Se al macinare chilometri lungo la California si vuol dare la dignità di un viaggio e non di una ordinaria vacanza, non ci si può fermare all’affascinante contrasto, davvero difficile da comprendere, che è San Francisco. Prima di raggiungere la sfavillante Las Vegas bisogna spingersi nelle pieghe del territorio naturale della West Coast passando dalla metropoli agli immensi parchi naturali, dalla civiltà evoluta e tecnologica alla natura immensa e straripante. Tra i grandi parchi naturali americani, il più vicino a San Francisco è anche uno dei più famosi di tutto il West: lo Yosemite National Park, anche se “vicino”, negli States è un concetto relativo, parliamo di oltre 300 km!
Al primo ingresso nella valle, all’improvviso ti trovi davanti El Capitan, dove il sole illumina un monolito di granito alto quasi mille metri dalla parete liscissima, pare sia una mecca per arrampicatori impavidi. Non si può che restare incantati a guardare questa roccia che emana una potenza quasi magnetica e sentirsi così piccoli. Non so se è il caso di scomodare quel “sublime” di europea memoria, ma qualcosa di simile viene in mente.
Le pareti in granito dello Yosemite si possono vedere anche sdraiati su un’imbarcazione gonfiabile che galleggia dolcemente lungo il fiume Merced. Oppure passeggiando fino alle Yosemite Falls, cascate altissime che in estate sono al minimo, ma in primavera tumultuose. Il paesaggio, a voler semplificare un po’, può ricordare quello dolomitico, ma l’impatto è senza uguali e irripetibile, come ogni elemento naturale in questa parte del mondo.
Tutto il parco dello Yosemite offre ovunque dei posti stupendi in cui inoltrarsi per fare trekking a contatto quasi diretto con la fauna, che si mostra a suo agio con l’uomo, a parte l’orso bruno, che qui ha il suo habitat ma è meglio non incontrare. Per scaramanzia ho evitato di leggere le istruzioni sul da farsi nel caso di incontro ravvicinato col bestione. Davvero possono servire? E poi? Poi ancora torrenti cristallini, prati, laghi, alberi di sequoia, rupi e scoiattoli. È un percorso lungo e faticoso, ma vale ogni passo.
Se c’è qualcosa nel suolo della California che invece non somiglia a niente mai visto prima di questa estate americana è la Death Valley. Il nome, “Valle della Morte”, se l’è guadagnato perché il clima è impossibile, la temperatura d’estate supera i 50° e la siccità uccide ogni forma vivente. Sopravvivere in questo luogo, ai tempi in cui non c’erano automobili né strade, era un vero miracolo. Un territorio arido e desertico, è così particolare che sembra di essere sbarcati su un altro pianeta.
Mentre si scende dalle foreste californiane si guida per miglia e miglia, il panorama cambia completamente e ci si rende conto che si sta andando incontro a qualcosa di estremo. La strada diventa un lungo rettilineo nel mezzo del nulla, ai lati della strada niente, né alberi, ne case o villaggi, nessuna fattoria, solo immense distese di roccia color ruggine a calamitare lo sguardo e il caldo infernale che sale invece di scendere. Alle nove di sera il termometro segnava 47 gradi e non si vedeva l’ombra del resort dove alloggiare, il navigatore non dava più segnali se non frasi sconnesse e arrivi a destinazioni inesistenti. Frangenti in cui l’adrenalina sale, le sicurezze sbiadiscono e si fa spazio qualcosa di nuovo che il deserto annuncia: un’idea bizzarra di vuoto e asciutto, di ripulito e sanificato. Poi, il resort appare ed è davvero un’oasi di luci e palme, fontane zampillanti e piscina fresca, ristoranti e tanta aria condizionata.
Bisogna alzarsi di buon mattino, ma è l’alba il momento migliore per girare in macchina nella valle e godere di paesaggi mozzafiato e variopinti, primo fra tutti Zabriskie Point. Si può scendere e ammirare un panorama composto da colline striate color ocra, terra bruciata e bianco, surreale e molto suggestivo, talmente suggestivo da offrire lo sfondo a Michelangelo Antonioni per l’omonimo film-capolavoro del 1970. Il giro più emozionante resta quello della distesa di sale di Badwater Basin, grande letto di un lago preistorico, oggi essiccato. Una passerella di legno permette l’accesso alla piana salina, inizialmente mischiata a sedimenti di terra. Pochi metri più in là e già si cammina sulle abbaglianti piastre di sale bianchissimo. Quando poggi il piede senti il calore arrivare dal terreno, è il punto più rovente, e più basso, del Nord America: il Badwater Basin si trova infatti a 85 metri sotto il livello del mare. Un luogo di estremi assoluti e di una bellezza selvaggia unica al mondo che lascia davvero senza parole.