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Il futuro del porto di Castellammare

by Pietro Spirito
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L’Autore è Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Centrale

La vocazione portuale dell’economia italiana genera un sistema che va fortemente rilanciato. Nel caso specifico di Castellammare, sappiamo che l’origine è quella di un porto commerciale. Questa funzione si è persa e dobbiamo prendere atto che una serie di infrastrutture, funzionali a un momento storico della città, devono rientrare in un percorso di ricostruzione. La storia ha cambiato verso e bisogna prenderne atto intervenendo con intelligenza, attraverso il dialogo con la Sovrintendenza, lasciando una testimonianza del passato ma non i ruderi, che impediscono oggi ai cittadini di vivere pienamente il rapporto con il mare e con il porto.

Sul fronte del turismo, che non è mai uguale a sé stesso e si trasforma in funzione delle esigenze che si manifestano, nel particolare segmento di mercato dei megayacht e dei gigayacht, il porto di Castellammare sta trovando una sua collocazione grazie al lavoro, cominciato da qualche anno, di Stabia Main Port e che proseguirà con gli investimenti previsti, coerenti con il piano presentato all’Autorità portuale.

L’imprenditoria privata deve essere accompagnata nella realizzazione di investimenti qualificati, non ci si può accontentare dell’investimento in sé. Faccio un esempio. L’Autorità portuale ha pubblicato l’anno scorso un bando per 8 chalet e non è riuscita ad assegnarli tutti. Perché era importante? Perché, se vogliamo pensare a un lungomare riqualificato, dobbiamo fare in modo che sia caratterizzato dalla qualità degli investimenti. Ebbene, è stato pubblicato un nuovo bando per restituire ai turisti e agli stabiesi un ambiente di qualità nel quale vivere e ritornare.

Esistono poi difficoltà di dialogo. E’ stato faticosamente raggiunto, con la collaborazione del Sindaco, un accordo con i concessionari del porto, ma alcuni di loro hanno successivamente fatto causa all’Autorità. Quando si viene meno agli impegni sottoscritti, il meccanismo non funziona bene e il Comitato di gestione assumerà le determinazioni che riterrà opportune fino a quando le cause non saranno ritirate.

Veniamo alla cantieristica. Fincantieri sta nell’animus della nostra terra, non solo di Castellammare ma dell’intera Campania. In questo periodo c’è una contingenza positiva che va sfruttata. Fincantieri, infatti, ha un portafoglio d’ordini di 10 anni e bisogna dialogare con l’azienda. Va posto il tema di quale sia il ruolo dello stabilimento di Castellammare nella strategia industriale del Gruppo incalzando, da parte delle Istituzioni e dell’Autorità portuale, sugli investimenti sul territorio.

Però ci si deve rendere anche conto che è inutile pensare a investimenti che non abbiano ritorno per un’impresa che è dello Stato, ma che opera come un’impresa privata. Il dialogo deve portare stabilità e sviluppo nel vincolo dell’efficienza e dell’economicità, perché non esiste più un’industria pubblica che investa senza generare reddito, unica garanzia che i posti di lavoro rimangano e crescano.

Nei prossimi due mesi ci sarà il varo del troncone di nave più grande che sia stato mai lavorato nello stabilimento di Castellammare. Tutti vorrebbero che lo stabilimento divenisse il cuore industriale dell’intero il gruppo Fincantieri, ma non è realistico. Però pretendere che il piano industriale di Fincantieri assicuri certezze di medio e di lungo termine, questo è corretto e necessario.

Nel 2014, con un intelligente accordo sindacale, venne superata una crisi molto difficile: Fincantieri voleva chiudere lo stabilimento. Oggi sono stati raggiunti ottimi standard di produttività che costituiscono la base sulla quale lavorare per ottenere il necessario mix di funzioni che rappresenta l’unica modalità con la quale si può costruire il futuro.

Nei porti, uno dei pericoli principali è quello della mono vocazione, perché quando quel segmento di mercato va male si arriva al disastro. A Castellammare bisogna combinare la vocazione industriale di Fincantieri con lo sviluppo dei megayacht e dei gigayacht, la riqualificazione del waterfront, l’investimento intelligente nel turismo estivo.

Magari nelle strutture alberghiere, perché senza residenza di qualità anche il segmento degli yacht non si sviluppa adeguatamente. E’ già un fatto positivo che attracchino e rimangano qualche giorno, ma bisogna fare in modo che rimangano mesi e che gli equipaggi lascino ricchezza sul territorio.

C’è molto lavoro da fare, tutti insieme e tutti consapevoli che solo le squadre vincono e hanno capacità di dare competitività al territorio. Se qualcuno pesa che una singola istituzione o una singola impresa sia capace di modificare il tessuto complesso di una comunità come quella di Castellammare, commette un grave errore.