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Il posto di Boris Johnson

by Luca Rampazzo
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Boris Johnson

Alla notizia della malattia del primo Ministro britannico Boris Johnson non poche sopracciglia si sono alzate. Qualcuno ha fatto di più ed ha sghignazzato. “Toh, eccoti la tua immunità di gregge”. Tanti hanno sicuramente pensato che si sia trattato di una atroce figura, capitata ad un bullo. Sono gli stessi che intendono fermamente restare umani, tanto sono i loro avversari a non esserlo.

Questa concezione, e la seguente attesa che gli inglesi se ne sentano imbarazzati e lo scarichino, è un po’ fuorviante. Johnson, a differenza di quanto capito da molti, non ha precisamente detto che nessuno si sarebbe mai ammalato, quindi si poteva tenere tutto aperto. Ha detto, inizialmente, che chiudere tutto avrebbe causato danni peggiori dell’epidemia stessa. E che, in ogni caso, la completa sicurezza di esserne usciti si avrebbe avuta solo quando si fosse creata una immunità di gregge.

Non grazie a. Quando. Ovvero dopo che la maggior parte della popolazione si fosse ammalata e nella speranza che il nostro sistema immunitario riconosca a sufficienza il virus da combatterlo. Tutto questo ha come sottinteso che anche lui si sarebbe dovuto ammalare. E quando ha continuato a stringere le mani. Quando ha rifiutato di interrompere le riunioni. Quando, oggi che ha ripreso sé stesso, pallido come un cencio, mentre diceva di stare tutto sommato bene, ha fatto qualcosa che per noi è abnorme. Ha governato con l’esempio.

Di fronte alla paura degli inglesi per le vecchie zie ha chiuso i pub. Ma lui non si è messo la mascherina davanti a tutti. Lui ha preso il virus e da oggi ha dimostrato ai sudditi di Sua Maestà che questa malattia non piegherà lui e non piegherà l’Inghilterra.

La linea di comando è chiara. Lo staff scientifico è ancora (abbastanza) sano. L’Inghilterra è in piedi. Lui è al suo posto di comando. Nella lunga storia di fughe dei nostri punti di riferimento, a molti di noi Johnson appare un fesso. Ma siamo davvero sicuri che lo sia? Con il suo assurdo taglio di capelli e la sua confusa linea politica, alla fine egli è forse, come sostengono alcuni tabloid inglesi, un erede di Churchill.

In questo momento, infatti, anche i giornali più feroci con i Tories, come il Guardian, non hanno perso l’aplomb. Non hanno criticato la scelta. Non hanno enfatizzato il pericolo. In parte per senso di responsabilità. In parte perché, nonostante tutto, sono anche loro sudditi di Sua Maestà Britannica e dal loro leader non si aspettavano nulla di meno. Se Boris Johnson sopravviverà (come la statistica dice essere probabile), l’Inghilterra avrà un moto di rivincita. Uno scatto d’orgoglio. Se cadrà, qualcun altro ne prenderà semplicemente il posto.

Chiunque abbia avuto la pazienza di arrivare sin qua penserà che mi stia inventando tutto. Però vi assicuro che è così. È così che governano i paesi da quelle parti. Noi non li capiamo perché siamo intrisi del cinismo tipico delle nazioni vecchie. Quell’Isola assurda, che ha rinunciato al comfort Europeo per un ideale fuori moda, che ha caparbiamente difeso anche chi pensava li avrebbe portati alla rovina per la capziosa ragione che non si tradisce la volontà popolare, è fatta in questo modo. Per questo motivo, di fronte a quella ridicola zazzera bionda, in queste ore nessuno, da quelle parti, più ride.