Pres. Abruzzese, est. Maffei), di rigetto del ricorso di una società operante nel recupero di rifiuti speciali non pericolosi – in un contenzioso con la Regione Campania- secondo cui la procedura semplificata finalizzata al rilascio del PAUR (provvedimento di autorizzazione unica regionale) non esclude che l’amministrazione procedente verifichi anche la compatibilità urbanistica del sito. Infatti le autorizzazioni semplificate, ai sensi dell’art. 216 del Dlgs 152/2006, riguardano “l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti” ma non anche la legittimazione degli impianti sotto il profilo edilizio, occorrendo come presupposto una valutazione della compatibilità delle condizioni tecniche ed urbanistico-ambientale del sito.
In definitiva la rassegna della giurisprudenza prodotta dal TAR Campania in materia ambientale aggiorna ed arricchisce orientamenti giurisprudenziali, interessanti per gli operatori del settore, maturati e collaudati «in corpore vivo» del complesso scenario campano, caratterizzato da significative criticità ed anche laboratorio di problematiche applicative, soprattutto in punto di bonifiche e di rifiuti.