Il 20 e 21 settembre si voterà per il rinnovo del Consiglio regionale in Veneto ed in Liguria. Nella complessa situazione attuale si tratta di sfide più o meno definite che non dovrebbero, sondaggi alla mano, riservare grandi sorprese. Il sistema elettorale prevede un solo turno per entrambe, in cui verrà eletto Governatore il candidato della coalizione che prenderà più voti.
In Veneto corrono: Luca Zaia (lista Zaia Presidente, Liga Veneta Salvini, Lista Veneta Autonomia, Fratelli d’Italia, Forza Italia); Arturo Lorenzoni (Partito democratico, Veneto in Europa, Europa Verde, Il Veneto che vogliamo, Sanca Veneto); Enrico Cappelletti (Movimento Cinque Stelle); Daniela Sbrollini (Italia Viva); Antonio Guadagnini (Partito dei Veneti); Simonetta Rubinato (Veneto per le Autonomie); Patriza Bartelle (Veneto Ecologia Solidarietà); Paolo Benvegnù (Solidarietà Ambiente Lavoro); Paolo Girotto (M3V).
Il centrosinistra è diviso in tre (Lorenzoni, Sbrollini e Benvegnù). O addirittura in quattro, perché Simonetta Rubinato è di origine democratica. L’area indipendentista, come da tradizione, si divide tra centrodestra e duri e puri, a sostegno di Guadagnini. I sondaggi sono impietosi, Winpoll per Il Sole 24 Ore dà Zaia al 76% dei consensi. Il candidato del centrosinistra, Lorenzoni, si ferma al 16%. Una percentuale forse ingiusta ma inevitabile dopo l’emergenza Covid, dove il Veneto è stato percepito come il miglior territorio nella guerra al virus. Lorenzoni, peraltro, già vicesindaco di Padova era reduce dalla vittoria contro Bitonci, che aveva riportato il capoluogo al centrosinistra. Stavolta il miracolo è improbabile si ripeta. Per quanto improbabile non significhi impossibile.
In Liguria gli schieramenti sono differenti. L’uscente Giovanni Toti raggruppa tutto il centrodestra e viene sfidato da Ferruccio Sansa, che è riuscito a riunire non solo il centrosinistra ma anche i Cinque Stelle, ricreando la maggioranza Governativa sul litorale esclusa Italia Viva. Corrono poi Alice Salvatore (ilBuonsenso); Marika Cassimatis (Base Costituzionale); Aristide Massardo (Oltre, Italia Viva, Alleanza Civica, +Europa, Psi e Partito del Valore Umano); Giacomo Chiappori (Grande Liguria); Davide Visigalli (Ricostruiamo Italia); Gaetano Russo (Popolo della Famiglia e Democrazia Cristiana); Carlo Carpi (Radicali).
Qui i sondaggi sono meno duri, dando una forbice 51-55 a Toti e 39-43 a Sansa. La sinistra si presenta frammentata come cinque anni fa. Frammentati sono anche i Cinque Stelle, che vedono correre contro Sansa Salvatore e Cassimatis, due ex militanti. Il centrodestra è, al contrario, granitico. Insomma, se il passato non si ripete, di certo fa rima. Toti non ha sfigurato né brillato durante l’emergenza, ma di sicuro si è concentrato sulla questione viabilità che sta martoriando la Liguria da mesi. Facendo di questa una bandiera è riuscito a limitare di molto l’impatto del successo della ricostruzione del Ponte di Genova.
In tutto questo andrebbe fatta una riflessione generale, che vale quest’anno per ogni e ciascuna elezione. Si vota il 20 ed il 21 settembre. Spesso non all’interno delle scuole, riaperte sette giorni prima e con i Prefetti restii a chiuderle. E con i numeri del Covid che fanno su e giù, come delle maligne montagne russe. Insomma, il principale avversario rischia di essere la spiaggia o il divano, più che la compagine avversaria. E quando i votanti diminuiscono, i sondaggi cominciano a perdere valore. Perché alla spinta del voto di opinione si sostituiscono le macchine elettorali dei partiti.
Insomma, guai a considerare chiuse delle competizioni che la saggezza dei Padri Costituenti volle vedere combattute nelle urne e non sulle pagine dei giornali. Anche perché, a memoria di politico, non si è mai combattuta una battaglia di preferenze sotto l’ombrellone. Il che rende il tutto assai aleatorio.