Ultima puntata. Si conclude il nostro percorso di approfondimento del lavoro svolto dal Dipartimento Arpac di Napoli. Un viaggio all’interno di una struttura molto articolata, complessa, che si avvale della collaborazione di operatori preziosi per la tutela della salute del territorio e di chi lo abita. Professionisti costretti ad agire in un contesto ambientale oggettivamente difficile, ai quali abbiamo cercato di dare voce e ai quali va il nostro ringraziamento.
Oggi parliamo delle attività che l’Arpac di Napoli svolge su richiesta dell’Autorità Giudiziaria. Siamo con il Direttore del Dipartimento, dottore Dario Mirella, e con la responsabile dell’incarico di funzione, dottoressa Teresa de Majo.
Mirella. L’Arpac svolge tra i suoi compiti istituzionali anche il supporto alle indagini ambientali. E’ un’attività importante, data l’espansione dei reati ambientali spesso legati alla malavita organizzata, e particolarmente onerosa considerati quelli che sono i compiti propri – ai sensi della normativa regionale, nazionale e comunitaria – di monitoraggio ambientale di Arpac.
Esiste una struttura specifica?
Mirella. Formalmente una struttura non c’è, nel regolamento non esiste. Quest’anno però è stata identificata una “funzione” di supporto alle Procure, che dovrebbe essere l’inizio di una vera e propria unità specializzata. Perché lavorare per l’Autorità Giudiziaria presuppone una forma mentis differente da quella maturata nei semplici compiti di monitoraggio ambientale e perché le attività sono le più disparate e bisogna collaborare con le Procure per definire l’azione più efficace. Noi riceviamo richieste dirette da parte dei PM così come da parte delle varie Polizie Giudiziarie, ma anche dalle Polizie Municipali sulla base di esposti. Le richieste arrivano al Dipartimento che le smista all’Area Territoriale, la quale definisce le priorità: andiamo dalla classificazione a vista di rifiuti per il semplice smaltimento fino ad arrivare a reti di sversamenti o addirittura delitti ambientali, contaminazioni di siti. Di tutto di più. Tutte le richieste dovrebbero convergere sull’incarico di funzione definito per il supporto alle Procure. L’incarico di funzione poi prende contatto con i richiedenti.
E veniamo all’incarico di funzione.
de Majo. Come detto dal Direttore Mirella le richieste dell’Autorità Giudiziaria vengono smistate all’Area Territoriale e quindi arrivano a me e io provvedo all’organizzazione del lavoro. Però capita, anche abbastanza frequentemente, che in caso di deleghe alle indagini che riguardano delitti ambientali, quindi attività più complesse, intervenga io personalmente sia nella gestione in campo delle attività che in tutto quello che ne deriva.
Significa che lei riceve una delega diretta dal PM?
de Majo. Si.
Come si svolge il lavoro?
de Majo. Individuo il personale qualificato tra coloro che hanno maggiore attitudine a svolgere questo tipo di attività, che è particolarmente complessa. Pensi che quest’anno, per la prima volta, sul Sarno è stato contestato il reato di impedimento al controllo. Quindi, dopo essermi confrontata con i Direttori del Dipartimento e dell’Area Territoriale, procedo alle riunioni operative con la PG e il PM incaricato, nelle quali si decide un protocollo operativo dell’attività di indagine. A questo punto si procede con campionamenti, rilievi, ispezioni e quant’altro. All’esito delle relative analisi, svolte dai laboratori dell’Arpac, c’è la fase di elaborazione del dato analitico con il conseguente deposito delle relazioni di consulenza.
Venite coinvolti anche nei processi?
de Majo. Sempre, come testimoni.
Di quanto personale dispone?
de Majo. L’incarico di funzione non prevede l’assegnazione di personale, e questo è un po’ problematico perché ogni volta il personale deve essere chiesto ai dirigenti delle Unità Operative, e quindi distolto da altre attività programmate, ma in media mi avvalgo della collaborazione di tre o quattro funzionari solo per le attività di ispezione e prelievo. Oltre, ovviamente, al lavoro dei laboratori.
Da quali Procure vengono principalmente le richieste?
Mirella. In provincia di Napoli operano quattro Procure, tutte con grosse competenze ambientali: Torre Annunziata, Nola, Napoli Nord e Napoli. La sola Procura di Napoli Nord conta 35 PM tutti operanti in campo ambientale. Ogni Procura si è specializzata in un determinato settore. Per esempio, Torre Annunziata sta seguendo molto il filone Sarno e noi siamo impegnati da quasi due anni lungo tutto il corso del fiume, che tra l’altro non ricade interamente nelle competenze territoriali del Dipartimento Arpac di Napoli. Ma c’è stata una richiesta specifica di operare su tutto il fiume e tale modus operandi ha dato buoni risultati. La cosa è piaciuta talmente tanto che abbiamo avuto richieste analoghe sul territorio di Benevento, Avellino e Salerno, che però abbiamo dovuto rifiutare. Esiste infatti un rovescio della medaglia: il distogliere risorse dell’Agenzia da quello che è il suo compito prevalente di monitoraggio e presidio ambientale.
Avete accordi formali con le Procure?
Mirella. L’attività istituzionale di supporto da parte di Arpac dovrebbe essere eseguita a fronte di convenzioni che disciplinino non solo un minimo di corrispettivo, anche semplicemente a copertura delle spese, ma anche i termini delle collaborazioni. Con le Procure ci sono state varie interlocuzioni ma non sono mai stati raggiunti dei protocolli d’intesa. Una iniziativa innovativa è stata svolta con la Procura di Napoli Nord, che ha organizzato insieme ad Arpac la formazione della Polizia Giudiziaria relativamente ad attività per le quali l’intervento dell’Arpac non è necessario. Per esempio, la classificazione dei rifiuti, che con un minimo di indicazioni che abbiamo fornito può essere fatta direttamente dalla PG.
Quindi le Procure non pagano?
Mirella. Fino ad oggi, no. In alcuni casi si sono rifiutate apertamente. In altri ho fatto predisporre delle fatture che ho portato ai PM, anche solo per evidenziare i costi, ma non si è mai andati avanti. La cosa strana è che, per esempio, la Procura di Napoli Nord ha riconosciuto all’Arpa del Friuli i costi delle analisi da questa effettuate su campioni che noi non potevamo analizzare non avendo laboratori in grado di farlo.
Cosa servirebbe per migliorare il servizio?
de Majo. Senza dubbio una Unità specializzata con personale dedicato. Perché è complicato per il funzionario impegnato in un’attività d’indagine essere impegnato allo stesso tempo anche in altre attività e gestire entrambi i lavori.
Mirella. Non si dovrebbe solo creare una Unità specializzata ma anche definire i confini delle attività da svolgere. Le Procure operano attraverso i propri Consulenti, quindi quello di Arpac dovrebbe essere un lavoro di supporto. Dovrebbe, cioè, fornire i mezzi tecnici per portare avanti le indagini ma non trarre conclusioni per il magistrato. Cosa che invece facciamo, un po’ per competenza e un po’ per visione complessiva, ma così ci troviamo al limite dei nostri compiti istituzionali.
Il Dipartimento di Napoli ha un programma in questa direzione?
Si, ovviamente in collaborazione con la Direzione generale e con la Direzione tecnica. Abbiamo bisogno di individuare, stante la grave carenza di organico, nuovo personale e di definire procedure da sottoporre ai Procuratori, per avere il loro assenso, e operare all’interno di limiti definiti dal Piano di Attività dell’Arpac. Tutta l’attività annuale dell’Agenzia è programmata in un planning in cui il lavoro per le Procure non può che essere limitato ad un numero predefinito di interventi. Insomma: questo è il quadro generale, queste sono le persone a disposizione, queste sono le attività che posso svolgere per te. Oltre non posso andare, se non in casi eccezionali.