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Il Grande Diario di Guareschi

by Flavio Cioffi
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Consigli di lettura 16/2023

 

Conosciamo tutti Giovannino Guareschi grazie a Don Camillo e Peppone. La gran parte di noi per averne visto i film, un po’ meno per averne letto i racconti. Che sono di gran lunga migliori dei film, se è possibile fare un raffronto del genere. Altri lo conoscono come giornalista, per “Candido” e non solo. Altri ancora per i suoi diari di prigionia. Guareschi, tenente d’artiglieria, fu infatti internato in un campo di concentramento dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre per essersi rifiutato di combattere nei loro ranghi. Scrisse due diari, uno “piccolo” e uno “grande“, sugli anni di prigionia.

Da “Il Grande Diario. Giovannino cronista del Lager. 1943 – 1945 (Rizzoli, 2008).

Terribile pasticcio, figlio mio. E se tu mi chiederai perché io non ho aderito io ti risponderò semplicemente: “Perché si”.

Perché si vuole bene ai figli? Perché si.

Perché si vuole bene alla propria madre? Perché si.

Perché non potevo aderire all’idea fascista repubblicana e al nazismo ora che m’era concesso di scegliere? Perché si.

Ci sono delle cose, grazie a Dio, che non si possono spiegare. Se ci sono, sono nate con noi e noi neppure sappiamo di possederle. Ma ci sono e indirizzano la nostra volontà negli istanti in cui al ragionamento debbono subentrare i principi morali.

Ripensandoci sopra con calma, posso dirti che allora ho risposto di no in quanto inconsciamente ero spinto ad agire secondo il mio dovere di soldato e di cittadino e secondo il mio tornaconto personale.

Che se poi tu, leggendo queste mie note, fossi tanto irrispettoso da pensare che tuo padre è rimasto nei Lager esclusivamente perché gli conveniva, non potrai trarre la scettica conclusione che forse vorresti. Perché, figlio mio, quando il tuo utile si avvera a danno degli altri, ciò è immorale, ma quando il tuo utile si identifica con l’utile comune, ciò è morale.

Ed è pure sacrosanto che, come dicono gli inglesi, l’onestà è un ottimo affare.

Dal che risulta che tuo padre non è un furbone di tre cotte, ma un galantuomo qualunque.

 

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