Acronimi nel mondo della scuola: ne abbiamo sentiti tanti. Da qualche tempo circolano Stem e Steam. Il primo termine è composto dalle iniziali delle discipline Science, Technology, Engineering and Mathematics (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), nel secondo si aggiunge Arte (con musica e scrittura). Si tratta di un approccio educativo che si propone di integrare, tra loro e con l’arte, discipline scientifiche essenziali nella società tecnologica in cui viviamo. Il loro insegnamento complementare appare di particolare rilevanza.
Tuttavia, chi ha attraversato il mondo della scuola ricorderà la progettualità interdisciplinare e/o multidisciplinare, la programmazione per nodi concettuali… La scuola ha sempre tentato di superare le paratie rappresentate dalle discipline per una formazione che abilitasse gli studenti ad apprendere ed utilizzare strumenti da applicare in qualunque campo esperienziale.
Oggi in una realtà ipertecnologica, in cui i linguaggi sono sempre più quantitativi (chi di noi, durante la pandemia, non si è servito, per esempio, di statistiche) il problema della didattica delle Stem è sempre più urgente. All’annosa problematica della difficoltà non solo di apprendimento ma soprattutto di affezione e passione per le discipline scientifiche si aggiunge la consapevolezza di un ulteriore e ben più grave limite.
Fino agli anni ’60, fino alla presa di coscienza del femminismo attivo, si diceva che le donne non fossero tagliate per la matematica, che l’animo femminile incline a dare attenzione alle persone era più adatto a studi umanistici. Oggi, in cui finalmente è chiaro che l’inclusione e la parità di genere sono obiettivi senza i quali la società tutta non procede, si cerca di porre rimedio alla disparità di genere intervenendo e sollecitando le bambine ad un diverso approccio alla cultura scientifica.
Secondo uno studio dell’ istituto americano Allen Institute for Artificial Intelligence del 2019, se non cambierà nulla rispetto alla situazione attuale, la parità di genere nell’informatica si raggiungerà tra 118 anni, mentre la parità del numero di pubblicazioni in ambito scientifico arriverà solo nel 2137. Nei test invalsi il gender gap in matematica inizia già alla scuola primaria, per poi non colmarsi mai più.
Da cosa partire? Dalla consapevolezza che le discipline STEM vengono utilizzate nella vita di tutti i giorni anche per le cose più banali: quantità, numeri, dimensioni fanno parte delle abitudini della quotidianità. Bisogna allenare la mente dei più piccoli a cogliere tali aspetti. Includere tutti nel linguaggio quantitativo significa rafforzare le capacità di analisi e spirito critico e poter dare a bambini che diventeranno adulti degli strumenti per esercitare una cittadinanza consapevole. La matematica serve anche per la tenuta della democrazia (Ersilia Vaudo Scarpetta, astrofisica). Questo significa che non solo la scuola ma soprattutto la famiglia nei primi anni di vita dei figli deve evitare di cadere negli stereotipi di genere, anche nella scelta dei giocattoli o dei libri da leggere. Chi si sente inadeguato rispetto al linguaggio quantitativo sarà più incline a delegare ragionamenti complessi, a diffidare dell’opinione degli esperti, a dubitare della scienza.
Coltiviamo dunque la curiosità di sapere il perché delle cose e non accettiamo mai considerazioni del tipo: non è portata/o per le materie scientifiche. Il sapere scientifico non è un affare da specialisti, ma anche e soprattutto di genitori consapevoli.