Quando, ormai dieci anni fa, venne pubblicato “Laudato sì. Enciclica sulla cura della casa comune” di Papa Francesco, ebbi l’idea di organizzare un incontro per discutere di un argomento di cui mi occupavo da sempre – la questione ambientale – alla luce di quella che appariva come una straordinaria novità.
Oggi che Papa Francesco ci ha lasciati, ho riletto le cose che dissi in quella occasione e mi è parso di poterle riproporre come deferente memoria di una personalità che ha segnato nel profondo questo primo scorcio del XXI secolo.
L’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco è un documento di straordinaria importanza, non tanto per la natura dei temi che pone sul tappeto – che la cultura scientifica ha in gran parte già elaborato a partire dalla metà del secolo scorso – quanto per l’autorevolezza e la capacità di coinvolgimento della fonte da cui proviene.
Il tema di fondo è costituito dal rapporto uomo-ambiente, vale a dire l’intera umanità e l’intero pianeta come è detto in maniera esplicita fin dal sottotitolo: “Enciclica sulla cura della casa comune”.
Dunque l’umanità ha una casa comune di cui tutti devono prendersi cura ed è per questo che Papa Francesco dice in apertura: “In questa Enciclica mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune”.
Dalle sue riflessioni – articolate in ben 246 punti – provo ad enuclearne alcuni da tre capitoli: il primo, il quarto e il quinto.
Capitolo Primo
Quello che sta accadendo alla nostra casa comune
Dice l’Enciclica che stanno accadendo fenomeni di deterioramento dell’ambiente di portata globale e stanno accadendo con una velocità tale che il limite di non ritorno si avvicina pericolosamente:
- i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e l’inquinamento dell’aria-dell’acqua-del suolo, a causa dei quali “la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”;
- la questione dell’acqua, drammatica in Africa “dove grandi settori della popolazione non accedono all’acqua potabile sicura” e su cui nei Paesi occidentali incombe la minaccia della privatizzazione, che vuol dire trasformare un bene comune “in merce soggetta alle leggi del mercato”
- il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado sociale, particolarmente acuti in molte grandi città diventate “invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento generato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico”.
Poi un’attenzione particolare l’Enciclica dedica al tema della iniquità planetaria, mettendo in evidenza un aspetto che sembra non essere ancora penetrato a sufficienza nella coscienza collettiva, ovvero che la questione ambientale è un tutt’uno con la questione sociale: “oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre più un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente per ascoltare tanto il grido della guerra quanto il grido dei poveri”.
Infine le diverse opinioni presenti all’interno della questione ambientale fin dal suo insorgere, tra chi ritiene che le soluzioni vanno ricercate sul terreno di nuove tecnologie e chi sostiene che i problemi sono di tale portata da richiedere la definizione di una nuova etica nel rapporto uomo-ambiente.
Su questo punto dice Papa Francesco “la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione”.
Capitolo Quarto
Un’ecologia integrale
La premessa è che “oggi l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani” dal che si deduce che occorre costruire una ecologia ambientale, economica e sociale tra loro strettamente legate, con una attenzione anche alla “ecologia culturale”, perché il patrimonio storico, artistico e culturale appare fortemente a rischio, così come lo sono gli ambienti urbani sempre più degradati.
La soluzione non sta nel “creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile vivere”, ma nell’integrare “la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale”.
Una salutare lezione, direi, per architetti e urbanisti ai quali si ricorda che “non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco”.
E’ per questo che “è necessario curare gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani che accrescono il nostro senso di appartenenza, la nostra sensazione di radicamento, il nostro sentirci a casa all’interno della città che ci contiene e ci unisce.
Capitolo Quinto
Alcune linee di orientamento e di azione
Muovendo dal presupposto che a partire dalla metà del Novecento è maturata a livello mondiale una coscienza ambientale e che molte iniziative sono state intraprese per contrastare i più allarmanti problemi di deterioramento dell’ambiente, l’Enciclica indica alcune linee prioritarie di comportamento e azione a tutti i livelli:
- il “dialogo sull’ambiente nella politica internazionale”, evocando la presenza di una autorità politica mondiale;
- il “dialogo verso nuove politiche nazionali e locali”, suggerendo “forme di cooperazione e organizzazione comunitaria che difendano gli interessi dei piccoli produttori e preservino gli ecosistemi locali dalla depredazione”;
- il “dialogo e trasparenza nei processi decisionali, con un forte richiamo all’importanza degli studi preventivi d’impatto ambientale;
- la “politica ed economia in dialogo per la pienezza umana”, con una affermazione perentoria: “la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia”.
L’Enciclica è una formidabile lezione rivolta a tutti gli abitanti della casa comune ma, in modo particolare, a coloro che hanno la responsabilità di governare i grandi processi planetari che, oggi più che mai, sembrano avere perso l’orientamento se non addirittura la ragione.