“Solo gli imbecilli non cambiano mai opinione”. Firmato: Honoré Gabiel Riquetì, conte di Mirabeau.
E vale la pena di ricordare al lettore che il Conte di Mirabeau – autore di aforismi intriganti tra i quali quello bellissimo con cui inizia questo articolo – nacque praticamente deforme, ma soprattutto dotato di una testa enorme rispetto al corpo, già brutto di suo. Poi, all’età di tre anni, colpito dal vaiolo, uscì sfigurato dalla malattia. Questo stato di sofferenza non gli facilitò l’infanzia, dura e segnata da un padre severo, famoso economista dell’Ancien Regime Francese.
Nonostante tutto però, Mirabeau si laureò brillantemente in legge e, da avvocato, sposò una ricca esponente della nobiltà francese, da cui poi si separò legalmente, con un divorzio che fece grande clamore all’epoca. Successivamente, indebitatosi per varie vicende fino al collo, nonostante la protezione del potente padre, fuggì all’estero, nei Paesi Bassi, con la moglie di un potente magistrato della Corte dei conti reale. Potenza dell’amore? Chissà…
Mirabeau fu quindi costretto alla contumacia. Scampato alla morte, fu poi catturato e messo in carcere, in un castello ove scrisse un libro. Nell’agile libello libertino la smodata passione amorosa per l’amante e l’altrettanto smodato disprezzo per la Giustizia ingiusta emergono con prepotenza assoluta.
Grande oratore, fu protagonista della Rivoluzione francese del 1789 e, nello stesso tempo, rimase legato segretamente a Luigi XVI e Maria Antonietta. La sua morte improvvisa, avvenuta nel 1791, potrebbe essere stata dunque conseguenza dei suoi comportamenti ambigui e dissoluti.
Abbiamo scomodato il Marchese Mirabeau e il suo aforisma, che abbiamo citato, perché risulta il commento più appropriato per la vicenda del Frecciarossa a cadenza mensile, trasformato frettolosamente in Frecciarossa domenicale, quindi settimanale. Sia chiaro che non vogliamo dare patente di imbecillità a nessuno. Essendo stato però questo nostro giornale Gente e Territorio il primo a sollevare la inutilità di una cadenza mensile della corsa diretta in Alta velocita con partenza da Roma e arrivo a Pompei, via Napoli, non possiamo che dirci (quasi) contenti. E il “quasi” tra parentesi sta a significare che sarebbe stato forse più produttivo prevedere il ritorno a Roma da Pompei con l’Alta Velocità anche il mattino successivo, dando così la opportunità – al turista interessato – di permanere fino alla fine della giornata di visita negli Scavi di Pompei (gli Scavi di Pompei da sempre chiudono all’imbrunire) eventualmente dormendo a Pompei Città, che già oggi offre anche zone pedonali, turisticamente e enogastronomicamente vocate, riconosciute di buon livello.
D’altra parte, emergeva dalla baraonda organizzata per l’Evento politico-culturale una dualità insanabile. La fermata di un treno Alta Velocita messa in rapporto con l’acquisizione da parte della collettività della possibilità di tornare a fare la visita a una delle grandi Domus pompeiane: la Casa delle Nozze d’Argento.
E non ci fa granché piacere raccontare al lettore che il singolare nome alla Domus non deriva da argenterie ivi ritrovate, né da nozze ivi affrescate. Ma piuttosto dal fatto che: “…La casa delle Nozze d’Argento prese il suo nome moderno dalla celebrazione delle nozze d’argento dei Reali d’Italia, Umberto e Margherita di Savoia, nel 1893.” Anche in questo caso: nulla di nuovo sotto il sole… La storia antica e moderna di Pompei piegata ai potenti di turno
Da fonti ufficiali Web del Parco Archeologico di Pompei sappiamo così che la Domus è “…uno degli esempi più maestosi e raffinati di abitazione delle classi agiate di Pompei”. Le quali per prime sottolineano – ancora oggi, a risultato di partita cambiato – il rapporto della sua apertura con il treno Frecciarossa: “… il nuovo servizio ferroviario nato dalla collaborazione tra il Ministero della Cultura e Ferrovie dello Stato italiane”.
A nostro avviso inopportunamente. Et de hoc satis.
Dal sito poi leggiamo ancora – dopo un interessante approfondimento stilistico, architettonico e urbanistico – che: “…La Domus venne scoperta e scavata tra il 1891 e il 1893 sotto la direzione dell’architetto Michele Ruggero, allora Direttore degli Scavi, e a questi succedettero, fino al 1908, Giulio De Petra, Ettore Pais e Antonio Sogliano”. Siamo di fronte a Soprintendenti e archeologi, protagonisti anche della scena napoletana di fine Ottocento, ma non sempre con dignità e onore, come sanno gli addetti ai lavori.
Dal sito Web leggiamo ancora che: “Gli interventi di restauro del Secondo Dopoguerra videro l’utilizzo diffuso di pesanti e pericolose strutture di calcestruzzo armato incardinate sulle strutture antiche. Il cantiere di restauro che oggi si conclude – avviato nel 2019 su progettazione da fondi del Grande Progetto Pompei e realizzazione su fondi PON Cultura e Sviluppo FESR 2014-2020 – si è posto pertanto come primo compito quello di rimuovere tali strutture, ormai prossime al crollo all’avvio del cantiere, sostituendole con nuove strutture in legno…”.
La informazione si chiude poi con una interessante notizia utile per il turista: “…A conclusione del cantiere, da parte dell’Area “Cura del Verde” è stato possibile rigenerare le tre ampie aree verdi con la formazione di tre giardini estetici ed utilitaristici basati sui dati e reperti archeologici e su un’interpretazione delle proporzioni degli spazi della domus oltre che sugli assi visuali prospettici interni. Al tempo stesso e con un intervento pienamente fruibile dal pubblico a domus aperta, procederanno le operazioni di restauro dell’oecus (salone) occidentale e dell’anticamera al quartiere termale lungo il peristilio rodio.”
Il Turista del Frecciarossa, facendo una visita più calma e consapevole alla Pompei antica, potrà poi fermarsi poi nella Pompei moderna, senza essere costretto al mordi e fuggi.