Conoscere il territorio per prevenire i rischi è il titolo del webinar che si è tenuto lo scorso 7 marzo con il quale l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha presentato la terza edizione del Rapporto sul Dissesto idrogeologico in Italia: Pericolosità ed indicatori di rischio.
Anche l’edizione 2021, la terza del suo genere, vuole essere il quadro di riferimento aggiornato sulla pericolosità per frane e alluvioni, sull’erosione costiera e sugli indicatori di rischio relativi a popolazione, famiglie, edifici, imprese e beni culturali.
Il seminario online ha visto la partecipazione, tra gli altri, dello stesso presidente ISPRA, Stefano Laporta, mentre le conclusioni sono state affidate al direttore generale Alessandro Bratti. La presentazione dei dati è stata così curata dai funzionari dell’istituto: Le frane – Alessandro Trigila, Carla Iadanza; Le alluvioni – Martina Bussettini, Barbara Lastoria; L’erosione costiera – Angela Barbano.
Il primo dato che emerge è che quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Rispetto al 2017, aumenta nel 2021 la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: l’incremento sfiora rispettivamente il 4% e il 19%. Buone notizie sul fronte erosione costiera: dopo 20 anni, a fronte di numerosi interventi di protezione, i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento.
Qualche dato di ordine generale. Nel 2021, oltre 540 mila famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane mentre sono circa 3 milioni di famiglie e quasi 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio alluvione. Su un totale di oltre 14 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata superano i 565 mila (3,9%), mentre poco più di 1,5 milioni (10,7%) ricadono in aree inondabili nello scenario medio. Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84 mila con 220 mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione, sempre nello scenario medio, superano i 640 mila (13,4%). Degli oltre 213 mila beni architettonici, monumentali e archeologici, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12 mila nelle aree a pericolosità elevata; raggiungono complessivamente le 38.000 unità se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità.
Lodevole l’iniziativa di mettere on line, a disposizione di tutti, questa enorme massa di dati che sono consultabili liberamente sulla piattaforma nazionale IdroGEO (idrogeo.isprambiente.it), un’APP multilingua, open data, accessibile anche da smartphone. Sempre sul sito dell’Ispra sono presenti le mosaicature nazionali di pericolosità in open data, in particolare l’ultima arrivata (2021) ovvero quella relativa alle aree a pericolosità da frana dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI), redatti dalle Autorità di Bacino Distrettuali e, per i territori di rispettiva competenza, dalle Province Autonome di Trento e Bolzano.
Un territorio, quello italiano, naturalmente fragile dal punto di vista idrogeologico con una forte presenza antropica ed uno smisurato patrimonio artistico e culturale sul quale incombe anche lo spettro delle mutazioni climatiche in atto che interessano particolarmente, come noto, soprattutto il bacino del Mediterraneo. La necessità di un quadro conoscitivo approfondito e sempre aggiornato diviene giocoforza il punto di inizio imprescindibile di una qualsiasi politica di gestione del territorio.
Come rappresenta chiaramente il presidente Stefano Laporta nella presentazione dello studio “I dati del Rapporto rappresentano un elemento utile a supporto delle decisioni nell’ambito delle politiche di contrasto al dissesto idrogeologico, comprese quelle previste nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). In questo ambito, gli indicatori si prestano a essere utilizzati anche per il monitoraggio dell’impatto delle misure della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, Componente 4 “Tutela del Territorio e della risorsa idrica”.
Conoscenza quale strumento strategico per la mitigazione del rischio idrogeologico che consenta “…di costruire una pianificazione territoriale integrata ed efficace che alle tradizionali misure strutturali affianchi misure quali delocalizzazioni, manutenzione del territorio e delle opere di difesa, pratiche sostenibili di uso del suolo, formazione, informazione e preparazione dei soggetti competenti e della popolazione anche attraverso idonei strumenti di comunicazione e diffusione di dati e informazioni…”.
A valle di questi strumenti conoscitivi sempre più raffinati ed approfonditi, nonché democraticamente consultabili, non possiamo che augurarci l’introduzione anche di best practices nella tutela effettiva del territorio italiano distanti dai settarismi ideologici che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni di storia del Paese.