Premetto di non averlo ancora letto, eppure il titolo di questo libro mi è sembrato suggestivo. Il mio sguardo al di là del mare. Non cercare altrove ciò che è già dentro di te di Giovanni De Gennaro edito da Curcio. La storia si incentra sul diario di un uomo che ha scelto di sparire tra i boschi di Punta Licosa. In quel diario ci sarà la verità sul suo passato e sulle scelte compiute, alcune particolarmente dolorose come quella di sacrificare il rapporto con il figlio.
Cosa mi ha colpito? Innanzitutto il titolo: solo nella relazione con l’altro l’individuo si definisce e si crea. Concentrarsi su sé stessi può avvenire solo dopo che si sia avuta piena consapevolezza del mondo e dell’umanità che ci circonda. Arrivare a riflettere su di sé è un po’ come chiudere il cerchio dell’esistenza. In interiore homine habitat veritas dice Sant’Agostino, una verità che si raggiunge attraverso l’altro. Il protagonista del libro sceglie dunque di sparire per cercarsi tra i boschi di Punta Licosa. A chi non conosce il Cilento o ha solo notizie parziali sui luoghi turisticamente più noti come Castellabate o Acciaroli, dico che il sito che ha meglio conservato l’immagine del Cilento selvaggio e intatto è proprio questo. Perdersi nei boschi di punta Licosa, decidere di vivere a stretto contatto con luoghi salmastri e profumati di pini potrebbe anche succedere a chi non è protagonista di un romanzo.
Accessibile in auto solo ai residenti, perché privata, o in bici e a piedi da San Marco di Castellabate o via mare tramite barche, la tenuta presenta, alla punta, l’isolotto con il faro dove emergono persistenze di un insediamento romano nei ruderi di un porticciolo. Ma le origini del nome sono assai più antiche e risalgono ai colonizzatori greci e al mito di Ulisse che non si fece incantare dal canto delle sirene Leucosia, Ligea e Partenope che si suicidarono per la vergogna di non aver saputo attrarre nelle loro spire il pellegrino più famoso di sempre. Paestum accolse il corpo di Leucosia, la sirena dalle bianche membra, una parte di esso si staccò e diede origine a Licosa. Di Partenope, la vergine, non è necessario parlare, mentre Ligea, quella dal canto più melodioso, fu trascinata in Calabria, a Terina, città magnogreca. Omero ricorda così il loro canto ammaliatore e ingannevole (Odissea, 184-188)
“Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,
e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.
Nessuno è mai passato di qui con la nera nave
senza ascoltare con la nostra bocca il suono di miele,
ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose “