Si parla in questi giorni della possibilità di concedere a varie categorie di operatori commerciali più spazio all’aperto per le loro attività.
Un ristorante, ad esempio, che a causa delle nuove regole sul distanziamento sociale dovrà fortemente ridurre il numero dei coperti, probabilmente oltre il 65%, potrà occupare spazio pubblico esterno per compensare la perdita produttiva. Evidentemente a costo zero.
Un lido turistico, analogamente, potrebbe beneficiare di un allargamento degli spazi concessi acquisendo tratti di spiaggia libera.
Sembrano previsioni di buon senso, se provvisorie, per aiutare la ripresa. Ma non tutti sono d’accordo a prescindere.
Italia Nostra, la nota Associazione ambientalista, chiede che non vengano superati “i vincoli monumentali fissati dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio sugli spazi pubblici aperti e le bellezze artistiche dei nostri centri storici”.
Sul fronte lidi, invece, è decisamente contraria. “Non è ammissibile sottrarre alla pubblica fruizione gli ormai già rari episodi di spiagge libere oggi ancora esistenti sulle coste della Nazione, concedendole ai concessionari privati, a totale discapito delle fasce deboli della popolazione che non vedrebbero più alcuna alternativa alla rinuncia al mare”.
Quindi scomoda la Costituzione. Che di questi tempi è stata già variamente calpestata. O meglio, la nostra norma costituzionale detta dei principi e poi lascia che sia la legge ordinaria a fissarne i reali confini. Speriamo che il legislatore riesca a fare una sintesi degli interessi in gioco pragmaticamente sensata.