Il Propeller Club di Napoli, assieme ai Club del Mezzogiorno, ha organizzato un seminario su “PNRR e ferrovia al Sud: accorciamo le distanze”.
Il Presidente del Propeller nazionale, Umberto Masucci, ha sottolineato, in apertura della discussione, che nei prossimi sei anni si assisterà ad un raddoppio delle risorse finanziarie disponibili per gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno.
Enrico Puja, direttore generale del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, ha messo innanzitutto in evidenza che le risorse non derivano solo dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che certamente rappresenta la fonte principale, ma anche dal fondo complementare istituito dal Governo e dagli altri fondi comunitari, a cominciare dal FSC sino al fondo di perequazione regionale. Al MIMS sono destinati 62 miliardi di euro, di cui 34,6 sono indirizzati verso le regioni meridionali. Occorrerà raggiungere obiettivi sfidanti in termini di esecuzione delle opere, fronteggiando una situazione che si caratterizza per le crescenti difficoltà nel ciclo degli approvvigionamenti dei materiali e per l’aumento dei costi delle materie prime, in una fase che si colloca a valle della crisi strutturale delle imprese nel settore delle costruzioni.
Alessandro Panaro, responsabile di ricerca di SRM, ha messo in evidenza che la rete ferroviaria italiana si colloca sotto la media comunitaria per disponibilità di chilometri per ogni 100.000 abitanti. A sua volta il Mezzogiorno presenta una scarsa qualità tecnologica della rete ferroviaria, con il 66% della infrastruttura elettrificata. Per Panaro, la questione fondamentale che si pone riguarda ancora una volta la capacità di gestire e realizzare i progetti di investimento nei tempi. Se valutiamo quello che è accaduto con la programmazione comunitaria 2014-2020 ad oggi solo il 2% dei progetti sono stati conclusi, mentre l’88% è il corso ed il 10% non è stato nemmeno avviato.
Fabrizio Vettosi, esperto finanziario nel settore marittimo, ha sottolineato che i progetti di mobilità sembrano maggiormente orientati al trasporto passeggeri. In ogni caso bisognerebbe porsi innanzitutto la questione della scarsa utilizzazione della rete esistente. Sulle azioni di investimento previste per i porti si conferma ancora una volta la tendenza politica ad un baricentro spostato verso il Nord del Paese, in particolare conducono alle due ascelle tirrenica ed adriatica, Genova e Trieste.
Uno dei principali operatori intermodali meridionali, Armando Di Girolamo, ha sottolineato che diventa davvero difficile puntare sullo sviluppo del trasporto ferroviario quando la misura principale di incentivazione esistente da alcuni anni, vale a dire il ferrobonus, è passato da un valore di 50 milioni di euro nel 2021 ad uno stanziamento di 19 milioni di euro previsti nel 2022. Servirà anche riflettere sulla necessità di investire per migliorare la capacità di ricezione dei terminal, consapevoli che, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo ferroviario europeo, occorrerà passare dagli attuali 30.000 treni anno ai 45.000.
Il Presidente di Confetra Sicilia, Mauro Nicosia, riportando gli esiti di uno studio della Regione Sicilia, ha sottolineato che il 50% dei costi di un prodotto siciliano destinato alla esportazione è legato alla insularità ed agli oneri di trasporto.
Claudio Ricci, amministratore delegato dell’Interporto di Nola, ha ribadito che gli incentivi per lo sviluppo della intermodalità debbono essere prevedibili, rapidi nella erogazione, stabili nel tempo: non è questo lo scenario che purtroppo caratterizza le politiche della mobilità sostenibile. Inoltre, servirà intervenire sui colli di bottiglia, che spesso si trovano nei terminali, anche nel Nord del nostro Paese. Sarebbe necessario per questo esprimere una maggiore capacità di fare sistema.