Per comprendere il ruolo di spartiacque del Smutnoe Vremja, (periodo dei torbidi), bisogna ricordare quanto detto precedentemente circa le politiche interne di Ivan IV.
La furia del Terribile nei confronti dei boiari semplificò tragicamente i rapporti sociali dello stato russo; ad assumere un ruolo centrale, infatti, fu la piccola nobiltà che si vide assegnare molti dei possedimenti di proprietà di famiglie nobili ormai sterminate. Oltre a godere di tale privilegio però, la piccola nobiltà era responsabile di numerosi oneri nei confronti dello Stato, sia in qualità di funzionari amministrativi, che come combattenti e tributari.
A subire maggiormente le conseguenze dell’ascesa della nuova nobiltà furono i contadini, da sempre costituenti la maggioranza della popolazione russa, che subivano le pressioni dei proprietari dei poderi nei quali lavoravano, i quali dovevano rispondere ai propri obblighi nei confronti di Mosca.
Tirando le somme di questa prima analisi, si intuisce già l’identità delle prime componenti sociali insoddisfatte dello stato dei fatti: i boiari, il cui potere fu drasticamente limitato, e i contadini, che vedevano la propria condizione avviarsi sempre più verso quello che fu poi un vero e proprio servaggio della gleba.
Storicamente, il periodo dei torbidi si suddivide in tre periodi, dinastico, sociale e nazionale, ma bisogna ovviamente tenere a mente che si tratta di artificiose periodizzazioni, e non si riscontra nella realtà dei fatti una vera e propria distinzione, bensì una commistione di aspetti.
Il periodo dinastico ha inizio proprio nel 1598, quando siede sul trono russo il più vicino consigliere di Teodoro I, Boris Godunov, il quale aveva rafforzato la propria legittimità in qualità di successore sposando la sorella del defunto zar, contando anche sull’assenza di altri eredi maschi della casata Rjurikidi, in seguito al decesso del figlio di Ivan IV, Demetrio.
Nonostante l’abilità politica del nuovo autocrate, il suo regnò fu segnato da una drammatica carestia tra 1601 e 1603 che, oltre a causare la morte di circa 100.000 persone nella sola capitale, comportò un implacabile malcontento tra la popolazione.
Come ci insegna la storia, le masse necessitano di un capro espiatorio e in questo contesto Boris Godunov fu investito di tale ruolo, venendo identificato come un criminale usurpatore dei cui peccati la Russia stava pagando il prezzo.
A peggiorare la già precaria situazione fu la diffusione di una voce per la quale il legittimo erede fratello di Teodoro I, il giovane Demetrio, fosse in realtà riuscito a scappare dai suoi assassini e che fosse ancora vivo.
Si aggirava, infatti, un tale Griška Otrep’ev, figlio di una famiglia della piccola nobiltà scappato dal convento nel quale viveva come monaco, che si spacciava per il principe Demetrio.
La rivendicazione del trono da parte del giovane fu supportata da alcuni aristocratici polacchi e lituani, che gli fornirono le forze militari necessarie per varcare il confine russo nell’ottobre del 1604. L’arrivo del falso Demetrio suscitò un positivo fermento nella popolazione, che lo accolse gioiosamente supportando la sua causa, e l’improvvisa morte dello zar Boris Godunov fece si che molti dei suoi funzionari passarono tra le fila del contendente, dopo aver assassinato il figlio ed erede di Godunov, Teodoro II.
Sfortunatamente, le tensioni erano solo agli albori perché il breve regno del falso Demetrio fu segnato da forti turbamenti della società moscovita per l’ingombrante presenza dell’entourage polacco dello zar, e per il suo matrimonio con Marina Mniszech, figlia di un nobile polacco di religione cattolica.
Poco dopo l’incoronazione dello zar, infatti, il principe Basilio Šujskij, aiutato da altre famiglie boiare, organizzò nel maggio 1606 un colpo di stato che portò all’assassinio del presunto Demetrio e all’incoronazione dello zar.
Dalle politiche di Šujskij emerge chiaramente la classe di cui faceva e garantiva gli interessi; in primis, lo zar deliberò che nessuno poteva essere messo a morte senza consultare l’assemblea dei boiari, e che i membri innocenti di una famiglia non avrebbero pagato per le colpe di un loro parente.
Rappresentando però esclusivamente gli interessi dell’alta nobiltà, il nuovo zar non fu mai popolare e la sua autorità mai pienamente riconosciuta, portando a numerosi conflitti sociali che segnano il passaggio alla fase sociale del periodo dei torbidi.
L’opposizione della popolazione, che si tradusse in violente sollevazioni dei contadini verso i loro proprietari terrieri, fu alimentata dai governatori di diverse città, soprattutto nella Russia meridionale, che si rifiutarono di prestare obbedienza al sovrano.
Le masse contadine vennero coagulate in un esercito organizzato dai nobili Šachovskoj e Bolotnikov, che per la prima volta chiedevano ai combattenti di lottare per i propri interessi e non per quelli di altri. Pur riuscendo ad arrivare alle porte di Mosca, l’esercito popolare fu sconfitto e disperso dalle forze governative, le quali però avrebbero dovuto affrontare un nuovo ostacolo di lì a poco.
Per quanto ridicolo e paradossale possa sembrare, un secondo falso Demetrio comparve sulla scena, attirando su di sé le speranze di quella fetta della popolazione che aveva creduto nell’impresa dell’esercito di Šachovskoj e Bolotnikov.
Sfruttando l’errore di essere sottovalutato, il secondo Demetrio riportò un’importante vittoria sull’esercito dello zar, riuscendo ad avanzare fino ai pressi di Mosca, a Tušino, dove istituì una nuova corte e amministrazioni parallele a quelle moscovite, dando vita ad un vero e proprio stato nello stato.
Trovandosi in forte difficoltà, Basilio IV si trovò costretto a fare affidamento sulla vicina Svezia, con la quale firmò nel 1609 un accordo che gli garantiva un reparto di 6000 uomini, in cambio dell’abbandono di ogni pretesa sui territori della Livonia e la promessa di un’alleanza anti-polacca.
Per quanto l’accordo permise allo zar di eliminare l’insediamento del finto Demetrio, gli aprì un nuovo fronte con la Polonia.
Con l’ingresso della Polonia negli affari interni russi ha inizio la terza ed ultima fase dei torbidi, quella nazionale.
Il re polacco Sigismondo III, infatti, fu contattato dalla piccola nobiltà che aveva sostenuto il secondo Demetrio, per far si che concedesse al figlio Ladislao di rivendicare il trono russo.
Già in seguito all’accordo russo-svedese il re polacco aveva dichiarato guerra alla Russia varcandone i confini, con l’intento di sfruttare il momento tumultuoso e impossessarsi del potere moscovita.
L’avanzata polacca fu accompagnata dal nuovo tentativo dell’impostore Demetrio di marciare su Mosca con ciò che era rimasto del suo esercito; data l’imminente catastrofe incombente sulla capitale, un’assemblea composta da boiari, ecclesiastici, piccoli nobili e qualche popolano, depose Basilio IV e sostenne la candidatura al trono proprio del principe polacco Ladislao.
Le condizioni poste dagli ambasciatori russi furono però rifiutate da Sigismundo III il quale, rifiutando che il figlio si convertisse all’ortodossia per governare la Russia, intrapresa una nuova campagna militare per conquistare Mosca con le armi.
Lo stato russo era allo stremo, mancava un vero detentore del potere, i polacchi avevano il controllo di Mosca, gli svedesi avevano invaso le regioni settentrionali del paese quando l’assemblea boiara aveva giurato fedeltà al principe polacco, e il finto Demetrio tornò alla carica contando sul supporto di gran parte della Russia orientale.
Il motivo però per cui questa fase è definita nazionale sta nella grandiosa mobilitazione popolare che questa commistione di eventi provocò.
Non sarà l’unica volta che nella storia russa il patriottismo salverà il paese dal nemico, ma di certo questa fu la prima e costituì anche il momento della costruzione di una più forte coscienza nazionale, e come si vedrà a breve, religiosa.
Tornando al 1610, dopo la morte per mano di uno dei suoi consiglieri del secondo Demetrio, a capo della mobilitazione popolare si pose la Chiesa, forte anche del messaggio che la sua opposizione ad un capo polacco cattolico comportava.
Il patriarca Ermogene dichiarò i russi sciolti dal giuramento di fedeltà a Ladislao e organizzò un esercito, al quale lungo la strada si aggiungevano nuove componenti, che marciò su Mosca dando inizio all’assedio della città nei primi mesi del 1611. Solo nel 1612 però, con la costituzione di un secondo esercito nazionale nato spontaneamente nelle città occupate da polacchi e svedesi, l’impresa di liberazione fu portata a termine, con l’espugnazione della capitale.
Il primo compito dei vincitori, riunitisi in un’assemblea di circa 500 membri tra clero, boiari, piccola nobiltà, cittadini, e alcuni rappresentanti dei contadini, fu quello di nominare un nuovo zar.
La scelta era limitata esclusivamente ad esponenti della nobiltà russa e ricadde su Michele Romanov; oltre ad essere un giovane che non aveva preso parte agli intrighi del periodo che si accingeva a concludersi, Michele era anche discendente di Anastasia Romanov, prima e amata moglie dello zar Ivan il Terribile, avendo così anche una legittimità per discendenza.
Con l’incoronazione il 21 luglio del 1613 di Michele Romanov, ha inizio il tricentenario dominio della dinastia Romanov sullo stato russo.