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Il socialismo ferroviario

by Vincenzo D'Anna
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L’Autore è stato parlamentare della Repubblica. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

 

Non c’è liberale che non abbia patito l’accusa di essere un profittatore, un bieco inseguitore del guadagno racimolato perlopiù fuori, se non contro, le regole e le leggi che disciplinano la propria attività. Chi ben conosce la fallacia di questa “idea” non se ne dispiace anzi ne approfitta per imbastire un confronto che alla fine si rivela essere uno scontro con il pervicace pregiudizio ideologico di ritenere il capitalismo ed il libero mercato di concorrenza, ossia il liberismo, come una forma che crei disuguaglianza economica ed ingiustizia sociale. Tuttavia, contrariamente a quanto i socialisti ritengono, il liberismo economico non può sussistere senza le regole adottate da uno Stato che, per quanto minimo debba essere, in termini di pervasività nei confronti delle vite degli individui che compongono il consesso sociale, resta depositario delle leggi e delle norme che disciplinano il mercato stesso. Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell’imperialismo marxista sovietico fu chiesto a K.R. Popper, filosofo ed epistemologo liberale, quando si sarebbe potuta prevedere l’apertura della Borsa valori a Mosca. L’autore della “società aperta ed i suoi nemici” rispose, lapidariamente, che quell’evento si sarebbe potuto verificare solo dopo che in Russia fosse stato instaurato un regime democratico con tanto di istituzioni parlamentari. A dimostrazione del fatto che senza uno Stato che si sia dotato di leggi e normative disciplinanti la materia economica, il libero mercato di concorrenza non si sarebbe mai potuto adeguatamente sviluppare. Senza la supervisione e l’imperio delle leggi, democraticamente varate dagli eletti del popolo, tale “mercato” si sarebbe trasformato nel luogo in cui i lupi divorano gli agnelli e non già nel posto ove le reciproche convenienze si concretizzano concorrenzialmente tra i diversi portatori di interesse. In termini didattici minimali, il luogo ove il commerciante che non conosce le intenzioni ed i gusti della massaia conferisce ai suoi prodotti il prezzo migliore, talché la massaia possa scegliere e godere dei benefici della concorrenza. In soldoni: il libero mercato ed i commerci che lo creano non procedono mai di pari passo con l’illegalità e l’immoralità dei comportamenti, la libertà del mercato è assoluta ed impersonale, basata sull’ignoranza di quali siano i bisogni del compratore che liberamente scaglierà secondo le sue convenienze. Contrariamente alla fatale presunzione delle società degli uguali per le quali è lo Stato a dover programmare e decidere sui bisogni e le aspirazioni del cittadino. Le libertà economiche inoltre presuppongono le libertà politiche e queste ultime disciplinano e legalizzano le prime attraverso le leggi. Che libertà economiche e politiche fossero tutt’uno, per reciprocità e dipendenza le une con le altre, lo apprendiamo dagli esempi di scuola che promanano anche dall’epistolario tra Benedetto Croce e Luigi Einaudi allorquando il primo fa dipendere l’affermazione della libertà da un progressivo sentimento dell’animo umano, accreditando il liberalismo e nel contempo mostrando molti dubbi sulla bontà del liberismo economico. Einaudi risponde che la prima libertà dell’uomo è il “poter fare”: una libertà che precede e favorisce tutte le altre, assecondando il fine dell’uomo che è quello di poter ricercare la propria felicità senza soggiacere allo Stato onnipotente ed onnipresente, monopolista ed ontologicamente fallimentare. Uno Stato che dovrebbe garantire l’uguaglianza delle opportunità e non prevedere l’uguaglianza degli esiti. Insomma tutti i monopoli statali falliscono perché sono privi di concorrenza ed estranei all’efficienza ed all’economicità. Le aziende condotte sotto tale forma sono gestite secondo gli interessi della politica (che in quel momento dirige lo Stato) con le ragioni clientelari – procuratrici del consenso – che alla fine hanno la meglio sulle ragioni dell’azienda. Mancando l’alea imprenditoriale, grazie al ripiano del disavanzo e delle perdite di quelle imprese statali, viene meno tutto il corollario delle virtù imprenditoriali. Lo abbiamo visto per decenni cosa siano le aziende decotte a gestione statale e quanti debiti queste abbiano riversato sull’erario pubblico, quanti disservizi e conventicole politiche e sindacali abbiano emarginato la competenza, la produttività, il merito e la qualità dei servizi. Veniamo quindi all’articolo del prof. Pietro Spirito, autore di saggi apertamente contrari al capitalismo, soprattutto nella gestione delle ferrovie e delle grandi aziende pubbliche. In un suo articolo pubblicato, su queste stesse colonne, si collega il sistema delle privatizzazioni delle vecchie (ed indebitate) Ferrovie dello Stato al tragico incidente di Brandizzo nel quale hanno perso la vita cinque operai. La causa implicita sarebbe quella che la privatizzazione incentivi la ricerca del profitto da parte della impresa in danno della sicurezza sul lavoro e, quindi, sia il capitalismo neo liberista (?) la causa primigenia di questo tipo di luttuosi eventi. Il capitalismo c’entra come i cavoli a merenda essendo una dottrina economica neutra e, come detto, basata sulla reciprocità delle convenienze legittime sottoposte ai controlli ed alle regole dello Stato!! Quest’ultimo semmai ha il sacrosanto dovere e l’interesse a vigilare affinché le regole si applichino e se non lo fa è per incuria oppure inadeguatezza. Questo è un ruolo spettante allo Stato non all’impresa, ne discende che diventi affare e responsabilità esclusivamente statale!! Nel caso della tragedia di Brandizzo, se invece di un antelucano e ormai trapassato certificato cartaceo fosse occorso l’assenso comunicato a tutti gli operai, attraverso un moderno device digitale, parimenti vincolante per controllori e controllati, forse si sarebbe evitato il tutto. Il capitalismo ed il profitto vivono di efficienza, non di sciatterie e ritardi. E’ lo Stato leviatano che sopravvive di compromessi e clientele, di gabbie salariali ed interessi elettorali nelle aziende.