Alcuni anni fa Luigi Maria Lombardi Satriani raccolse il mio invito a pubblicare una raccolta di suoi scritti all’interno della Collana “Immagini di Città” che avevo avviato con la Casa Editrice Rubbettino.
Oggi che questo studioso di eccelsa levatura nel campo degli studi demo-etno-antropologici ci ha lasciati, ho ripreso quegli scritti raccolti sotto il titolo “Il sogno di uno spazio” scoprendone la straordinaria attualità.
Come dicevo nella presentazione del libro di Lombardi Satriani, il motivo della mia richiesta era dovuto al fatto che la raccolta di scritti si calava a pieno sul terreno da cui la collana aveva preso le mosse – quello della riflessione sui connotati della città del terzo millennio – letta dal versante dell’antropologia culturale e focalizzando due concetti chiave: il luogo e lo spazio.
Rileggendo oggi quelle pagine affiora un’esigenza che fin da allora si poneva, vale a dire la necessità di riportare all’interno del campo di studi sulla città alcune discipline che, per una miope chiusura settoriale, ne sono state espulse sia dalle Scuole di Architettura che da quelle dell’Ingegneria civile.
L’antropologia, la sociologia, la geografia, l’estetica e persino la storia hanno ormai un ruolo del tutto marginale nella formazione degli architetti e degli urbanisti, con il conseguente impoverimento del loro bagaglio culturale il che appare evidente sia dalla pratica urbanistica corrente che, più in generale, dal modo in cui viene governato il territorio.
E’ tempo che questo declino venga interrotto, che la contaminazione tra saperi diversi torni ad essere il tratto caratterizzante degli studi sulla città e che sul terreno della formazione universitaria si riapra il discorso sulla necessità di dare vita ad un intero versante di studi, ricerche e percorsi formativi: quello delle “Scienze della città”.
E’ con questo intendimento che dai dodici scritti che compongono “Il sogno di uno spazio” di Lombardi Satriani – la gran parte dedicati alla Calabria, sua terra di elezione – cito alcuni brani da quello di apertura, “Un filo di Arianna”, che è una lunga a sapiente riflessione sui luoghi e gli spazi, sulla quale gli urbanisti e gli architetti dei tempi nostri farebbero bene a riflettere.
Cit.1) “La cultura urbanocentrica contemporanea non ha elaborato adeguate strategie per fronteggiare il pericolo dello smarrimento, dell’alienazione, per cui siamo singolarmente inermi dinanzi a esso. La realtà contemporanea, inoltre, è caratterizzata da un complesso intersecarsi di etnie, tratti culturali, modelli di diversa origine, sistemi normativi che investono l’uomo contemporaneo, situandolo in una condizione per la quale non sono state predisposte tecniche efficaci di comprensione e di padroneggiamento”.
Cit.2) “Non solo, ma la città è usata interamente, nel corso di una vita, dalla casa in cui si nasce, alla scuola in cui si apprende, al mercato in cui si compra, alla chiesa in cui si celebra, al cimitero in cui si viene seppelliti”
Cit.3) “In quanto oggetto confinato, la città è un corpo organizzato: non a caso nell’urbanistica si usano continuamente tutte una serie di metafore biologiche: si parla di cellule, di tessuti, di organi, di sistemi di organi, di sistemi di sistemi. Anche questo sta a testimoniare che noi viviamo la città come un corpo e come simile al nostro corpo”.
Cit.4) “Anche la cinematografia ha rivolto il proprio sguardo alla città, rappresentandola secondo ottiche e tagli ideologici estremamente differenziati. In numerosi film dei decenni precedenti (anni ’80-’90 ndr) la città è un apriori topografico-visivo, sul cui sfondo dobbiamo immaginare il successivo svolgersi degli eventi”
Cit.5) “Per quanto riguarda le discipline demo-etno-antropologiche, basti ricordare come nel loro ambito si sia andato sviluppando uno specifico settore di studi, l’antropologia urbana, che ha elaborato prospettive critiche, tagli metodologici, ipotesi interpretative di tale complessa problematica”
Anche per questo scritto, come per gli innumerevoli altri, coloro che studiano, progettano, governano le città devono essere grati a Luigi Maria Lombardi Satriani.