L’Autore è stato Primo ministro della Romania, guidando il governo provvisorio nato dalla rivoluzione del 1989 e segnato dai noti “aspetti controversi”. Ingegnere e docente universitario, durante la sua carriera politica ha ricoperto svariati incarichi parlamentari e di governo.
Nell’ultimo decennio le profonde trasformazioni in tutta la più ampia regione mediterranea hanno creato nuove sfide che si sono aggiunte alle vecchie crisi. Quattro fattori sembrano permanenti, e sono presenti ancora oggi:
- l’antico confronto tra mondo cristiano e islam;
- la situazione particolare dello Stato ebraico nei conflitti con i popoli ed i paesi vicini;
- il forte squilibrio tra i paesi europei avanzati (il nord) e il mondo in via di sviluppo (il sud);
- il fattore demografico, con la crescita galoppante al Sud e la stagnazione, o addirittura la diminuzione, della popolazione al Nord.
La natura essenziale di una crisi è l’incertezza. Il grande problema del passato, di oggi e di domani nel cosiddetto Terzo Mondo “è creare una civiltà di massa di alta qualità”, affermava nel 1963 il grande storico francese Fernand Braudel, che ha lanciato un avvertimento vero oggi come allora: “Se l’umanità non si sforza di porre rimedio a queste vaste disuguaglianze, potrebbe porre fine alla civiltà”.
Le crescenti vulnerabilità nella regione sono affermate da solidi lavori scientifici. Innanzitutto, la regione mediterranea si sta riscaldando del 20% più velocemente della media globale. Questo la rende uno degli hotspot del mondo. Le interconnessioni tra cambiamento climatico e migrazione da un lato e sicurezza e stabilità dall’altro stanno assumendo forme sempre più aggressive.
La migrazione economica e i rifugiati in fuga da guerre e conflitti violenti vedranno anche l’emergere di migrazioni climatiche e di esodi da eventi bellici. Secondo un rapporto della Banca Mondiale del 2018, “il peggioramento degli impatti del cambiamento climatico in tre regioni densamente popolate del mondo potrebbe vedere oltre 140 milioni di persone muoversi all’interno dei confini dei loro paesi entro il 2050, creando una crisi umana e minacciando il processo di sviluppo”.
In secondo luogo, il fatto che quasi il 50% dell’attuale popolazione africana abbia meno di 18 anni è il risultato di una tendenza che mostra che entro il 2030 la popolazione africana al di sotto dei 18 anni crescerà di 170 milioni.
In terzo luogo, la disoccupazione giovanile oggi nel mondo arabo è del 27%. Non può che peggiorare entro il 2030. Entro il 2050 si stima che il 40% dei giovani sotto i 15 anni nel mondo vivrà in Africa.
In quarto luogo, la regione mediterranea è soggetta ad un intenso stress idrico, concentrando quasi il 60% della popolazione mondiale cosiddetta “povera d’acqua”. Oggi 180 milioni di persone del Mediterraneo hanno accesso a meno di 1.000 metri cubi di acqua all’anno, ben al di sotto della media mondiale (lo stress idrico parte da 1.700 m3/anno/capite). “Lo stress idrico è la più grande crisi di cui nessuno parla. Le sue conseguenze sono l’insicurezza alimentare, i conflitti e le migrazioni e l’instabilità finanziaria”, ha dichiarato Andrew Steer, presidente del World Resources Institute, nel 2019.
L’Euro-Mediterraneo è una delle regioni meno integrate del mondo. Non ci sono linee di confine chiare e strategie politico-militari coerenti. Una forma frammentata della regione è il risultato del contesto di competizione globale, che riflette diversi interessi a diversi livelli: nazionale, regionale e internazionale. Sta emergendo chiaramente un mutevole equilibrio di potere per l’intera regione.
Nuove zone economiche esclusive, salvaguardia della sicurezza dei trasporti tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano, interessi geopolitici conflittuali (Israele, Egitto e monarchie del Golfo contro asse Turchia-Qatar, o alleanza economica Turchia contro Egitto-Grecia) e, naturalmente, i grandi player internazionali (Stati Uniti, Cina e Russia) stanno definendo con forza questa nuova realtà.
La Nuova Agenda dell’Unione Europea 2021 per il Mediterraneo indica chiaramente la consapevolezza dell’urgenza di far fronte a queste molteplici sfide e minacce. In tale direzione ”nell’ambito del nuovo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale dell’UE, alla sua attuazione verrebbero stanziati fino a 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, che potrebbero mobilitare fino a 30 miliardi di investimenti pubblici e privati nella regione nel prossimo decennio”.
Tuttavia, la definizione delle urgenze della regione euromediterranea è lungi dall’essere completa, se non include come priorità il complesso rapporto con l’Africa. Non possiamo aspettarci di risolvere la crescente pressione dal Sud verso il Nord semplicemente mettendo da parte le vulnerabilità cruciali sopra delineate.
L’Europa non può costruire un muro sul Mar Mediterraneo per fermare la migrazione. L’Africa ha bisogno dell’Europa tanto quanto l’Europa ha bisogno dell’Africa. La regione mediterranea è la zona di incontro nella relazione Nord-Sud e la zona di confronto della relazione Est-Ovest. Ciò che serve è un quadro integrato della regione mediterranea. E raggiungerlo include un approccio sensibile alla geografia, ovvero concentrarsi sull’Africa. Ora, l’attenzione sull’Africa dovrebbe trasformarsi da verità scontata in realtà palpitante.
I temi principali dell’età contemporanea, per tanto tempo trattati con politiche superficiali e deboli, sono:
- lo sviluppo umano in Africa, compresa la questione estremamente complessa di iniziare a sviluppare seriamente il buon governo in un quadro molto frammentato, etnologicamente e culturalmente;
- la resilienza nell’affrontare il clima e le pressioni idriche; l’esempio dei costanti sforzi del Marocco per sviluppare le fonti di energia rinnovabile è notevole;
- le minacce alla sicurezza e violenti scontri etnici che, inevitabilmente, suscitano tensioni internazionali e vaste apprensioni circa le possibili ondate di profughi;
- le migrazioni generate dal lentissimo sviluppo umano e dalla situazione disperata di molti milioni di giovani senza alcuna speranza positiva e stabile per il loro futuro.
Ognuna di queste politiche è essenziale di per sé ed indispensabile nelle relazioni con le altre: non gestire questa complessità sarebbe controproducente. La cooperazione tra un’Europa che interpreti finalmente una matura consapevolezza ed un’Africa che ha grande bisogno di sviluppo umano è l’unica soluzione possibile. Il coordinamento è l’urgenza.
Traduzione di Pietro Spirito