“Il sogno dell’architetto Renzo Piano per Pompei ed Ercolano” era il tema del primo dei Dialoghi Pompeiani organizzato dall’Associazione SENSI di Giuseppe Scagliarini. L’evento è stato ospitato presso il salone della splendida location pompeiana dell’Hotel HABITA 79, grande albergo della Catena internazionale Hotel ACCOR, presente in oltre cento paesi nel mondo.
Un pubblico numeroso e qualificato ha seguito gli interventi, preceduti da quello del Sindaco Carmine Lo Sapio che – dopo le parole di saluto e convenevoli che i primi cittadini sono costretti a pronunciare in occasioni simili – non si è risparmiato, illustrando la operatività concreta ed efficace della propria Amministrazione e dello Staff dirigenziale comunale. Infine, prima di chiudere il proprio intervento, il Sindaco Lo Sapio addirittura ha colto lo spunto per parlare della Fiera del Lavoro che si terrà il prossimo 30 di marzo nelle strutture portuali di Marina di Stabia. In tale occasione si annuncerà così, pubblicamente, il nuovo nome di “Porto di Pompei” che si aggiunge a quello tradizionale, a conferma di un futuro di collaborazione concreta tra l’entroterra pompeiano e il “suo” frontemare stabiese.
Subito dopo però Carmine Lo Sapio ha voluto anche lanciare una notizia bomba che, da qualche tempo, veniva passata a mezza voce, di bocca in bocca, ma non trovava conferme ufficiali presso le stanze degli Assessorati e quelle della maggioranza consiliare. Tutti abbottonati, ma i rumors riecheggiavano e anche questo giornale li aveva volentieri accolti e riportati una settimana fa.
Lo SCOOP, grande e grosso, è questo, detto in poche parole: il Comune di Pompei presto acquisirà nel patrimonio immobiliare comunale il grande Fabbricato dell’ex Istituto di accoglienza benefica Sacro Cuore.
Si tratta di un edificio tardorazionalista di grandi dimensioni, quasi fuori scala rispetto alla città di Pompei con i suoi circa quindicimila metri quadrati di calpestio. Esso si affaccia sulla Piazza Immacolata, già detta dell’Anfiteatro pompeiano, che si trova ubicato a pochi passi, nell’area demaniale degli Scavi di Pompei, costituendo di fatto l’ineludibile nodo del collegamento intimo tra la Città Nuova e quella Antica.
Per i Pompeiani la notizia appare ancora più straordinaria perché il Sindaco ha precisato che l’acquisizione avverrà con i fondi disponibili a Bilancio senza indebitamenti futuri, in una libera trattativa con la proprietà che è la Prelatura Pontificia, in pratica il Vaticano.
Ma i Pompeiani doc sanno bene che già i loro avi – circa cento anni fa – hanno acquisito il patrimonio immobiliare necessario alla Comunità, pagandolo di tasca propria. A cominciare dal Palazzo comunale dei Conti De Fusco. Il Municipio infatti era un Albergo – l’Hotel Terme Fonte Salutare” – quando fu acquisito alla Città per la somma di circa ventimila lire dell’epoca. Ciò avvenne dopo la fondazione del Comune di Pompei, proclamata nel non lontanissimo anno 1928, di cui presto si festeggerà il centenario.
Tale acquisizione potrà davvero cambiare il futuro della Pompei contemporanea, che tante volte in passato ha perso le occasioni che si presentavano, rinunciando al ruolo di leader che le riconosce il Comprensorio vesuviano. Un ruolo che Pompei ha svolto già in passato e potrebbe ancora di più e meglio svolgere in futuro, grazie alla coraggiosa iniziativa della Amministrazione Lo Sapio di voler dotare Pompei di uno speciale Beaubourg pompeiano.
Ora, però, ci accorgiamo che – per illustrare bene la notizia bomba – abbiamo trascurato l’evento del primo dei Dialoghi pompeiani. Esso è ben riuscito, grazie al buon tema e ai buoni relatori che si sono avvicendati al microfono, moderati dal giornalista Antonio Irlando, architetto come quasi tutti i relatori. Eccoli: Paola Marzullo, Maria Longobardi, Sergio Catalano, Francesco Leone, oltre chi scrive. E tranne: Luca Coppola, Presidente del Consorzio Costa del Vesuvio e l’archeologo prof. Antonio De Simone, che con garbo ha chiamato accanto a sé il presente ex Direttore di lungo corso degli Scavi di Pompei: Antonio Varone, anch’egli archeologo. Dalla “fusion” di interventi e relatori è scaturita una interessante mattinata, dedicata soprattutto al problema delle coperture protettive negli Scavi di Pompei che si è posto fin dai primi anni degli scavi, iniziati sulle collinette della Civita-Giuliana fin dalla metà del Settecento per volere di Don Carlos di Borbone, allora Re di Napoli.
Lo Scavo – che in breve diventò il più famoso e seguito al mondo – è stato fin dal primo momento caratterizzato dall’abbondanza dei reperti. Dallo scavo emergevano infatti ritrovamenti in grande quantità, costituiti da reperti di vita quotidiana e da suppellettili più o meno preziose, ma emergevano anche apparati decorativi di pareti e pavimenti, come stucchi, affreschi e mosaici, sostanzialmente integri e, perciò, stupefacenti.
In particolare appariva straordinaria la vivezza cromatica che li connotava al momento dello scavo. Il sito pompeiano però rimaneva “en plein air” e, quindi, già durante lo scavo e fino alla sua chiusura, si palesavano seri problemi di conservazione sia dei reperti stessi che dei restauri che si operavano in corso di scavo.
Dalla constatazione oggettiva del rapido decadimento formale e sostanziale di reperti e restauri derivò la necessità di provvedere a coperture, più o meno temporanee, dei siti di scavo, se non addirittura alla ricostruzione in sito di parti di essi.
Ovviamente un tale tipo di premura si dedicava ai siti e ai reperti più prestigiosi.
Tra i primi scavi ci fu quello del Tempio di Iside, che costituì l’avvenimento del secolo di lumi, contribuendo così decisamente alla nascita del “gusto pompeiano” come fenomeno culturale e di stile in tutto il mondo, come inteso all’epoca.
Lo Scavo pompeiano _ con tutti i connessi problemi di Conservazione e restauro – dura e vive sostanzialmente ininterrotto da un quarto di millennio, dalla metà del Settecento agli anni Duemila. Ecco perché un gigante dell’architettura contemporanea come Renzo Piano si è cimentato in ipotesi di coperture a “bolle “, semisommerse nel terrapieno, funzionalmente disposte ai margini del fronte meridionale degli scavi e destinate a esser luoghi di accoglienza e musealizzazione per i visitatori.
L’incontro sviluppatosi anche su altri versanti territoriali del Comprensorio vesuviano, fino ad Ercolano, ha però trovato unanime sensibilità dei relatori verso la cura e la conservazione del Paesaggio Storico: un valore definito unanimemente da tutti irrinunciabile.