Il Presidente dell’ACI, Antonio Coppola, ha invitato a non imputare al traffico veicolare le maggiori responsabilità per l’inquinamento cittadino ma a guardare anche alle massicce emissioni provenienti da porto e aeroporto.
Non vi è dubbio che queste rappresentino due infrastrutture di grande traffico nel cuore di Napoli, tuttavia l’inquinamento atmosferico è determinato da un insieme di concause di difficile specificazione.
Per la qualità dell’aria, si è osservata nel comune di Napoli, una riduzione delle concentrazioni di polveri sottili più marcata nelle zone collinari mentre l’inquinamento da PM10 risulta piuttosto elevato dalla zona orientale di Napoli sino all’Agro Acerrano. A Napoli ad oggi il sito con più sforamenti nel 2017 risulta quello della Ferrovia con 33 giorni oltre il limite di 50 microgrammi/metrocubo, a fronte del valore soglia annuale di 35 giorni di superamento.
Meno noto ma non trascurabile è l’inquinamento da ossidi di azoto, che costituiscono il risultato diretto della combustione, laddove per questo parametro Napoli – con le stazioni di misura del Museo Nazionale e della Ferrovia – veste purtroppo la maglia nera regionale, registrando concentrazioni medie annue nel 2015 e 2016 di oltre 50 microgrammi/metro cubo (a fronte di un limite di legge di 40).
Tuttavia, risulta ben complicato individuare e definire le fonti puntuali di inquinamento e non si possono specificare in modo scientifico le quote di emissione dei singoli fattori inquinanti.
In definitiva vi è una generale corresponsabilità ed un equilibrato concorso di fattori diffusi perchè solo nella città di Napoli censiamo oltre 500.000 singole fonti potenziali di PM10 che, fortunatamente, non emettono mai tutte assieme.
Esistono comunque approcci consolidati per la predisposizione di inventari delle emissioni, con la disponibilità di stime piuttosto affidabili su cui lavorare. Un recente studio effettuato dal CNR con il progetto “Aria sana“, ha stimato per il Comune di Napoli la seguente ripartizione dei diversi macrosettori di emissione primaria del PM10 (escluse cioè le fonti naturali ed il risollevamento di polveri dal suolo): combustione non industriale (riscaldamenti) 54%; trasporto su strada 34%; altri trasporti 8%; settore industriale 4%. Per il biossido di azoto invece il contributo prevalente è quello del traffico veicolare con circa il 60% delle emissioni, seguito dagli altri mezzi di trasporto – inclusi il traffico aereo e marittimo – con circa il 30% e dai riscaldamenti con circa il 10%.
In un’ottica di costi-benefici, circa le azioni da intraprendere, risulta fondamentale discernere i potenziali impatti dei vari provvedimenti individuando, per ciascun settore di intervento, le fonti più inquinanti su cui concentrare l’attenzione prioritaria, primo fra tutti il trasporto pubblico locale.
Ad esempio, per l’adeguamento delle tipologie di mezzi del trasporto pubblico: il cambiamento del parco autobus con veicoli Euro 5 dispiega un impatto positivo sulle emissioni da combustione; il divieto di circolazione per i Bus Euro 0 e 1 spiega un impatto positivo ma anche per certi versi negativo con un aumento dell’uso di veicoli privati; la sostituzione con linee di tram ha un impatto positivo sulle emissioni da combustione e da attrito e rotolamento.
Per i veicoli su strada, considerato che un motorino a due tempi può arrivare ad emettere PM10 più di cento auto Euro 4 a benzina, dovrebbe esserne limitato drasticamente l’uso; per i riscaldamenti domestici è da privilegiare l’opzione di isolamento passivo degli edifici. Mentre nel caso di uso di biomasse devono essere previsti sistemi di filtri adeguati e per i trasporti aerei e navali occorre intervenire sulle tipologie di carburanti e sulle rotte volte a facilitare la dispersione del percolato, elemento su cui si registra all’attualità un significativo impegno del gestore aeroportuale.
Se è legittima la riflessione del Presidente dell’ACI, bisogna riconoscere l’attenzione del gestore dell’aeroporto alle performance ambientali ed il proficuo attivismo dell’attuale Autorità portuale, impegnata in importanti progetti di trasformazione strutturale del porto di Napoli.
L’ARPAC continuerà a misurare il livello di inquinamento dell’aria garantendo sempre una informazione tempestiva ed affidabile e potenziando ulteriormente la propria già fitta rete di monitoraggio, ma le pubbliche amministrazioni devono programmare ed attuare misure combinate per ridurre l’inquinamento, anche in situazioni di emergenza,.e i comparti produttivi devono adottare le “best practices“, applicando le migliori e più avanzate tecniche disponibili per ridurre le emissioni di inquinanti.