Continuiamo il nostro viaggio all’interno del Dipartimento provinciale Arpac di Napoli. La volta precedente abbiamo parlato del laboratorio acque ad uso umano (https://www.genteeterritorio.it/qualita-dellacqua-il-lavoro-sul-territorio-del-dipartimento-arpac-di-napoli/), oggi ci occupiamo del laboratorio Mare. Lo facciamo con il dottore Dario Mirella, Direttore del Dipartimento, con la dottoressa Beatrice Cocozziello, Direttrice dell’Area analitica, e con la dottoressa Maria Grazia Aquila, dirigente del Laboratorio regionale Mare.
Introduciamo l’argomento.
Mirella. Oggi parleremo del laboratorio Mare, uno dei laboratori dell’area analitica di Napoli, per alcuni aspetti uno dei laboratori più proiettati verso le problematiche emergenti. Un laboratorio regionale che ha avuto una evoluzione rapidissima perché tantissime sono le tematiche delle quali è chiamato ad occuparsi. Non solo balneazione ma anche zone di transizione, sedimenti, ripascimenti, alghe tossiche e tanto altro.
Cocozziello. Il laboratorio Mare è una delle sei Unità Operative nelle quali si articola l’Area analitica. E’ l’unico in tutta l’Arpac che si occupa dell’intero ambiente marino dal punto di vista analitico. Una realtà fortemente voluta da Arpac, realizzato grazie ad un finanziamento del Ministero dell’ambiente nel 2002, che occupa una decina dei 50 dipendenti dell’Area analitica.
Cosa si intende per mare?
Aquila. Per l’opinione pubblica, il mare pulito per la balneabilità. Per noi è un discorso molto più ampio, potremmo dire davvero a 360 gradi. E’ come avere una cura continua del mare, sia con le attività programmate che affrontando le emergenze. Come un pronto soccorso che ha come paziente il mare. I campioni da analizzare, per il 99%, ci vengono portati dai tecnici Arpac delle Aree territoriali dei Dipartimenti di Caserta, Napoli e Salerno o dell’Unità Operativa Mare. Il restante 1% ci viene conferito dalle Capitanerie di porto o dalla Guardia Costiera che effettuano il prelievo quando si trovano presenti al momento dello sversamento. A noi pervengono campioni marini di acqua, di sedimenti, di biota, di Poseidonia, di macrozoobenthos e zooplancton.
A proposito di caratterizzazione di sedimenti, parliamo di Casamicciola.
Aquila. Stiamo analizzando i campioni. Un’attività che svolgiamo come controllo del lavoro del laboratorio individuato dal Commissario di governo: analizziamo una quota dei campioni in contraddittorio con il laboratorio esterno.
Mirella. Bisogna tener conto che è un po’ improprio parlare di sedimenti nel caso del porto di Casamicciola, perché in realtà si tratta di materiale trasportato dalla frana e quindi la caratterizzazione è delicata. In un normale ripascimento portuale ci troveremmo di fronte a sedimenti stratificati nel tempo che hanno una composizione granulometrica omogenea, ma in questo caso si tratta di materiale eterogeneo con una composizione tutta da esplorare.
Ma quando finiranno le analisi?
Aquila. I campioni, prelevati da Arpac in contraddittorio con il laboratorio di parte , ci sono arrivati con un certo ritardo ma comunque termineremo il lavoro non oltre la prima settimana di maggio.
Mirella. Come detto, si tratta di materiali di frana. Però sono stati utilizzati i normali sistemi di campionamento dei sedimenti marini portuali e non si è quindi riuscito a raggiungere la profondità necessaria. Si è quindi dovuto cambiare il sistema di campionamento e questo ha fatto perdere una decina di giorni.
Entriamo un po’ più nel dettaglio dell’attività laboratoriale.
Aquila. Iniziamo dalla balneazione. La relativa attività analitica va dal primo aprile al 30 settembre di ogni anno. Eseguiamo analisi microbiologiche sulle acque della provincia di Napoli per individuare Escherichia coli ed Enterococchi; come previsto dalla normativa, determiniamo fitoplancton potenzialmente tossico (tra cui la microalga Ostreopsis cfr. ovata) in ambito regionale. Le analisi relative a tensioattivi, idrocarburi, fitoplancton riguardano invece tutta la Campania. In caso poi di riflessi iridescenti sull’acqua o di schiuma, partono i prelievi in emergenza per individuare gli idrocarburi tensioattivi e il fitoplancton.
Cocozziello. Questo per capire se le chiazze a mare, e ce ne sono tante d’estate, siano da attribuire a una normale funzionalità del mare o ad inquinamento. La qualità dell’acqua per quanto riguarda la contaminazione microbiologica sta migliorando grazie al miglior funzionamento dei depuratori. La contaminazione chimica invece resta costante in talune aree, ma è un problema di contaminazione dei sedimenti che parte da molto lontano, vedi Bagnoli.
Aquila. Il monitoraggio marino costiero prevede il controllo di tutta la costa regionale sia della matrice acqua, dove controlliamo gli inquinanti prioritari e non prioritari, sia della matrice sedimenti, fitoplancton, metalli, IPA, nutrienti, fitoplancton, bentos e altro. Cambia il tipo di analisi e la relativa frequenza, che copre comunque tutto l’anno. Tutti i dati sono pubblicati e consultabili dai cittadini.
Cocozziello. Questo ci consente la conoscenza e la caratterizzazione dell’ambiente marino che determina la classificazione consentendo i relativi interventi.
Aquila. Il monitoraggio marino costiero viene fatto sotto costa, secondo la legge italiana. Il programma Marine Strategy della UE lo ha però portato il monitoraggio molto più al largo e vi rientrano anche le microplastiche, purtroppo abbondanti nei golfi di Salerno e di Napoli.
Mirella. Nella percezione delle persone questo problema esiste quando è visibile e nell’immaginario tutto quello che non si vede più ha terminato di inquinare. Ma con le plastiche il discorso ha avuto una evoluzione, perché il disgregarsi dei residui in particelle aumenta in maniera esponenziale il problema. Le particelle permangono e in alcuni casi, raggiunto un limite di dimensione critico, riescono a passare negli organismi.
Si può fare qualcosa?
Cocozziello. Andrebbe rivisto il sistema di controllo e la progettazione degli impianti di depurazione, da adeguare entrambi alle problematiche ambientali emergenti come la contaminazione delle acque reflue e superficiali da microplastiche . Stiamo infatti parlando di un problema emergente mentre norme e strutture risalgono a tanto tempo fa.
Aquila. Altro problema emergente è quello delle fibroplastiche provenienti dai tessuti sintetici. Si dovrebbero adeguare i sistemi di lavaggio.
Mirella. Noi analizziamo le ricadute di un sistema che non reagisce al problema.
Abbiamo visto cosa fa il laboratorio Mare, ma chi lo fa?
Aquila. Con me, microbiologa, collaborano 4 chimici, un perito chimico e 4 biologi. Occorrerebbero altri 5 o 6 addetti e sono fiduciosa che almeno tre o quattro possano arrivare nel giro di un paio di anni.
Mirella. Se guardiamo al bacino di utenza di Napoli ed alle relative problematiche e al numero di persone che conta il Dipartimento, siamo evidentemente sottodotati.
Con quali apparecchiature?
Aquila. Grazie ai fondi del Marine Strategy e del Pnrr ci stiamo attrezzando adeguatamente.
Mirella. Si va da apparecchiature estremamente semplici, quale può essere un setacciatore vibrante per vedere la granulometria delle sabbie, fino ad arrivare ad apparecchiature da 400mila euro. Noi lavoriamo e facciamo tanto, poi ci sarà da ottimizzare i processi automatizzando il sistema.
Cocozziello. Abbiamo ancora bisogno di strumentazione per consolidare il lavoro che già facciamo e farlo più velocemente.
Conclusioni.
Cocozziello. E’ necessario che l’Ispra ci sia da guida per le attività analitiche su matrici di questa complessità e ci fornisca adeguata formazione e linee guida e metodi analitici aggiornati e consolidati.
Aquila. Il laboratorio Mare processa ogni anno almeno 2.100 campioni, abbiamo avuto anche picchi di 2.800, per ognuno dei quali occorrono più operatori.
Mirella. Si tratta di un’attività utilissima, pesantissima ma poco nota, anche all’interno dell’Arpac.