Non vado a firmare per il referendum per l’abrogazione della Legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Non mi va di perdere tempo. Non che mi sfuggano le ragioni politiche e propagandistiche della raccolta delle firme per il referendum. Già il raggiungimento del quorum in calce al quesito avrà un impatto politico indiscutibile, ovvio. Né disconosco le nefandezze di questa pessima legge. Ma questo referendum non si farà. Cerco di spiegarmi.
Il quesito referendario sotto il quale si stanno raccogliendo le firme è il seguente:
“Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, ‘Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione’?”
Quesito secco, di abrogazione della legge tout court, non di sue parti. Vale la pena di ricordare che non si tratta di legge costituzionale, bensì di legge ordinaria, coerente con la Costituzione vigente. Non fosse stato così il Quirinale neppure avrebbe potuto promulgarla. Essa, pertanto, non ha bisogno di referendum confermativo. È già vigente.
Dunque, il referendum. Un primo dubbio – segnalato dai giuristi più accorti – è sulla sua ammissibilità. Essa è infatti collegata – vedi artt. 4, 8, 9 e 10 – alla Legge di Bilancio e la Costituzione vieta che possano tenersi referendum in materia di bilancio. Art. 75 Cost: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.”
Ma bypassiamo pure questo dubbio e consideriamo che la Cassazione dia il via libera al referendum. A quel punto il Governo, d’intesa col Presidente della Repubblica, convocherà i comizi elettorali e fisserà la data del voto. Quanto tempo sarà passato da oggi? Diciamo un anno e mezzo o due. In questo periodo la legge, per lo meno parzialmente, sarà già operativa e le Regioni del Nord avranno già assunto la competenza ‘esclusiva’ su alcune materie ora di competenza ‘concorrente’ tra Stato e Regioni.
Sono 23 le materie oggi di competenza concorrente che potenzialmente, in base alla Legge Calderoli, possono essere trasferite a quella esclusiva delle Regioni. Per 14 di esse però la norma non è ancora entrata in vigore. L’art. 3 prescrive difatti che il trasferimento delle competenze sulle materie di cui all’art. 3, comma 3, sarà possibile solo dopo che lo Stato avrà definito i livelli essenziali delle prestazioni, che dovranno essere garantiti in tutte le Regioni. Per tale definizione il Governo e il Parlamento hanno due anni di tempo. Dunque, per 14 materie su 23 la legge appena approvata non è ancora vigente. Per nove invece sì.
Parliamo di: Rapporti internazionali e con l’Unione europea; Commercio estero; Professioni; Protezione civile; Previdenza integrativa; Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; Enti di credito fondiario e agrario; Giudici di pace.
Per esse già Veneto e Lombardia hanno avviato il procedimento per l’assunzione esclusiva delle competenze. Altre Regioni lo stanno predisponendo.
Quando si terrà il referendum, alcune Regioni, segnatamente quelle del Nord, avranno già assunto la potestà esclusiva su tali materie. Il quesito referendario agli occhi dei cittadini di quelle regioni suonerà dunque così: ‘Volete restituire allo Stato centrale le competenze che oggi sono della vostra Regione?’. Ci permettiamo di dubitare che la maggioranza degli elettori di queste regioni dirà Sì.
Ancora, ammettiamo che invece, grazie al voto del Sud e di parte del Centro, la legge venga abrogata e che di conseguenza le Regioni del Nord si vedranno sottratte quelle competenze. Quale lacerazione si determinerà nel corpo e nell’animo degli Italiani? Il referendum, la sua tenuta, a prescindere dal risultato delle urne, non accentuerà per se stesso la disunione dell’Italia contro la quale si stanno raccogliendo le firme?
Superiamo anche queste perplessità e andiamo avanti. Figuriamoci che a due tre mesi dal voto referendario tutti i sondaggi diranno che il Sì all’abrogazione sarà vincente. Quanto ci metteranno i fautori dell’autonomia differenziata a modificarne un comma ed a vanificare la raccolta delle firme? Il quesito, infatti, lo si è visto sopra, chiede l’abrogazione di tutta la legge così come essa è oggi. Se ne verrà modificata anche solo una virgola, il referendum non potrà tenersi.
Ecco, sarebbe stato più efficace chiedere l’abrogazione di singole parti; ad esempio, dei passaggi in cui si includono tra le materie trasferibili alle Regioni la sanità e l’istruzione.
Chiudiamo sul trappolone in cui stanno cadendo assieme la sinistra e la destra non leghista, cioè FdI e FI. Per bilanciare il trasferimento delle competenze alle Regioni, FdI e FI hanno preteso che venga approvato il premierato. A Regioni più autonome come contrappeso un Governo più forte. Con il Capo del Governo eletto direttamente dal popolo. E con buona pace della democrazia parlamentare.
Ma il premierato è legge costituzionale, non ordinaria. Per la sua approvazione sono previsti quattro passaggi, due per Camera, con una pausa di minimo sei mesi tra la seconda lettura e la terza. Dunque, prima di un anno il premierato non sarà legge. Non solo. Non lo sarà neanche dopo che le Camere lo avranno votato in quarta lettura. Trattandosi di legge costituzionale, infatti, sarà passibile di richiesta di referendum confermativo. Ancora tempi, durante i quali intanto l’autonomia differenziata si sarà radicata nelle Regioni del Nord.
Ed è ben possibile che i cittadini nelle urne bocceranno il premierato. Lo faranno per avversione politica a FdI e per i suoi contenuti, eversivi dei fondamenti della costituzione. È già successo in Italia per altre leggi di riforma costituzionale e succederà anche sul premierato. Al di là delle dichiarazioni dei loro leader, ai voti delle sinistre e del centro liberal-democratico si aggiungeranno difatti anche quelli degli elettori leghisti, che non avranno alcun interesse a rafforzare lo Stato centrale.
Conclusione, entro quattro anni avremo la Repubblica Federale Italiana. Con buona pace di chi in questi giorni, sotto il sole, si sta affannando a raccogliere firme sotto il quesito referendario.
1 comment
Le tue osservazioni, giuste e per la tua conoscenza sicuramente valide, ma credo che chi sta proponendo il referendum non sia così sprovveduto. Allora ci sono due domande: la prima è che scientemente propongono il referendum “ in base al tuo ragionamento” giusto per dimostrare ai cittadini che fanno qualcosa. Poi vi è la seconda ipotesi che unitamente alla proposta di referendum per l’art 18 che sicuramente porterà al voto tantissimi lavoratori. Quindi l’iniziativa credo che debba essere vista sotto il profilo politico per tentare di far cambiare idea ai cittadini per le prossime votazioni
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