L’annunciata calura infuocata del niño comincia già a farsi sentire nella nostra penisola. E riprende, implacabile, la politica sotto gli ombrelloni. I tormentoni del momento sono: chi è più cacicco tra De Luca e la Schlein? chi tra Amadeus e Morgan è più idoneo a presentare il Festival di Sanremo? ed altre amenità. Tra le quali spicca tuttavia quella delle divisioni nella maggioranza di centrodestra che governa l’Italia.
Tra meno di un anno si voterà per il parlamento europeo e sono cominciate le trattative politiche volte a stringere intese con le forze più affini presenti in altri Paesi dell’UE. Nel parlamento europeo difatti ci si conterà sulla base della consistenza dei gruppi parlamentari transnazionali. Una formazione politica, ancorché molto forte in un Paese ma isolata in Europa, a Strasburgo conterebbe meno del due di briscola. È d’obbligo, perciò, apparentarsi con altri partiti europei.
Alcuni apparentamenti sono scontati: il Pd è già parte integrante del PSE e tale resterà; i Verdi e la Sinistra-sinistra stanno nell’EFA (Verdi-Alleanza libera europea); Forza Italia e i centristi moderati nel PPE; FdI nei conservatori e riformatori dell’ECR, schieramento in cui esprime la presidenza con la nostra Giorgia Meloni; Azione e Italia Viva saranno parte del gruppo Renew Europe.
Restano nel limbo i pentastellati, ad ora componenti del gruppo EFDD (Europe, Freedom, Direct Democracy). Pare che non si siano trovati bene e che stiano trattando con il PSE, ben referenziati all’uopo dal Pd della Schlein. Tuttavia al loro interno sono forti le tendenze isolazioniste, che spingono per non fare gruppo con alcuna famiglia politica europea, e quelle che vorrebbero continuare con l’EFDD, se riuscirà a formarsi ancora tale gruppo.
La Lega di Salvini, annusato che le esigenze di governo hanno spinto FdI verso il centro con la conseguente liberazione dello spazio politico della destra estrema – uno spazio ben consistente in Europa, specie in Francia, in Austria, in Spagna e nell’ex Germania orientale – sta stringendo i suoi legami con il RN della Le Pen in Francia e con l’AFD in Germania, i più anti-europeisti tra i partiti del continente. Per Salvini questo approccio è insieme una furbata ed una necessità politica: deve pure trovare una propria collocazione europea – ma anche italiana – distinta dalla Meloni. Se non lo facesse, o non riuscisse a trovarla, sarebbe condannato alla scomparsa dalla scena politica nel giro di pochi anni.
Le conversazioni sotto l’ombrellone quindi, alimentate dai media, vertono sui possibili scenari nei prossimi mesi. Quale risposta troverà da parte della Meloni il tentativo di Salvini di recuperare consensi pescando nell’elettorato più estremista dei FdI? E la premier potrà continuare tranquillamente a governare l’Italia con una maggioranza di cui sarà parte imprescindibile una Lega su posizioni oltranziste antieuropee? Una Lega, ancora in partnership con il partito Russia Unita, quello di Putin, e strettamente in raccordo con la Le Pen e con l’AFD, partito di simpatie neo-naziste, per capirci. Potrà la Meloni chiedere supporto all’UE per fronteggiare le migrazioni e gestire lo spaventoso debito pubblico italiano avendo nel governo ministri che spareranno a pallettoni contro la stessa UE?
Fibrillazioni dunque ce ne saranno, inutile girarci attorno, ma la sinistra non si illuda, una crisi di governo non è dietro l’angolo. Il wishful thinking è un classico della cultura della sinistra italiana, avvezza da un paio di secoli a scambiare i propri desideri con la realtà. Figuriamoci ora che non riesce a trovare il bandolo della matassa per condurre la sua battaglia di opposizione. Su piattaforme diverse e non dialoganti tra loro, le tre opposizioni – Azione/IV, Pd e M5S – danno l’impressione di stare con la bava alla bocca in attesa che la maggioranza perda la Lega e possa crearsi lo spazio per una riedizione di una qualche maggioranza di unità nazionale nella quale intrufolarsi per l’ennesima volta, pur avendo perso le elezioni. E tra di loro, le tre opposizioni già si guardano in cagnesco: se la Lega dovesse uscire dalla maggioranza, chi di loro la surrogherebbe? Alla Meloni potrebbe infatti bastare una sola delle tre opposizioni. A questo riguardo in pole position c’è Azione/IV.
Ma come fa la sinistra ancora a crogiolarsi in simili vanità? Ancora non ha capito che la destra è maestra nella proverbiale strategia del generale Helmut von Moltke, marciare divisi e colpire uniti? Salvini, la Meloni e Tajani di qui al voto europeo copriranno ciascuno a sé stante tutto il campo politico della destra e, se ciò dovesse essere funzionale per recuperare più voti, si faranno anche le bucce l’un l’altro. Alla fine, però, tireranno le somme e si ritroveranno uniti come e più di prima.