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Insufficienti le risorse destinate alle Agenzie Ambientali

by Stefano Sorvino
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L’Autore è Direttore Generale dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Campania

Le diciannove Agenzie Regionali, le due provinciali del Trentino – Alto Adige e l’Ispra sono sempre più connesse nella rete ormai fitta e coesa del Sistema nazionale per la protezione ambientale (SNPA), sia a livello di direttori generali che ne compongono il consiglio, che delle loro strutture in costante confronto su tutte le tematiche gestionali e tecniche di comune interesse.

Il tema oggi centrale è quello della ormai definita configurazione dei LEPTA, equivalenti ai Lea sanitari, come livello minimo di prestazioni di tutela da garantire su tutto il territorio nazionale – integrabili con livelli maggiori o ambiti di azione più estesi per singole regioni, declinando così la peculiarità delle sfide territoriali – ma, soprattutto, la questione essenziale è quella della congruità delle fonti di finanziamento rispetto ai sempre crescenti fabbisogni di attività e di intervento, richiesti dalle normative e definiti dagli atti di programmazione delle stesse Agenzie.

Dalla provvista di risorse finanziarie dipende sia il reclutamento del personale (soprattutto tecnico), occorrente per far fronte alle scoperture e ringiovanire le risorse umane delle Agenzie, sia l’attivazione dei necessari investimenti per il breve e medio periodo, elementi entrambi improrogabili – ai fini della dignitosa sopravvivenza – dopo un lungo periodo di blocco del “turn over” e di “spending review”. In tutta Italia, pur nel confronto tra le differenti esperienze delle agenzie ambientali del Nord e del Mezzogiorno, emerge la generale criticità della problematica dei finanziamenti ai vari livelli, cruciale per il rilancio delle funzionalità delle stesse Agenzie, oggi depauperate di risorse ed oberate di responsabilità.

“Senza soldi non si cantano messe”, recita il sempre valido proverbio, probabilmente derivante dal latino e declinabile anche in napoletano (senza renare nun se cantano messe), che esprime il fatalismo e il pessimismo popolare con cui si rimarca la indispensabilità dei denari per realizzare le attività di istituto.

Come è noto le Agenzie ambientali hanno origine nel referendum dell’aprile 1993, che sancì la separazione della “costola” ambientale dal complesso del corpo sanitario, con l’obiettivo di conferire autonomia al tema della tutela ambientale che, all’interno delle vecchie Unità Sanitarie Locali, era stato fortemente sacrificato come una sorta di “Cenerentola” in posizione ancillare.

Quella riforma post-referendaria, attivata e consolidata in vari lustri sino all’ultimo riordino operato dalla legge quadro n. 132/2016, è rimasta purtroppo incompiuta e monca proprio sotto l’aspetto cruciale della mancata autonomia ed adeguatezza delle fonti di finanziamento, sia per la spesa corrente indistinta che per quella in conto capitale per investimenti in risorse strumentali e tecnologiche necessarie a sviluppare le azioni di protezione ambientale.

Il problema è genetico, anche se risulta aggravato all’attualità dall’accrescimento quali-quantitativo dei compiti delle Agenzie ambientali e dai sopravvenuti pensionamenti, ordinari ed incentivati da “quota 100”. Le risorse con cui viene garantito il funzionamento delle ARPA hanno tuttora fonte – in modo prevalente se non esclusivo – nel fondo sanitario nazionale (FSN) e, quindi, nel relativo riparto regionale. In Campania con una quota pari allo 0,53% per la spesa sanitaria indistinta (trasferita all’ARPAC per i costi di funzionamento), percentuale frutto di un apprezzabile incremento, rispetto al precedente 0,47%, disposto nel 2016 dalla giunta De Luca.

All’epoca del referendum e della successiva legge 61/94, istitutiva delle agenzie regionali, i fautori del nuovo sistema ritenevano ragionevole garantire lo stanziamento di almeno l’1% dei fondi della sanità per la funzionalità del sistema di tutela ambientale in Italia, ma ciò non è mai avvenuto ed i trasferimenti effettivi da parte delle Regioni sono rimasti molto inferiori rispetto a quella ragionevole soglia.

In effetti i contributi per il finanziamento del sistema nazionale ammontano a poco più dello 0,6% dei fondi sanitari, percentuale media variabile da regione a regione, che in Campania è attestata poco al di sotto della media nazionale (come si è detto allo 0,53%) – nonostante il recente incremento – mentre a livello nazionale si era ipotizzato un parametro indicativo da definire su base normativa almeno dello 0,8%.

Si tratta di un problema innanzitutto quantitativo, quello della sufficienza delle risorse destinate ai controlli ambientali – infinitamente inferiori ai grandi numeri della sanità – ma anche di titolarità della governance, laddove i detentori dell’attuale “borsa unica” appartengono al governo sanitario e non a quello ambientale, che allo stato non dispone di autonomia finanziaria, subendo priorità ed esigenze legittimamente diverse dalle proprie. Il tema, di carattere nazionale, si articola nella specificità di ogni regione, laddove la determinazione dell’entità delle risorse per le ARPA è rinviata annualmente alla approvazione dei singoli bilanci regionali, delle relative leggi finanziarie ed alla successiva e concreta negoziazione dei bilanci gestionali.

Quando si ipotizza la possibilità di incremento dei fondi sanitari da destinare alle agenzie ambientali emergono anche possibili rilievi sulla correttezza formale dell’imputazione alla sanità di costi sostenuti dalle stesse agenzie per finalità comunque diverse dalla erogazione dei LEA, anche se fortemente collegate agli obiettivi di prevenzione sanitaria per lo stretto e riconosciuto binomio sanità-ambiente (persino con richieste di chiarimenti formulate da alcune sezioni regionali della Corte dei Conti).

Ecco perché sarebbe opportuna la istituzione di un apposito fondo nazionale, adeguatamente dotato – ad integrazione della piccola percentuale su quello sanitario – che finanzi lo sviluppo dei livelli essenziali delle prestazioni di tutela ambientale (LEPTA), superando tra l’altro le sperequazioni tra le regioni del Nord e del Sud d’Italia e, soprattutto, consentendo il definitivo e sostanziale affrancamento del sistema ambientale dal servizio sanitario, da cui è rimasto dipendente proprio per le essenziali esigenze di approvvigionamento finanziario.

In Campania l’Agenzia soffre storicamente di una strutturale sottodotazione di risorse – che si ripercuote sia sulle carenze di personale tecnico che di investimenti in attrezzature e tecnologie – nonostante l’apprezzabile incremento della percentuale a valere sul fondo sanitario regionale disposto dall’attuale amministrazione nel 2016, che compensa però l’azzeramento (a decorrere dall’esercizio 2014) della quota di finanziamento in conto capitale a carico dell’assessorato all’ambiente.

Al di là delle maggiori uscite, sostenute per le misure di gestione dell’emergenza epidemiologica tuttora in corso, l’Agenzia ambientale campana si trova ormai si trova ormai nella improcrastinabile necessità di procedere all’ammodernamento su larga scala dei propri laboratori e macchinari, a rischio di obsolescenza e fuori esercizio rispetto agli obblighi di certificazione accreditata nel sistema qualità.

L’azzeramento degli stanziamenti per le spese di investimento risulta ormai insostenibile considerato che – nel prossimo triennio – l’aggiornamento ed il potenziamento del parco tecnologico e strumentale deve essere effettuato per consentire all’Agenzia di far fronte alle più impegnative ed articolate prestazioni di servizio inerenti l’erogazione dei LEPTA.

Sono poi da considerare, come peculiarità dell’ARPA Campania, i costi sostenuti per il funzionamento della società partecipata Multiservizi – oggi risanata con risorse proprie (e non regionali) e rifunzionalizzata, con il proprio piano industriale, nell’ambito della convenzione e delle specifiche di servizio – per il cui risanamento l’Agenzia ha beneficiato nel 2018 solo di una anticipazione. A fronte di tale anticipazione la Regione trattiene annualmente un milione e mezzo a titolo di recupero rateale, rispetto invece a circa undici milioni di euro riconosciuti all’ARPAC (con la cd “circolarizzazione”) come crediti per spese anticipate per la Regione – per progetti assegnati e realizzati dall’Agenzia – ma allo stato “congelati” e non ristorati, in quanto perenti e in attesa di reiscrizioni in bilancio.

L’Agenzia ha realizzato in questo triennio importanti recuperi crediti oltre ad un certosino risparmio con contenimento e razionalizzazione della spesa – in particolare con la diminuzione di quella per il personale – e con introiti diretti per attività svolte in conto terzi, ma i benefici sono momentanei ed occorre un decisivo incremento dei trasferimenti per riequilibrare in modo strutturale i conti della gestione.

In particolare si chiede – con un mix di misure tra loro concorrenti – l’incremento della quota di finanziamento annuale all’Agenzia a carico del fondo regionale sanitario per la spesa corrente indistinta ad almeno lo 0,60%; la liquidazione da parte della Regione dei crediti vantati e certificati in sede di consuntivo 2019 per le anticipazioni sostenute dalla stessa Agenzia e finora non ristorate; il ripristino di una significativa quota di finanziamento per investimenti a carico dell’assessorato all’ambiente; la revoca e/o l’azzeramento della trattenuta mensile sul finanziamento per anticipazione alla società partecipata ed, infine, la piena integrazione (già concretamente avviata nel 2020) dei programmi di investimento dell’Agenzia nel fondamentale circuito dei fondi comunitari e, in particolare, dei Programmi operativi regionali.

Queste esigenze obiettive e non autoreferenziali sono state esposte e rappresentate in sede nazionale da SNPA e Assoarpa e in sede regionale dalla nostra agenzia, registrandosi ampia comprensione ed attenzione degli Organi regionali alle problematiche di potenziamento dell’ARPAC, pur nel contesto attuale di stringente penuria che ha caratterizzato anche l’ultima manovra finanziaria, acuita dall’emergenza Covid-19 ed in attesa di future importanti risorse.

E’ tuttavia necessario ed auspicabile che per l’esercizio 2021, magari in sede di bilancio gestionale, si registrino concrete e fattive aperture che diano respiro alle esigenze di investimenti per il miglioramento funzionale della produzione dell’Agenzia ambientale della Campania, oberata di compiti crescenti e strategici per la tutela dell’ambiente in termini di supporto tecnico-operativo alle politiche del governo regionale.