Alcune note generali per chi non fosse pratico della materia: il numero di taxi a Milano è un oggetto cangiante. Può essere grande, può essere molto piccolo. Le tariffe possono essere molto alte o molto basse. È una materia complessa e sfaccettata. Ma di sicuro non possono essere estraniati dal passaggio alla Fase 2. Ci sono infatti tre ordini di problemi coinvolti:
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I mezzi pubblici, che sono partiti molto bene come affollamento, non rimarranno vuoti a lungo. Man mano che Milano riapre il numero di persone cesserà di essere maneggevole.
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Il Centro non rimarrà aperto in eterno alle auto private. Non è nelle intenzioni della Giunta, non è politicamente una opzione. Questo pone un problema di accessibilità non da poco.
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Lo strumento delle licenze e dei prezzi bloccati rende estremamente complesso tarare la questione: senza il mercato a fissare i prezzi, si rischiano due fenomeni: la scarsità dei mezzi o il crollo degli introiti.
Questi i problemi di base. Nello scenario c’è, poi, un convitato di pietra: il Comune potrebbe a breve mettere sul mercato 400 licenze. I tassisti sono stati sempre contrari, anche quando i taxi mancavano, all’apice del boom turistico. E così, all’inizio della Fase 2 è partita una riflessione, condivisa da Repubblica e dal Giorno sulle lunghe code nei posteggi. Una riflessione che non appare casuale e di sicuro è molto ben informata. In sintesi, si dice, qua non si lavora. Repubblica propone uno scambio: sospendere le nuove licenze in cambio di uno sconto.
Il problema non è semplice e la proposta, pur del tutto ragionevole, ha dei problemi. Prima di tutto, i tassisti hanno ragione su un punto: in periodo di crisi inserire 400 concorrenti in un mercato che riprenderà con molta lentezza e non è detto riparta ai ritmi di prima, non è una scelta facile. Dall’altra c’è l’altrettanto fondata preoccupazione di Palazzo Marino. Siccome la riapertura avverrà a scaloni, quando si riaprirà il movimento interregionale cosa succederà della viabilità Milanese?
Immaginatevi il lunedì mattina (18 maggio? 1 giugno?) in cui gli Italiani torneranno a cercare fortuna a Milano. Abbiamo già visto che la metropolitana più di tanto non può reggere. E sappiamo che il viaggiatore per lavoro il trasporto pubblico su gomma lo considera poco. Cosa succederà senza un robusto apparato di taxi? Il finimondo. Aggiungeteci che a quel punto sarà troppo tardi per intervenire, visti i tempi tecnici, la situazione appare come detto complessa.
Ecco, quindi il cuore del problema: ci vorrebbe un accordo. Che poi è anche il vero punto sollevato da Repubblica, in cui si decida se e quante licenze mettere sul piatto. E di quanto, in vista della crisi economica post Covid ridurre le tariffe. Perché, è bene ricordarlo, le tariffe non le fanno i tassisti, ma il Comune. Il quale è impensabile non intervenga, su prezzi pensati per un altro periodo economico e causa, almeno in parte, di quelle lunghe file di mezzi fermi. Riduzione che, andando fatta dal vertice, gli operatori economici si stanno preoccupando non divenga eccessiva.
In definitiva, bisogna rendere più accessibile il servizio, renderlo più flessibile e prepararsi a navigare a vista per tempi molto difficili davanti. Il tutto con uno strumento vecchio, farraginoso e difficile da guidare anche nei tempi migliori. Figuriamoci ora. Quindi un accordo probabilmente, arriverà, ma non sarà indolore: una riduzione dei prezzi è molto probabile. Le nuove licenze invece è molto improbabile. Era una battaglia che i tassisti stavano per vincere prima del Covid, figuriamoci ora.
Di quanto si ridurranno i prezzi è impossibile saperlo, ma il 10% ipotizzato da Repubblica non appare lunare. In caso di improvvisa impennata della domanda si può sempre aumentare l’afflusso nei punti nevralgici, sacrificando la periferia. Sperando che, a noi sempliciotti ai confini di Milano, non venga in mente di tornare a vedere il Duomo come veri signori, in taxi. Primo, non ci si addice. Secondo, stare a casa è importante. Terzo, ma non lo dirà mai nessuno, roviniamo la coreografia.