E’ stato pubblicato recentemente, per i tipi della Laurus, un interessante volume sulla battaglia napoleonica di “Rivoli”, emblematicamente sottotitolato La nascita di un condottiero, di cui è autore il generale di corpo d’armata Andrea Rispoli, esperto di storia militare e cultore di studi napoleonici, attualmente comandante della Divisione Carabinieri Ogaden di Napoli.
L’avvincente monografia inquadra la fase nascente dell’astro napoleonico, con il giovane generale di divisione Bonaparte (appena ventottenne) che – impegnato nella sua prima campagna d’Italia – ottiene una clamorosa vittoria a Rivoli Veronese nel gennaio 1797 sbaragliando le truppe austriache, pur numericamente superiori, dopo un aspro e sanguinoso scontro.
Per il suo rilievo storico-militare la battaglia veneta del 14 gennaio 1797 è stata scelta a simbolo della Campagna italiana di Napoleone, ha ispirato pagine di significativa letteratura (Stendhal) e figura tra le vittorie commemorate nel Museo degli Invalidi di Parigi ed a Rivoli è intitolata una importante strada della Capitale francese (Rue de Rivoli).
Una consapevole lettura del bel libro di Andrea Rispoli richiede una premessa di inquadramento storico. Nella Francia post-rivoluzionaria governata dal Direttorio, nel 1795 il giovanissimo ufficiale Bonaparte, originario della Corsica, si era distinto tra l’altro per aver risolutamente sventato un tentativo di colpo di stato monarchico non esitando a disperdere a mitragliate i golpisti nelle strade di Parigi. In virtù di questo successo, l’anno dopo (1776) Napoleone strappò al Direttorio il comando delle armate inviate nell’Italia del Nord a combattere gli Austriaci, obiettivo importante per la Francia ma secondario rispetto a quello di attaccare Vienna dal fronte settentrionale attraverso la Prussia. In altri termini il comando affidato al giovane Napoleone era ritenuto un “diversivo” tattico finalizzato a distrarre uomini e mezzi dell’esercito imperiale dalla difesa del confine Nord dell’Austria e della sua capitale, che i Francesi intendevano attaccare con l’esercito principale proprio da quel lato. Il Direttorio di Parigi riteneva pertanto lo scenario italiano subordinato rispetto a quello preminente costituito dall’area del Reno in Europa Centrale. Invece, come talvolta accade, la storia ebbe un corso molto diverso da quello inizialmente ipotizzato e cominciò così a costruirsi il mito del “grande Napoleone” proprio dalla imprevista vittoria di Rivoli e dalla trionfale campagna d’Italia. Il giovane condottiero conseguì a sorpresa nel biennio 1796/1797 una serie di strepitose e travolgenti vittorie contro gli Austriaci ed i loro alleati, il Piemonte sabaudo e la Repubblica di Venezia, affermandosi da allora come protagonista assoluto della scena francese ed europea sul piano militare e poi anche su quello politico.
Ecco perché l’appropriato sottotitolo evidenzia come il successo di Rivoli faccia assurgere Bonaparte a personalità di prima grandezza, iniziando a costruire la sua controversa leggenda (noire e doree) che lo colloca nell’immaginario accanto ai più grandi condottieri della storia di tutti i tempi, Alessandro Magno e Giulio Cesare.
Nel prosieguo Bonaparte costrinse il Piemonte all’Armistizio, assalì i possedimenti austriaci in Italia del Nord, conquistando Milano e la fortezza di Mantova, poi le sue armate vincenti attraversarono il Veneto e sconfissero la ormai debole e consumata Repubblica veneziana. Ovunque in Italia i soldati francesi vennero accolti entusiasticamente dalla popolazione come “liberatori” dall’inviso dominio asburgico e all’insegna dei principi e valori della Rivoluzione Francese.
La prima campagna italiana – seguita dalla seconda nel 1800 – si concluse trionfalmente per Bonaparte con l’armistizio richiesto prima dai Piemontesi e poi dagli Austriaci e la stipula del vantaggioso trattato di Campoformio, con cui il potente impero centrale lasciò Milano e la Lombardia alla Francia ottenendo in cambio il territorio dell’ex Repubblica di Venezia. Dalla folgorante campagna del Nord Italia – di cui lo scontro di Rivoli fu il momento culminante – Napoleone acquisì il suo mitico carisma di ‘generalissimo’, guadagnando una leadership impensabile solo due anni prima, al momento della sua (peraltro incerta) investitura da parte del Direttorio come capo dell’Armata francese in Italia.
Lo straordinario esito della missione, con la conseguente nascita in Italia delle quattro “Repubbliche sorelle” filofrancesi (Cisalpina e Ligure nel 1797, Romana nel 1798 e Partenopea nel 1799), proiettò il grande Napoleone Bonaparte nella sua esaltante ascesa politica culminata nella proclamazione ad Imperatore nel 1804 con la sua autoincoronazione nella cattedrale parigina di Notre Dame e poi come re d’Italia nel 1805.
Essa si consolidò con le successive grandi vittorie in Europa (Austerlitz, Jena, ecc.) ma iniziò poi a perdere consensi per una serie di insuccessi contro l’ampia coalizione nemica sino alla fallimentare campagna di Russia, subendo il primo esilio all’Elba, la sconfitta definitiva di Waterloo del 1815 e l’ultima prigionia nella sperduta isola atlantica di Sant’Elena sino alla morte del 5 maggio 1821 (celebrata nella famosa ode manzoniana)
Nella narrazione delle gesta napoleoniche non può mancare un riferimento alle principali riforme e durature istituzioni del suo regime. L’autore evidenzia come la Francia esprima il primo esercito nazionale del mondo moderno con la coscrizione di massa, la Legion d’Onore, la istituzione dei Licei (ad indirizzo sia letterario che scientifico) – alcuni dei quali sono ancora oggi tra le migliori scuole di Francia – per formare l’elite nazionale e cioè il vivaio dei funzionari pubblici e degli ufficiali.
Ed ancora Napoleone applicò la centralizzazione del comando anche nell’organizzazione territoriale dello Stato – ricorda Rispoli – istituendo la figura dell’Intendente/Prefetto (antesignano, anche in Italia, dell’attuale e più modesto prefetto repubblicano), da lui personalmente nominato alla direzione dei Dipartimenti il quale, a sua volta, nominava i sindaci ed esercitava il potere statale nelle province. Inoltre Napoleone stipulò nel 1801 il concordato con il Papa Pio VII e promulgò nel 1804 il Codice Civile, un moderno corpo giuridico di assoluto rilievo nella storia del diritto.
Andrea Rispoli, con penna brillante e scorrevole, si mostra profondo conoscitore e ricostruttore dell’epopea napoleonica e, soprattutto, dell’innovativo e personalissimo genio militare di Bonaparte e, al tempo stesso, studioso attento ed appassionato di tattica e strategia calata negli scenari operativi di combattimento.
Dalle sue pagine emergono, ben raffigurati dalla narrazione, i tratti della personalità magnetica – il cui solo sguardo “attraversa la testa”- e cioè il fascino carismatico, l’eleganza del condottiero instancabile, l’energia dominatrice, l’intraprendenza e l’audacia manovriera, lo slancio motivante, l’intuito brillante, l’arguzia rapace, il vigore guerriero e, soprattutto, l’intelligenza versatile e duttile capace di gestire nello stesso tempo più fronti e situazioni complesse (da cui la definizione nel linguaggio comune di “mente napoleonica”). Si riporta l’efficace descrizione della tattica militare napoleonica del generale Grazioli: “…. fino all’ultimo niente preconcetti, niente schemi, niente dogmatismi. Un grande senso della realtà, un perfettissimo intuito nel modo più opportuno per fronteggiare elasticamente le varie situazioni….”
Nel frontespizio dei capitoli sono riportate – a mo’ di sintesi dell’articolata narrazione – frasi famose e significative del Generale, che ne riassumono il pensiero: “io do un ordine o taccio”, “prendi il tempo per riflettere ma quando è giunta l’ora di agire smetti di pensare e scendi in campo”, “posso perdere una battaglia ma mai un minuto”, “non si può guidare un popolo se non gli si mostra un avvenire”, “un capo è un venditore di speranze”, ecc.
L’autore analizza in modo particolareggiato lo sviluppo della battaglia consumatasi nel pianoro di Rivoli sia attraverso un’accurata e rigorosa ricerca storica – documentata dalle plurime citazioni e dal ricco apparato bibliografico – sia mediante la coinvolgente ricostruzione dei luoghi di combattimento, anche nel vivo dei particolari geografici e territoriali (che solo un vero appassionato, oltre che perito, è in grado di esprimere).
Emerge una rilettura puntuale, e con risvolti originali, di una notevole pagina di storia militare – con conseguenze anche tecniche, come ad esempio lo sviluppo della cartografia – consumata nella campagna dell’Italia del Nord di fine Settecento, svolta con stile vivace e gradevole, gusto della ricostruzione, elementi di dottrina militare, introspezione psicologica ma soprattutto con passione e sentimento che permeano la trama di una narrazione efficace e pregevole.
In definitiva, ne risulta una pubblicazione godibile che nel focalizzare la battaglia di Rivoli richiama una più ampia ricostruzione del personaggio napoleonico e dello scenario storico di riferimento, ancor oggi di assoluto interesse e rilievo per la storia moderna e contemporanea d’Italia e d’Europa, che proprio da quegli avvenimenti trae inizio.