Il 25 novembre di ogni anno si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La donna, un essere speciale che molte volte si trova a vivere varie e tristi situazioni: il lavoro, lo sfruttamento, gli incidenti sul lavoro, la disoccupazione, il precariato, la violenza, la crisi. Il 3 settembre 1981 entrava in vigore la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro la donna (CEDAW), contenente i principali diritti civili, politici, sociali, economici e culturali, declinandoli al femminile. Ancora oggi le donne sono vittime di disparità e ingiustizie. La donna vive una felicità che le è stata rubata, fatta a pezzi, calpestata. La vita le dà poco e quel poco se lo deve conquistare, tanto da farla crescere in fretta.
E’ un compito difficile il proteggere senza discriminare. Lei deve essere pensata come un motore di cambiamento per migliorare le tutele e la prevenzione e superare gli attuali ostacoli culturali, e non come un simbolo di produzione aggiunto. Una donna impara subito che il lavoro fa l’uomo, che senza non si può stare, non si deve. Solo negli ultimi quarant’anni vi è stata una crescita costante dell’occupazione femminile, interrotta soltanto dai periodi di crisi. Dalla fine degli anni ‘70 ad oggi il tasso di occupazione è passato dal 33,5% al 48,1%. Con le recenti crisi, esso è sceso e nel 2008 si è assestato al 47,6%. In Italia, secondo i dati Istat, hanno il diploma quasi 2 donne su 3: il 64,5% del totale; rispetto agli uomini, che si assesta al 59,8%. Il livello di istruzione femminile è sensibilmente maggiore di quello maschile: le donne laureate sono il 22,4% a differenza del 16,8% degli uomini; un vantaggio femminile più marcato rispetto alla media europea.
Tuttavia, oggi, nonostante il generale miglioramento del tasso di occupazione femminile (56,1%), permangono, nel nostro Paese, profonde differenze riguardo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rispetto agli uomini (76,8%).
La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace. Il contrasto alle diseguaglianze è tra gli obiettivi prioritari dell’Agenda 2030, che delinea uno stretto collegamento tra empowerment delle donne e sviluppo sostenibile e raccomanda un approccio per genere, generazione, territorio e origine etnica, trasversale a tutti gli obiettivi fissati per orientare le politiche e le strategie definite dall’Agenda stessa. Il Dipartimento per le pari opportunità ha da tempo avviato, anche in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, iniziative volte a promuovere le pari opportunità e a contrastare gli stereotipi di genere nei percorsi scolastici. Per combattere lo stereotipo della presunta scarsa attitudine delle studentesse verso le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), è nata Scientix, la community europea che promuove la collaborazione tra insegnanti, ricercatori, decisori politici e professionisti che si occupano di educazione alle STEM; il progetto, coordinato da European Schoolnet con il supporto economico del programma quadro Horizon 2020, ha attivato anche una rete di Punti di Contatto Nazionali che operano a livello nazionale e locale e che in Italia è stata affidata all’Indire. Anche in questo caso, la diffusione delle iniziative indicate, deve essere capillare per valorizzare le tematiche sulle differenze di genere, per mettere in risalto il contributo delle donne in tutte le discipline e per superare gli stereotipi sessisti. Maria Montessori è un esempio di tutto questo, una donna straordinaria, una grande scienziata vissuta all’inizio del Novecento, che con il suo insegnamento ha rivoluzionato la pedagogia. Un modo nuovo di fare scuola con al centro le bambine e i bambini accompagnati dalla creatività, dalla libertà e dalla disciplina. Idee senza tempo, tuttora funzionanti e riconosciute in tutto il mondo, un metodo ancora validissimo, per l’approccio educativo, per l’autonomia e l’autoregolazione.
Da sempre le donne sono state le protagoniste della nostra storia, deportate nei lager, quasi la metà non fece più ritorno e per i sopravvissuti, e per i loro familiari, la vita non fu più la stessa. Madri, mogli, sorelle e figlie, dopo l’arresto dei propri uomini, si ritrovarono improvvisamente a gestire, da sole, un quotidiano di fame e miseria, un isolamento sociale, in cui la vita si dibatteva tra silenzio e umili lavori. Oggi la società si manifesta nella forma della cultura, in un insieme di comportamenti e modi di pensare comuni, che sono in continua evoluzione. Se non vi fossero differenze anche biologiche tra le singole persone, uomini e donne, che li spingono a ricercare, a scoprire e a creare autonomamente, la società non sarebbe mai cambiata. Essa di certo accetta con fatica i cambiamenti, è un insieme di interdipendenze, di condizionamenti, di incompatibilità, all’interno del quale operano uomini e donne con proprie caratteristiche.
Dal settimo rapporto Eures si evince che una donna, ogni tre giorni, è stata vittima di femminicidio. La scommessa è quella di prevenire forme gravi di maltrattamento familiare, con l’implementazione di una strategia unitaria, partecipata e multidimensionale.
Tutto questo non è facile perché le donne, seppure tendono ad essere forti, sognano che le cose, forse, si possano cambiare, hanno il coraggio, raro, di dire no.